Affrontare Horizon Forbidden West, seguito diretto di Zero Dawn, è stato un lungo viaggio sia effettivo, attraverso un nuovo mondo ricco di colore e avventure, sia emotivo nel ritornare in contatto con quegli eventi e personaggi che Aloy già aveva conosciuto durante la sua precedente avventura. Come ogni viaggio, però, anche Forbidden West si è dimostrato non parco di pericoli e momenti difficili, così come di attimi di pura meraviglia lasciandoci, una volta concluso, con un grande sorriso in faccia, ma anche con qualche smorfia qua e là.
Per questa ragione vogliamo iniziare subito con il mettere le cose in chiaro e rasserenarvi, Horizon Fobidden West è un gran bel gioco, un open world ricco e denso di vita che farà da palcoscenico alle avventure ed alle vicende non solo della nostra eroina, ma che lascerà spazio anche alle vicissitudini di amici, compagni e persino antagonisti. Un mondo imperfetto e talvolta ostico da affrontare, ma nel complesso soddisfacente e generoso tanto nel gameplay quanto nello story telling.
Detto ciò prima, di immergerci nella parte principale della recensione crediamo sia una buona idea fare un paio di dovute precisazioni. In primo luogo, abbiamo deciso di evitare il più possibile di approfondire la trama del gioco, sia per evitare fastidiose anticipazioni e odiati spoiler, sia per lasciare il più possibile ai lettori il compito di godersi l’ambientazione. In secondo luogo, cercheremo di limitare il più possibile i paragoni ed i riferimenti al primo capitolo in modo che anche chi non ha avuto modo di giocarlo potrà facilmente comprendere cosa questo secondo capitolo ha da offrire [fermo restando che di un seguito si tratta e, inevitabilmente, porta con sé sia un’eredità in termini di gameplay che in termini di narrazione N.d.R.].
Detto questo però, bando alle ciance e prepariamoci a seguire Aloy in questa sua seconda avventura nell’ovest proibito.
La storia di Horizon Forbidden West inizia esattamente dove Zero Dawn la aveva lasciata. I festeggiamenti per la vittoria della nostra alter ego virtuale sono iniziati, ma Aloy non è li per prenderne parte, anzi veniamo a sapere che si è immediatamente imbarcata per una nuova missione, altrettanto importante e vitale per la sopravvivenza delle tribù e del pianeta stesso.
Un morbo sembra infatti diffondersi per il pianeta rendendo la terra sterile e sterminando flora e fauna. I calderoni impazziti riversano macchine da guerra fuori controllo e i villaggi tentano di sopravvivere come meglio possono. La biosfera in definitiva è sull’orlo del collasso e Aloy sembra essere l’unica in grado di poter porre rimedio a questo cataclisma annunciato. La soluzione non è però proprio a portata di mano e, per giungere ad essa, sarà necessario avventurarsi nell’Ovest Proibito, una regione popolata da una serie di tribù estremamente belligeranti, ed a quanto pare non in ottimi rapporti con i vicini ad est. I Teanakth sono però in effetti ancora suddivisi in tribù più piccole che non sempre condividono la medesima filosofia ed opinione. In tempi più recenti sembra infatti che una certa maggioranza abbia iniziato a stemperare i rancori con i Carja e le popolazioni più ad est, ma non per tutti si può dire lo stesso. In questo scenario, a dir poco complicato, Aloy non dovrà solo di salvare il mondo, ma dovrà anche conquistare la fiducia dei Tenakth ed aiutarli, ove possibile, a fare pace anche tra di loro.
Un tale viaggio però è una vera sfida, ricca di ostacoli e momenti difficili, e fortunatamente la nostra eroina non sarà sola, per lo meno non sempre. Ad affiancare Aloy troveremo una serie di nuovi e vecchi amici che diventeranno a tutti gli effetti una squadra, creata su misura per portare a termine questa missione assolutamente vitale.
