Shinji Mikami sarà sempre per tutti il papà di uno dei grandi pilastri del genere survival horror che è Resident Evil; questa volta però ci si troverà davanti a qualcosa che lascerà inizialmente confusi e disorientati ma, con il procedere della trama, piano piano si collegheranno i vari pezzi del puzzle che compongono il contorto mondo di The Evil Within.
L’inizio della storia risulta alquanto contorta; tutto parte da una chiamata per il Detective Sebastian Castellanos e la sua squadra presso un ospedale psichiatrico in cui le uniche cose che trovano sono sangue e cadaveri, tolto giusto un sopravvissuto, ma basta poco per essere colti alla sprovvista da una strana entità e ritrovarci appesi a testa in giù in un posto totalmente diverso dall’ospedale.
Tutto questo lascia momentaneamente spiazzati e si può pensare che i riferimenti sulla psiche umana e presenze sovrannaturali siano una semplice scusa per passare da un posto a un altro all’apparenza senza un nesso logico per poi comprendere quanto il tutto sia invece alquanto articolato seppure la trama ha alti e bassi con situazioni che riescono a coinvolgere per il suo contenuto narrativo eccentrico ma allo stesso tempo ha dei cali con eventi prevedibili e qualche percepibile lacuna in certi frangenti.
Il titolo riesce a riesumare il termine di Survival Horror dato che spesso le scorte di munizioni, cure e fiammiferi vengono frequentemente date con il contagocce portando a decidere con minuziosità come muoversi e quando è necessario usufruire del proprio arsenale.
Il tutto si intervalla tra situazioni in cui potremo decidere se muoverci silenziosamente o caricare a testa bassa, di cui questa opzione è più un suicidio che altro nella maggior parte, mentre in altre ci troveremo a doverci fronteggiare faccia a faccia con numerosi nemici richiedendo una certa strategia per doverli affrontare.
Parlando appunto di strategia, vengono proposti diversi modi per affrontare le inquietanti creature che si troveranno difronte; se parliamo della parte stealth si potrà distrarli o stordirli usufruendo ad esempio delle bottiglie di vetro per deviare la loro attenzione verso altro oppure arrivare alle loro spalle per eliminarli con un solo colpo tramite una coltellata.
Nelle fasi più dinamiche si potranno usufruire anche delle diverse trappole che si possono trovare sparse nelle mappe come leve che fanno cadere dall’alto una pioggia di arpioni o esplosivi con il filo; questi ultimi si possono in alternativa disinnescare per ricavare materiale da sfruttare per una piccola sezione di crafting delle munizioni usufruibili per una sola arma specifica.
Oltre a questi vi saranno anche altri elementi ambientali che si potranno sfruttare per eliminare il maggiore numero di nemici come chiazze d’olio che si possono incendiare con i fiammiferi e barili esplosivi dato che il fuoco è il più grande nemico delle creature che compongono questo incubo fatto di filo spinato e sangue.
Purtroppo, seppure abbiamo un buona varietà di situazioni da affrontare, alcune meccaniche e movimenti legnosi del povero Sebastian lo porteranno spesso a fare una pessima fine; specialmente durante le battaglie con alcuni boss in cui queste lacune tecniche rendono gli scontri decisamente esasperanti, quasi al limite della frustrazione dovuta anche a una camera di gioco alle spalle del personaggio che dovrebbe creare una certa ansia ma che in diversi casi è più un elemento di disturbo che altro.
Ovviamente non si punta solamente sull’azione ma anche sulla risoluzione di puzzle ambientali e il ritrovamento di oggetti come come diari e documenti che serviranno a dare alcune spiegazioni su quello che sta avvenendo o la raccolta di una misteriosa sostanza verde che Sebastian potrà sfruttare in un posto ben specifico per “potenziare” le sue abilità.
Il sistema di evoluzione di Sebastian si suddivide in diverse ramificazioni, dal miglioramento delle sue statistiche come barra della salute o quello della stamina per una maggiore durata degli sprint per poi passare al potenziamento delle armi e la quantità di munizioni o oggetti curativi che si potranno portare con se.
