Bentrovati prodi lettori, oggi ci riuniamo attorno al falò della fenice di Tribe Games per proporvi la recensione su Wanted: Dead, titolo in uscita oggi 14 febbraio, un AA davvero particolare, ricco di azione e minigiochi incalzanti e divertenti.
Questa piccola operetta sviluppata da Soleil ha intrattenuto per diverse ore noi della redazione, che giunti alla fine abbiamo tirato un gran sospiro di sollievo. Il gioco presenta un grado di sfida avanzato ma comunque modificabile; noi, per amore dell’autenticità e per quel sentimento di soddisfazione che il gioco infonde una volta superati i livelli, abbiamo deciso di mantenere la difficoltà standard proposta dagli sviluppatori [anche se più volte il gioco ci ha invitato ad abbassare il grado di sfida alla difficoltà ‘’mammoletta’’ N.d.R.], il che ci ha rallentati non poco nell’avanzamento della storia, ma comunque abbiamo trovato soddisfacente e fattibile quella commistione di combattimenti che oscilla fra il corpo a corpo all’arma bianca e quello a distanza a colpi di proiettile.
In ogni caso, a voi la recensione di Wanted: Dead, buona lettura!
Il gioco è ambientato in una distopica realtà che molto deve all’immaginario cyberpunk per quanto lo riproponga in una versione molto ‘’personalizzata’’. La nostra protagonista, il tenente Hanna Stone è al comando di una squadra speciale, nota come lo Zombie Team, che coopera con il dipartimento di polizia di Hong Kong. L’ambientazione, come detto, ricalca le tinte cyberpunk nella maggior parte dei suoi proponimenti tematici ed estetici, ma a differenza di quello si evolve da un background molto significativo, foriero di una critica sociale spaventosamente attuale.
"Il vecchio mondo è caduto tra le fiamme dell’industria", i governi sono sfumati nel secondo piano dell’oblio e non esercitano più lo strapotere decisionale a cui siamo abituati. Al loro posto, nella scalata sociale per la vetta del potere, sono arrivate le grandi banche e multinazionali che amministrano le rovine del mondo con interminabili eserciti di milizie private. Decisamente indicativo come spettro a cui far caso, un messaggio velato che lascia molto su cui riflettere, specialmente visti i rivolgimenti sociali della nostra attuale contemporaneità.
Fuorviando dalle interpretazioni ipotetiche e tornando alla trama in essere del gioco, abbiamo a che fare con una struttura molto lineare, il cui andamento procede senza una narrazione esterna; seguire quindi i dialoghi fra i personaggi della storia sarà essenziale per comprendere i risvolti che condurranno le nostre azioni in game. L’accusa che noi di Tribe Games rivolgiamo a questo aspetto del gioco è quella di un’ossatura poco delineata in cui le componenti che dovrebbero alimentare la curiosità di comprendere il motivo delle nostre azioni sono coperte da un velo che non ci consente troppo spazio per intendere gli eventi. Ergo: il gioco ha un background interessante, specialmente per il fatto di non aver optato per un mondo post-apocalittico [cosa che lo avrebbe avvicinato a troppi altri titoli sci-fi N.d.R.] ed aver adottato questa originale e critica scelta di trama che porta la distopia di un mondo come quello di Wanted: Dead a presagire un futuro rischiosamente non impossibile.
Per quanto riguarda invece gli eventi interni, versati nelle cinematiche, evidenziamo una scarsa cura nella regia delle scene; oltre a questa, una leggerezza dialogica [ricordiamo che i dialoghi, in un gioco privo un narratore superpartes, dovrebbero consentire al giocatore di intendere l’andare degli eventi, cosa che non sempre avviene N.d.R.] che ricorda molto i dialoghi d’intrattenimento che, per esempio, vedremmo nei film di Tarantino, quando i personaggi, seduti assieme ad un tavolo, chiacchierano di scene di vita assurde, animandole con quel filo di comicità che intrattiene il pubblico in ascolto oltre lo schermo.
In Wanted: Dead avviene pressoché la medesima cosa: in luogo delle cut-scene spesso i protagonisti dell’avventura sci-fi argomentano delle loro esperienze di vita, e le questioni legate agli eventi di gioco si inseriscono come degli intervalli di serietà fra battute e risate come quelle che faremmo tutti noi al tavolo di un bar con gli amici.
Una particolarità di questo gioco sono anche le scene anime, che si alternano a quelle in computer grafica quando la nostra protagonista viene colta di sorpresa da ricordi o rimembranze della sua vita. In questi momenti appare evidente la scarsità di budget che deve aver soffocato alcuni aspetti di elaborazione del titolo; nella grande maggioranza dei casi, se non in tutti, le scene anime sono nettamente superiori, per qualità, di quelle animate; dato, questo, che ha dello sconcertante, specialmente se guardiamo a quelle scene anime con occhio critico, il quale ci ravvisa del fatto che anch’esse non sono certo fra le meglio riuscite.