Horizon Forbidden West è un open world vasto e ricco di elementi, ma non per questo Guerrilla ha deciso di cadere nel trabocchetto delle missioni secondarie insulse ed inutili. Uno degli elementi riusciti meglio all’interno del gioco è infatti il sistema delle quest, inserito e collocato con estrema cura all’interno del contesto narrativo ed ambientale, che crea letteralmente per ogni giocatore un viaggio unico. Ogni missione che affronterete è infatti perfettamente contestualizzata all’interno della storia e, spesso e volentieri, ne sarà una componente facoltativa, ma estremamente piacevole. Il mondo di Forbidden West è infatti vivo e coinvolgente, e non mancheremo di incontrare eventi lungo la strada che a loro volta ci trascineranno dentro ad una serie di missioni opzionali. Missioni che avranno i loro dialoghi perfettamente doppiati e che non mancheranno di presentare nuove storie, personaggi o luoghi, introdurranno nuovi nemici e macchine, o semplicemente aggiungeranno colore al mondo di gioco.
Non fraintendete, lo scopo di Horizon non è rendere le missioni secondarie indistinguibili dalla trama principale, e a tale scopo il menu di gioco le separa nettamente, quanto più rendere l’intera avventura di Aloy un'unica grande storia nella quale noi in quanto giocatori avremo l’onere della scelta. Detto questo all’interno del sistema di gioco sarà addirittura possibile creare delle missioni su misura per recuperare i materiali mancanti per una certa ricetta o per uno scambio da un mercante, semplificando non poco il compito di migliorare il nostro equipaggiamento e prepararci agli scontri più difficili.
In Horizon Forbidden West ci ritroveremo, presto o tardi, a dover affrontare uno scontro aperto con una qualche macchina. Potrà essere una piccola avanguardia o una gigantesca macchina da guerra, ma sappiate che non sarà possibile sempre evitare lo scontro. Sebbene molte situazioni permettano di sfruttare le dinamiche furtive del gioco per svicolare lontano dalle minacce, lo stesso non si potrà fare durante le boss fight. In queste situazioni saremo spesso vincolati all’interno di un’area circoscritta e saremo costretti a distruggere il nostro nemico. In nostro aiuto però avremo un gran bel numero di gingilli e giocattoli, nonché il nostro fidato focus che, con la dovuta calma, ci permetterà di analizzare il nostro avversario ed identificarne debolezze e punti di interesse. A tal proposito questa meccanica a nostro modo di vedere le cose non è proprio invecchiata bene, e ci ha lasciato non poche perplessità soprattutto all’interno delle boss fight più caotiche. Usare il focus non solo richiederà diverso tempo, ma limiterà anche la velocità ed i movimenti di Aloy, rendendoci molto vulnerabili, se non quasi indifesi. Questa meccanica ha molto senso nel momento in cui saremo mimetizzati e, nelle fasi esplorative, avremo tutto il tempo di scansionare ogni nuovo avversario e studiare quali parti siano deboli, e quali possano fornire materiali utili. Nel momento però in cui verremo gettati in un’arena proprio davanti ad una macchina colossale che non vede l’ora di farci la pelle, le cose cambiano non poco. Ciò riduce incredibilmente l’uso del focus nelle battaglie al chiuso o contro un numero elevato di nemici, relegando l’uso del focus ai soli momenti più furtivi.
Tutto ciò non sarebbe un problema se non che il combat system di Horizon poggia proprio su questo. L’idea è che le macchine sono grosse e cattive, e noi siamo piccoli e fragili; dunque, per vincere in uno scontro frontale, sfruttare tutte le debolezze e la conoscenza possibile diventa fondamentale. Questo si materializza nel gioco sotto forma di punti deboli, debolezze elementali, archi con punte speciali, armi esplosive, trappole, ecc… ma perde molto significato nel momento in cui si devono tirare ad indovinare le debolezze del nemico, soprattutto se si tiene a mente che contro alcune macchine sarà sufficiente infliggere grosse quantità di danni nel breve periodo per incapacitarle [cosa raggiungibile sfruttando semplicemente le frecce base di alcuni archi e delle abilità sbloccabili N.d.R.]. Questo rende complesse e molto più difficili le fasi iniziali del gioco, dove qualsiasi macchina rappresenta una minaccia quasi mortale ed il nostro arsenale è piuttosto limitato, mentre a mano a mano che Aloy cresce le cose si invertono, rendendo la nostra eroina una vera e propria macchina da guerra.
