Bentornati ragazze e ragazzi della Tribù sulle nostre pagine, questa volta per la recensione di Cobra Kai 2: Dojos Rising, titolo basato sulla serie Netflix di Cobra Kai.
Questo gioco, sequel di Cobra Kai: The Karate Kid Saga Continues, è stato sviluppato da Flux Games e pubblicato da GameMill Entertainment e racconta una storia parallela agli avvenimenti della serie, nella quale siamo chiamati a scegliere quale dei tre dojo gestire e a portarlo alla vittoria finale nel 51esimo Torneo All Valley!
Prima di passare alla recensione, ci tengo a dire che ho giocato ed esplorato a fondo questo gioco, trovando purtroppo molti e ripetuti bug minori, oltre a vari maggiori che a volte sono arrivati persino a bloccare completamente l'avanzamento nelle missioni di gioco.
Ma senza ulteriori indugi, ecco a voi la recensione di Cobra Kai 2: Dojos Rising!
Questa modalità gira intorno alla trama, che si sviluppa in un periodo non esistente nella serie e non canonico, nel quale Chozen si reca a Los Angeles per rimettere in ordine la situazione; Chozen diventa quindi il narratore per tutta la durata del gioco, parlando in rima durante le cutscene che ci vengono mostrate. Gli interventi di questo personaggio, purtroppo, non si rivelano molto brillanti e spesso risultano fin troppo enigmatici, portando a chiedersi se fossero effettivamente necessari.
In questa storia siamo immediatamente chiamati a decidere a quale dojo appartenere tra i tre principali della serie. A seconda della nostra scelta cambiano i personaggi con cui interagire: ad esempio
troviamo Daniel LaRusso per Miyagi-do Karate, Johnny Lawrence per Eagle Fang Karate e John Kreese per Cobra Kai, ognuno dei quali ci fa da mentore e da voce del tutorial.
A questo punto inizia il primo dei tre atti di cui si compone la modalità e sin dall'inizio possiamo notare come il gioco si presenti male: la parte iniziale è composta di una piccola stanza del dojo di appartenenza nella quale il movimento è ulteriormente delimitato da invadenti muri olografici rossi e dove la voce del Sensei di turno spiega i comandi di gioco. In questa parte troviamo il primo, grosso problema del titolo dato che il tutorial è presente solo in parte nei testi e nelle interfacce: troviamo le spiegazioni nella loro interezza unicamente nel doppiaggio inglese, che è spesso coperto dalla colonna sonora riprodotta ad un volume decisamente troppo alto.
Dopo questa parte iniziale, veniamo posti davanti alla mappa del mondo di gioco, che presenta tutti i principali luoghi visti nella serie, come la scuola dove Samantha LaRusso e Tory Nichols lottarono o il banco dei pegni spesso visitato da Johnny Lawrence.
I luoghi sono tutti presenti, ma la mappa in sé non dà grandi soddisfazioni, trattandosi di un'immagine fissa dalla quale poter scegliere i luoghi, incorniciata da una UI decisamente difficile da leggere e piena di informazioni.
Da qui ci viene data la possibilità di scegliere quale livello affrontare, anche se inizialmente abbiamo a disposizione solamente un luogo sbloccato, diverso a seconda del dojo scelto.
Questo livello continua e conclude il tutorial, dove vengono spiegati:
Abbiamo quindi il primo assaggio del combattimento, che risulta, come detto in precedenza, estremamente legnoso e poco responsivo a causa delle pessime ed estremamente lunghe animazioni che rompono completamente il ritmo di gioco e dal lungo cooldown delle schivate. Inoltre, il gameplay si rivela pieno di bug e glitch che spesso rovinano l'esperienza, come nemici che finiscono in cima a delle librerie diventando irraggiungibili e immortali, oppure personaggi del party che non rispondono a determinati comandi da un certo punto del livello in poi.
Per le mancanze di questo gameplay sono quindi state inserite le abilità speciali, mosse estremamente appariscenti che portano il combattimento da lotte di karate a scontri fantasy caratterizzati da attacchi elementali e mosse irrealistiche, rompendo completamente l'immersione nel titolo.
Le IA dei nemici sono una delle uniche cose salvabili del gameplay di questo titolo: spesso gli avversari attaccano insieme e non rendono le cose troppo semplici.
