Ciao a tutti, amici della Tribù, e ben ritrovati al nostro appuntamento settimanale con gli speciali che ci condurranno all’uscita del tanto atteso Ghost of Tsushima. In questo quarto speciale ci dedicheremo all’approfondimento di una particolare figura del Giappone feudale: il ninja. I ninja erano guerrieri misteriosi conosciuti per le azioni di spionaggio, sabotaggio o assassinio e spesso contrapposti a samurai, ma fermarci a queste definizioni sarebbe riduttivo. Essi sono stati sempre avvolti da un’aura leggendaria e considerati depositari di tecniche esoteriche e poteri soprannaturali, ma in una posizione ambigua rispetto ai samurai.
Il termine ninja è una lettura dei due kanji 忍者, che significano “persona nascosta”, ma questa parola era storicamente meno diffusa rispetto ad un’altra lettura degli stessi kanji, ovvero “shinobi”, abbreviazione di 忍びの者 “shinobi no mono”, e identifica quelle persone che praticano il nijutsu, un’insieme di tattiche di guerra e strategia militare simili allo spionaggio occidentale. Ninja si diffuse soltanto nel secondo dopoguerra in Occidente e in Giappone era utilizzato solo come regionalismo, mentre la parola più utilizzata negli scritti e nei documenti storici era appunto shinobi. Al contrario dei samurai, gli shinobi appartenevano per lo più alle classi inferiori e su questi ultimi sono diffusissimi i racconti popolari, ma scarseggiano i racconti storici, incentrati principalmente sulle gesta e sul codice di condotta dei nobili bushi.
Durante il Periodo Sengoku (il periodo degli Stati combattenti, dal 1467 al 1603) gli shinobi ebbero particolare rilievo, anche se questa figura iniziò ad emergere già dal Periodo Kamakura, al servizio in segreto dei daimyō. Le funzioni di uno shinobi includevano attività clandestine come lo spionaggio, il sabotaggio, l'infiltrazione fino ad arrivare all'assassinio. Il fatto che essi utilizzassero metodi di combattimento differenti dai bushi fece sì che venissero etichettati come disonorevoli e inferiori, nonostante tra i daimyō ci fosse molta competizione per assicurarsi i servigi dei ninja migliori in circolazione.
Essi erano organizzati in clan con una rigida gerarchia. I due più importanti clan erano Iga e Koga, della prefettura di Shiga, nell’isola di Honshū. La conformazione territoriale, in cui si trovavano villaggi isolati tra le montagne, contribuì allo sviluppo del ruolo segreto degli shinobi. Questi due clan produssero veri professionisti appositamente addestrati e del clan Iga uno dei più famosi appartenenti fu Hattori Hanzō.
Tuttavia, dopo la caduta di questi due clan, i daimyō dovettero iniziare ad addestrare essi stessi gli shinobi e questa divenne ben presto una professione. In seguito, vennero scritti numerosi manuali di ninjutsu; un esempio è “Shōninki” di Natori Masazumi, maestro e caposcuola ninja del XVII secolo: come il bushidō per i bushi, anche gli shinobi possedevano un codice, regole e tradizioni che li distinguevano. In questo breve testo viene spiegato come sfruttare l’ombra degli alberi, come proteggersi dal nemico, come lavorare assieme ad un altro shinobi e soprattutto il principio di mu, ossia “il Nulla, il Vuoto”.
Un fatto interessante è che i ninja non sempre erano solamente uomini: a volte si trattava anche di abili donne addestrate, chiamate “kunoichi” くノ一 ; oltre a tutte le tecniche utilizzate dai colleghi uomini, le donne shinobi sfruttavano anche le loro abilità seduttive per portare a termine la missione.
Dopo l’unificazione del Giappone sotto lo shogunato Tokugawa (quindi con l’inizio del Periodo Edo, nel 1603) la loro figura iniziò a perdere man mano considerazione.
L’incarico principale degli shinobi era lo spionaggio e, con l’aiuto di travestimenti, essi raccoglievano informazioni su persone e territori. La prima regola era sfuggire agli sguardi e celare la propria identità. L’abbigliamento che essi utilizzavano più spesso era scuro di notte e grigio-marrone di giorno, ma l’immagine del ninja fasciato di nero che vola nella notte è più che altro tipica dei media recenti. Solitamente essi usavano abiti civili e i travestimenti più utilizzati erano quelli di monaci, sacerdoti, commercianti e cartomanti, che, grazie alle vesti, potevano nascondere facilmente anche delle armi. Pugnali, spade corte e katana erano le predilette, ma anche kusarigama (una falce legata ad una catena con un peso all’estremità) e shuriken (un’insieme di armi da lancio, ad esempio dischi di metallo a forma di stella dalle punte taglienti) non mancavano nell’arsenale di una spia. Insieme a questi, gli shinobi si servivano anche di mine, freccette avvelenate e cerbottane, oltre all’appiccare incedi per operazioni di infiltrazione e sabotaggio.
Una curiosità particolarmente interessante riguardo gli shinobi è la pratica del kujikiri. Il kujikiri 九字切り “taglio dei nove caratteri” è una sequenza di particolari mudra (posizioni delle mani nel Buddhismo esoterico) con significato mistico inserita tra le arti del ninjutsu; a questi nove segni veniva attribuito il potere di influenzare sé stessi, gli avversari e l’ambiente circostante, ed erano associati alla ripetizioni di mantra (formule sacre o magiche). Si credeva che con queste tecniche gli shinobi fossero in grado di resistere al dolore, concentrarsi mentalmente, evocare spiriti e addirittura immobilizzare un avversario. Tutto questo portò a credere che i ninja fossero quindi in grado di usare le arti magiche.
In seguito, durante il Periodo Edo, l’immagine degli shinobi entrò nella cultura popolare e iniziarono a formarsi e circolare storie e leggende basate su fatti storici realmente accaduti. Più tardi ancora, cinema, manga e videogiochi hanno attinto a questo immaginario per una vastissima e fortunata produzione che riscuote ancora a oggi molto successo.
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