Ancora una volta ci teniamo però ad essere chiari, questi “difetti” appena elencati sono parzialmente ammortizzati dal fatto che, anche all’interno di alcuni confronti e boss fight, saremo in grado di interrompere il contatto visivo con il nemico e prendere qualche istante prezioso per analizzare l’avversario ed elaborare una strategia. A fronte di ciò, però, resta il fatto che oltre un certo livello, alcune armi riescono a infliggere talmente tanti danni che, persino in una situazione in cui Aloy dovesse essere diversi livelli sotto ad una macchina, questa non avrebbe comunque speranza [aggiungiamo per dovere di cronaca che la campagna principale è stata completata in fase di recensione essendo 4-5 livelli sotto a quanto raccomandato dal gioco, e senza incontrare troppe difficoltà N.d.R.]. Questo purtroppo appiattisce molto il gameplay nelle fasi avanzate del gioco, soprattutto nelle arene chiuse, dove avremo poche opzioni per sfruttare l’ambiente circostante, trasformando i principali scontri con macchine colossali in semplici hit and run veramente poco ispirate.
Come avrete capito fin dall’incipit, durante la recensione abbiamo riscontrato alcuni elementi critici che ci hanno fatto storcere non poco il naso. La questione appena affrontata del combat system non è però l’unico neo di questa produzione ed anzi ci sarebbe ancora un elemento su cui vogliamo spendere un paio di parole in merito. Se infatti dovessimo puntare il dito su un elemento che ci ha davvero infastidito all’interno della produzione Guerrilla non sarebbe infatti il combat system la pietra dello scandalo, bensì qualcosa di più sottile e frustrante. Vedete il combat system in se può essere criticabile, ma non è certo parco di buone idee.
Ciò che ci ha invece fatto morire diverse volte è la fisica che sta dietro alle collisioni. Non parliamo però delle hitbox dei nemici, come di consueto generose sia nella dimensione sia nel danno dispensato, ma piuttosto delle interazioni tra Aloy ed il terreno circostante. Guerrilla ha infatti deciso di animare Aloy in modo piuttosto realistico, offrendo al movimento una certa inerzia oltre che un certo numero di interazioni con l’ambiente circostante. Tutto ciò ha portato ad un grado di realismo sicuramente molto bello da punto di vista estetico, ma ha anche esacerbato una serie di problemi insiti nei motori di gioco moderni. Il risultato è che ci ritroveremo spesso e volentieri a collidere con piccoli elementi dell’ambiente, ostacoli, rocce e spigoli che bloccheranno goffamente il movimento di Aloy in modo inaspettato e ci lasceranno in balia delle mazzate in arrivo. Aggiungete a questo che la telecamera negli ambienti chiusi si comporterà in modo spesso imprevedibile con movimenti casuali o assurdi e capirete come è facile subire un colpo in più durante uno scontro concitato. Tenendo a mente che in media il colpo diretto di una macchina equivale a circa metà della nostra vita il conto si fa presto, e soprattutto quello delle morti. Certo, giunti ad avere un arsenale incredibile la maggioranza dei nemici non avranno grossi possibilità, ma le boss fight in particolare, dove saremo costretti a colpire il nemico e poi correre come dei pazzi aspettando la prossima finestra di attacco, risulteranno assai meno godibili giocate in questo modo.