In sostanza la trama non è ben delineata, ma procede, e la frenesia di gioco ti fa notare questa cosa con leggerezza, molto abilmente aggiungerei, poiché il gameplay ti avvolge a tal punto nel suo turbinare di spade e proiettili che quasi gli eventi della storia scivolano in seconda posizione. Per chiudere la questione trama, è doveroso riportare che Wanted: Dead è un titolo doppia A in cui la dicotomia fra storia ed azione in game non cessa mai di concedere quartiere alla sfera del ludus vero e proprio: avere una trama sottile aiuta questo fattore, così che raramente ci troveremo nella condizione di voler pacificamente seguire gli eventi della storyline e per converso saremo attirati in maniera crescente dalle sessioni di gioco concrete in cui potremo scattare per i livelli menando spazzate e fendenti e sparando all’impazzata.
Concluderò ora la discussione sulla trama con una notazione sulla longevità effettiva del titolo, che si inquadra attorno alle 15 ore di gioco in modalità normale.
Finalmente eccoci al cuore di questo articolo, il gameplay.
In questo caso Wanted: Dead ha saputo stupire piacevolmente noi di Tribe Games che ci siamo lasciati completamente trascinare da quella libido del coinvolgimento erogato dalle sessioni di intenso fighting contro i nemici, ardui da sconfiggere e con molta vita [non visibile a causa dell’assenza di indicatori per i punti vita degli avversari N.d.R.], che spesso e volentieri è preferibile affrontare a singolar tenzone in cortesi duelli a fil di katana, perché sì, assolutamente, anche i nemici, che arrivano a ondate, posseggono armi bianche contro cui far stridere il filo della nostra spada.
Il gameplay quindi, a differenza della storia, si propone come un'opera di fantastica fattura. Combattimenti coinvolgenti ed al contempo estenuanti vi faranno rimanere anchilosati al controller senza soluzione o rimedio per curare un desiderio che di livello in livello crescerà in voi. Una forte sensazione di sospensione nel mondo di gioco vi rapirà prontamente, portandovi a duellare con droidi armati di katana, soldati pesantemente corazzati, una fanteria abbastanza predisposta ad incassare un colpo dopo l’altro e infine macchine da guerra sensibilmente ostiche da far esplodere.
Insomma, in questo Hack and Slash la frenesia è la parola d’ordine ed i combattimenti si snodano secondo una lineare prosecuzione di livelli, privi di enigmi di natura ambientale, ma strutturati secondo un sistema di frequenti ondate di nemici innescate dall’avanzamento di Hanna nel canale di gioco.
Inoltre, un dato da porre in evidenza sono senz’altro le finisher che variano di volta in volta a seconda di come si è combattuto in quel particolare scontro, un dettaglio davvero apprezzato e pregevole per un gioco quasi completamente incentrato sul fattore combattimento. Ancora, sempre in merito ai combattimenti, è imperativo precisare che non sono scontati, come già accennavamo nel primo paragrafo introduttivo di questa recensione. Gli scontri sono vere e proprie matrici di immersione nel gioco e ciò provoca quella sensazione di sospensione che è, ai nostri occhi, una pratica dimostrazione di riuscita per un titolo doppia A che ha saputo mantenerci incollati allo schermo per un totale di quasi 15 ore di gioco.
Sempre riguardo al gameplay: ci sono altri interessanti approcci scelti dal team Soleil nello sviluppo di questo titolo, che ha molto del genere giallo e poliziesco, ma anche quella vena ironica che sfonda la barriera di serietà dietro a cui si barrica un uomo d’arme. I principali che ci hanno lasciato piacevolmente colpiti sono i minigiochi che intervallano, assieme alle scene dialogiche della sotryline, i momenti di intenso combattimento. Fra questi abbiamo alcuni Rhythm game in cui dovremo premere i tasti giusti e con la giusta tempistica per raggiungere un punteggio record da superare (di questo fattore legato al superamento del record score è interessante come non sia necessario superarlo per proseguire nell’avanzamento di gioco, infatti sarà possibile tornare a mettere alla prova le proprie abilità col controller ogni volta che vorremo durante i momenti di quiete in cui ci troveremo nel nexus di gioco: la stazione di polizia di Hong Kong). In altri casi avremo dei veri e propri giochi da cabinato in stile meravigliosamente arcade con cui giocare, oppure ancora dei ganci meccanici come quelli che troveremmo in un luna park, posizionati presso una delle sale della stazione di polizia, che ci consentiranno di prendere di volta in volta delle action figure dei personaggi dell’avventura sbloccandone la descrizione nel diario di gioco [molto utile per comprendere i risvolti di trama N.d.R.]. Queste piccole chicche si aggiungono ad una sezione di ulteriori minigiochi interni al nexus in cui potremo affinare la nostra abilità di tiratori.