Come per le diverse scorte recuperabili durante il proseguire del gioco anche le quantità di Liquido Verde non saranno altrettanto generose e questo porta quindi a scegliere con attenzione cosa fare evolvere le capacità di Sebastian, specialmente in base al proprio modo di approcciarsi con il titolo.
La mano di Mikami si sente chiaramente in questo titolo dato che ci spazieremo tra luoghi aperti in mezzo a villaggi all’apparenza abbandonati fino ad arrivare a castelli o luoghi claustrofobici quanto inquietanti dove la ruggine misto al sangue ne fanno da padrone assieme ai corpi putrefatti.
Non vengono utilizzati mezzi termini e le cutscene della trama, come quella delle morti più enfatizzate del protagonista, vengono mostrati chiaramente assistendo quindi a momenti splatter e gore che cercano di colpire allo stomaco facendo sgranare gli occhi di ciò che si è appena visto.
Il desing dei mostri che fanno parte del contorto incubo di The Evil Within riescono a inquietare e lasciare un certo timore sia per la realizzazione tecnica ma anche per la caratterizzazione tra creature dai movimenti spasmici e goffi fino ad arrivare a esseri dalle movenze rapide quanto raccapriccianti; la varietà di nemici base non ve ne è a differenza dei boss che invece portano ad avere approcci sempre diversi per come affrontarli.
Come detto precedentemente c’è una buona varietà delle location che passa da spazi aperti rudimentali per passare a lussuose ville fino ad arrivare a luoghi più claustrofobici e disturbanti come laboratori di ricerca.
A livello tecnico ci sono aspetti da elogiare ma anche altri da criticare; se partiamo dagli elogi abbiamo un ottimo sistema di illuminazioni con ombre dinamiche che riescono a creare suggestione quando si esplorano le zone più cupe, oltre a ciò abbiamo dei buoni sistemi particellari.
Oltre a questi abbiamo un buon desing sia dei protagonisti ma soprattutto delle creature che compongono il titolo che esteticamente riescono a rendere al meglio l’idea di un mondo contorto e malato.
Se passiamo alle critiche invece ci troviamo davanti ad alcuni aspetti nelle texture che compongono il level desing, tra alcune di buona fattura vi troviamo in mezzo anche texture in bassa risoluzione che rendono l’ambientazione sporca e di bassa fattura; oltre a questi troviamo alcuni sporadici cali di framerate che avviene solo in pochi frangenti mentre per il resto del gioco l’avventura scorre tranquillamente senza cali.
Parlando di lacune tecniche, seppur il sistema di controlli risulta semplice, quest’ultimo viene compromesso da alcuni movimenti che risultano legnosi e macchinosi portando a essere in certe situazioni vittime di attacchi che si sarebbero potuti evitare e subire inutilmente danni.
Il comparto sonoro risulta di ottima fattura, da un buon doppiaggio che riesce a trasmettere le sensazioni che provano i personaggi tramite i dialoghi a un ottima colonna sonora; l’audio che comprende le ambientazioni e soprattutto le creature che fanno parte di questo titolo che riescono a creare un senso di disturbo soltanto nel sentirli anche se non li si trova difronte.
Tirando le somme cosa si può dire su The Evil Within?
Il lavoro di Mikami è di pregevole fattura mettendoci difronte a un buon titolo che riesce a rimettere in piedi il significato di Survival Horror; le atmosfere inquietanti o lo stile crudo con cui viene narrato il gioco riesce a colpire seppure senza dei memorabili colpi di scena.
Seppure il titolo riesca a inquietare e a creare adrenalina in certe situazioni questa viene rovinata in parte da un sistema di movimenti legnoso che su certi frangenti portano alcuni scontri, specialmente quelle dei boss, a renderlo frustrante.
Per il resto risulta comunque un titolo godibile con diverse citazioni per palati fini; riesce in se a proporre un buon livello di sfida che porta a richiedere una certa tattica per affrontare le diverse situazioni che verranno proposte durante il proseguire del gioco.
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