Giunti fin qui nella recensione comincerete probabilmente ad avere qualche dubbio sulla nostra sanità mentale. Come facciamo a dire che Horizon è un bel gioco se fino ad ora non abbiamo fatto altro che criticare le sue meccaniche? Per rispondere a questa domanda è necessario in primis elencare a questo punto ciò che invece ci ha convinto all’interno di questo gioco, e ben presto capirete che, benché i difetti ci siano e siano pure evidenti, questi rappresentano una macchia su una produzione che ha molto di più da offrire.
Abbiamo già parlato di come il mondo di gioco e le sue missioni siano amalgamate in modo perfettamente naturale, ma a sua volta vale la pena spendere due parole sull’ambiente di gioco stesso. Partendo dalle terre dei Carja, per finire nell’Ovest Proibito il mondo è infatti vasto, colorato e sa regalare biomi e viste uniche e mozzafiato. Ogni villaggio è unico, ogni zona ha una sua identità e persino la solita meccanica dei Collilunghi, usata per rivelare la mappa, permette di avere dei punti di vista incredibili sul mondo circostante. Tutto questo arricchito da una colonna sonora incredibilmente immersiva che sulle nostalgiche note del Tema di Aloy saprà accompagnarvi per tutta la vostra avventura.
Ad arricchire questo già ricco piatto aggiungete un’esplorazione assolutamente soddisfacente che non mancherà mai di premiare e soprattutto meravigliare i giocatori fino alla fine della campagna [non vogliamo dirvi di più, ma sappiate che quasi a fine campagna avrete accesso a nuovi strumenti che vi permetteranno di esplorare in modo unico N.d.R.].
Infine, vorremo anche spezzare una lancia proprio a favore di quel combat system che abbiamo a più riprese criticato su queste pagine. A dispetto dei difetti c’è infatti anche diversa cura in queste meccaniche che spaziano dall’arsenale al crafting. Disporre di archi e armi diverse, tutte sfruttabili con proiettili elementali e non, trappole e persino il combattimento con ravvicinato, tutto contribuisce al risultato finale. Aggiungete la necessità di raccogliere specifici materiali, spesso ottenibili da parti di macchine, rende il tutto ancora più tattico ed interessante, e questo senza ancora nemmeno prendere in considerazione le abilità sbloccabili tramite la progressione nella storia e di livello, ed il potenziamento di armi ed armature.
Già solo così il gioco vi sprona ad esplorare, avventurarvi nei calderoni per ottenere override e controllare quindi macchine diverse come già accadeva in Zero Dawn, fornendovi ore ed ore di gioco. Certo ci sono saltuariamente alcuni problemi, vi capiterà probabilmente di morire un paio di volte in più, ma l’esperienza finale è comunque grandiosa e la storia non farà altro che acuire questo senso di coinvolgimento trasportandovi nella narrazione e facendovi affezionare non poco ai personaggi che incontrerete.
Per concludere, Horizon Forbidden West abbiamo impiegato circa 34 ore e, come potete immaginare, abbiamo giocato ben poche missioni secondarie per portare a termine il gioco nel minor tempo possibile. Data la sua natura open world e il numero di segreti e missioni secondarie con cui abbiamo avuto a che fare, ma soprattutto considerando la quantità di mappa che non abbiamo mai nemmeno esplorato, siamo propensi a stimare in oltre 100 il monte ore necessario per spolpare degnamente questo colossale titolo. Non ci resta quindi che tirare le somme dopo questa avventura che ci ha accompagnato in questo sali scendi di emozioni e problemi. Come già detto e sottolineato più volte, questo sequel non è certo un tiolo perfetto, o privo di difetti. Al contrario abbiamo trovato elementi su cui il team di sviluppo avrebbe potuto dedicare una maggiore cura. Chiarito questo punto, non possiamo però negare l’incredibile qualità tecnica, grafica a narrativa di questo gioco che, in quanto tale, non si limita al combat system, ma ha saputo regalarci dei momenti veramente indimenticabili ed unici.
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