Per quanto riguarda i combattimenti a fuoco, preciso che sono davvero, davvero, gradevoli: il sistema di mira che lascia la completa responsabilità dell’orientamento del tiro al giocatore, il colore intenso dei proiettili che esplodono fuori dalla canna del fucile ed il feedback apdico che, nella versione provata da noi di Tribe Games per Ps5, varia di arma in arma in base alla cadenza di fuoco dei diversi fucili, ci trasportano ancora una volta verso una sensazione di immersività pari a quella di un vecchio gioco da cabina dei primi anni duemila, in cui eri realmente chiuso dentro il gioco, il tutto versato nello stile grafico della next gen e ricco di dettagli apprezzabilissimi dal punto di vista sia estetico che del realismo fisico relativo alla balistica delle armi da fuoco.
In merito invece ai combattimenti con la katana, anch’essi raggiungono una vetta di soddisfazione sensibile: per quanto alla lunga potrebbe risultare ridondante l’ingaggio dello scontro a fil di spada, nel complesso, quindi mescolato in combattimento ad una fitta pioggia di proiettili luminosi, risulta veramente incalzante e divertente. Le combinazioni non sono moltissime, ma quasi tutte provocano, in base alla scelta d’ingaggio e all’andare del combattimento, una finisher differente di volta in volta. Provarle e vederle tutte e cinquanta non sarà certo una passeggiata, ma scoprirle anche casualmente sfrecciando dalla recisione di un busto verso un head shot sensazionalmente preciso darà enormi soddisfazioni, specialmente contro i nemici più tosti ai quali noi auguriamo una morte lentissima e dolorosissima.
In merito alla sezione musicale del titolo, che spesso ci ha lasciati stupefatti, ci sentiamo di premiare un sistema di accurata selezione sonora che accompagna l’avventura completamente e spazia da pezzi di hard rock a una simpaticissima canzone ormai patrimonio meme, 99 Luftballons, che ci ha colti di sorpresa quando l’abbiamo sentita ed ha assegnato quel grado di moderna ironia ad un gioco che molto deve al patrimonio culturale contemporaneo.
Questa potremmo dire essere una delle note più dolenti per un gioco come questo, in cui il combattimento è molto immersivo, ma la tecnicità e la cura alle spalle del titolo rivelano una superficialità, o una scarsità di risorse per converso, che se al contrario fosse stata più curata avrebbe potuto produrre un titolo di gran lunga più valido. I cali di frame ci sono stati, i particellari del sangue, a dispetto di quelli dell’esplosione dei colpi sono inguardabili, per quanto in alcuni casi, in cui si combatte con la spada, le schizzate di sangue seguano le linee di andamento della lama disegnando sulla pavimentazione o sui muri segni vermigli in linea con gli spostamenti direzionali dei fendenti che meniamo con la katana. Ancora, abbiamo riscontrato una crush nel sistema di gioco quando siamo arrivati ad affrontare uno dei boss, il quale cannoneggiando faceva comparire una serie di esplosioni a schermo che hanno bloccato completamente l'applicazione obbligandoci a segnalare l’errore e a riavviare il titolo dal menu di sistema di Play Station 5.
Purtroppo questa sommatoria di dati non ci incoraggia ad una valutazione positiva del comparto tecnico. Nemmeno del comparto grafico, in vero, come già detto sopra, i tratti di cut scene in computer grafica sono veramente orribili; in essi i personaggi sembrano dei corpi meccanici che si muovono come automi settecenteschi più che esseri umani veri e propri; gli oggetti nei livelli sono inconsistenti e colpire un tavolo con la katana per esempio non ne provocherà la rottura o la recisione in due, no, affatto, genererà invece una ricca esplosione di cartacce che tante volte occludono la visuale di gioco rivelandosi come un dettaglio più fastidioso che realistico.
In sostanza, prodi lettori, non possiamo dire che sia un gioco che non ci è piaciuto. E' incalzante, coinvolgente e mescola molti aspetti della nostra cultura moderna alla fantasia distopica delle menti degli sviluppatori, che per altro sono alcuni fra i medesimi di Ninja Gaiden. Pertanto il nostro voto è dipendente dalla sensazione di immersività scaturita, come già detto, dal gameplay principalmente e dalle tematiche di background portate ad implementare una debole trama che avanza in sordina durante gli eventi di gioco.
Ciò detto, vi porgiamo, noi della Tribù, i nostri saluti e nella speranza che possiate cogliere anche voi le implicazioni di quest'operetta videoludica davvero godibile ci auguriamo di rivedervi al prossimo falò.
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