I nemici presentano comunque dei problemi in due diverse parti, con i Boss di ogni livello e con lo spawn dei nemici:
Concluso il primo atto, passiamo al secondo, dove ci viene introdotta la meccanica del reclutamento di nuovi combattenti e di staff per il dojo. Tutto questo avviene nei vari livelli della mappa, che verranno sbloccati man mano che reclutiamo nuovi personaggi come Robby Keene, il figlio ribelle di Sensei Lawrence o Aisha Robinson, la migliore amica di Sam LaRusso.
Qui troviamo una delle parti migliori del gioco, ovvero la gestione del dojo e dei propri combattenti; per quanto non sia eccezionale è quasi sufficiente, perché concede ad ogni giocatore di creare il proprio Karate Dream Team con i personaggi preferiti della serie Netflix e di gestire come preferisce il proprio dojo, sbloccando funzioni uniche a seconda dei personaggi sbloccati.
Il lato negativo si trova sia nella UI, nuovamente pessima e persino più confusionaria di quella della mappa, sia nella quasi inesistente scelta nella progressione dei personaggi e delle mosse.
Il titolo inizialmente dà l'idea di offrire una grande scelta di personalizzazione dei personaggi, attraverso una struttura a livelli per ognuno, per poi ridursi a dei semplici percorsi lineari da acquistare attraverso l'esperienza guadagnata senza alcuna biforcazione o scelta.
Nelle mosse si vede, invece, il tentativo di dare un po' di strategia al titolo, ponendo il giocatore di fronte ad una scelta per come potenziare le suddette mosse; il problema è che sono presenti solamente due percorsi possibili, ognuno dei quali influenza solo in minima parte lo sviluppo delle mosse stesse.
Il secondo atto occupa la maggior parte delle nostre ore di gioco in questa modalità, nella quale batteremo ogni livello, reclutando personaggi attraverso missioni spesso impossibili da vincere a causa di qualche bug. Questo atto risulta poco divertente, nonostante sia principale, a causa dei livelli poco interessanti da esplorare e dei combattimenti spesso frustranti, oltre alle banali missioni di reclutamento sparse in giro.
Questa parte della Storia può concludersi in due maniere differenti: o dopo che sono passati 14 giorni o selezionando l'arena nella mappa di gioco. Entrambi portano allo stesso finale, ovvero l'inizio del Torneo All Valley.
Nel terzo atto ci ritroviamo quindi ad affrontare il 51esimo Torneo All Valley, la parte più deludente di tutto il titolo. Il gameplay cambia, la telecamera si sposta su un lato, più simile ad una di un
classico picchiaduro e ci vengono spiegati rapidamente una serie di comandi per poter combattere.
Il Torneo, nonostante dovrebbe essere lo stesso della serie, non è né diviso tra sezione maschile e femminile, né sono presenti le prove di abilità che precedono gli scontri singoli.
Ci viene chiesto semplicemente di scegliere i tre migliori combattimenti e si passa direttamente agli scontri, dove combatteremo attraverso tutti i turni fino alla finale.
Tutto questo può suonare confusionario, ma non preoccupatevi, l'unica cosa necessaria per poter vincere è continuare ad attaccare e occasionalmente schivare.
Il Torneo si svolge in uno stadio riprodotto fedelmente, ma con personaggi più simili a bambole che a persone vere seduti sugli spalti. Intorno al tappeto ci sono i Sensei del dojo di appartenenza e altri personaggi casuali inseriti per occupare lo spazio.
Una volta terminato il torneo, la Storia non termina, ma continua con due missioni inserite a forza per dare una conclusione, con un Silver che diventa il cattivo finale nonostante non sia stato minimamente annunciato nel gioco e che, se non si conosce la serie, non si capisce nemmeno perché sia il cattivo di tutta questa storia.
Discuteremo solo velocemente delle altre modalità, dato che, come detto prima, riprendono le stesse meccaniche e gameplay presentati nella modalità Storia, senza alcuna aggiunta veramente interessante.
Diremo solo che la modalità Torneo All Valley riprende esattamente lo stesso gameplay con la sola differenza di avere la libertà di scegliere qualsiasi combattente si preferisca. I Classici Cobra, invece, sono scenari dove dovremo combattere che riprendono importanti eventi della serie, come lo scontro tra Sam LaRusso e Tory Nichols che coinvolse tutta la scuola.
Un'altra cosa che accomuna tutte le modalità è il framerate ballerino, che spesso va sotto i 30 FPS e rende il gameplay un'esperienza terribile.
Per concludere, Cobra Kai 2 Dojos Rising è l'Icaro di Flux Games, un titolo troppo ambizioso che è finito per bruciarsi da solo attraverso i terribili bug e glitch. Decisamente sconsigliato.
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