Pongiornissimo, amici della Tribù! Avete passato delle belle vacanze?
Oggi siamo qui, in questo clima di calura estiva che ancora non se ne vuole andare, a parlare di un gioco anche un pochino a tema… ma capirete come mai proseguendo nella lettura!
Il titolo che tratteremo oggi è Arc of Alchemist, gioco di ruolo d’azione a stampo nipponico che già era apparso sulle nostre pagine, recensito da un collega subito dopo la sua uscita (si parla dei primissimi mesi del funesto 2020). Ai tempi l’opera di Compile Heart e Idea Factory era stata testata su PlayStation 4, mentre oggi noi ci addentreremo nell’edizione per Switch. Come si sarà comportato questa volta il titolo sull'ammiraglia di Nintendo? Non indugiamo oltre e andiamo a scoprirlo!
Arc of Alchemist si apre con una sequenza animata accompagnata da della musica in pieno stile anime per introdurci al suo ricco cast di personaggi e, fatto ciò, ci immerge nella visione di una cinematica che dona contesto alla storia che stiamo per vivere. L’uomo [sempre colpa nostra N.d.R.] ha devastato il proprio pianeta e ora l’umanità, sull’orlo dell’estinzione, vive in una terra arida e completamente coperta di deserti. Quinn Bravesford, militare dall’animo nichilista, guida una piccola truppa alla ricerca dell’ultima speranza della nostra specie, il leggendario “Great Power” [mancando l’adattamento italiano utilizzerò i termini inglesi N.d.R.].
Armata del suo Lunagear, un artefatto in grado di incanalare il potere dei quattro elementi, la giovane dovrà esplorare vaste aree desertiche pur di riuscire a battere sul tempo gli emissari delle nazioni rivali e raggiungere l’obiettivo affidatole dal proprio signore. Perché sì, per non farci mancare nulla, anche in una situazione tanto disperata gli umani si stanno ancora facendo la guerra.
Per quanto Arc of Alchemist non porti su schermo una storia mai vista prima, è innegabile come l’ambientazione scelta dagli sviluppatori e le tematiche coinvolte nella narrazione si rivelino interessanti, anche se messe sotto la lente dei gusti giapponesi [che, come sappiamo, possono non piacere N.d.R.] e dipanate un po’ velocemente. Nel corso della sua breve durata, l’intreccio si riserva di lanciare allo spettatore qualche colpo di scena e riesce probabilmente anche nel tentativo di lasciare un bel ricordo.
Anche i personaggi del titolo, molto basati su stereotipi tipici di anime e manga, risultano a loro modo affascinanti, riuscendo a strappare un sorriso con le loro interazioni variegate. Tra una missione e l’altra è infatti possibile assistere a diverse scenette che ci presentano meglio le caratteristiche della truppa di Quinn, tra motivazioni, aspirazioni e segreti. Scelta un po’ meno azzeccata è quella di racchiudere tali siparietti solo nei momenti in cui si torna alla propria base; questo li fa spesso percepire come un po’ slegati dalla storia principale.
In modo piuttosto scollegato dal suo titolo [e da fan di Xenoblade non vedo nemmeno quale sia il vero problema N.d.R.], Arc of Alchemist è un gioco che poggia su un gameplay a due facce. La prima, quella più prominente, è la parte da gioco di ruolo d’azione in cui ci si trova a navigare e, soprattutto, a combattere in diverse aree desertiche. Tra stuoli di nemici ispirati il giusto, ma tremendamente ripetitivi, Quinn (esperta di tutti i tipi di armi) e soci (specializzati in determinate nicchie) possono usare varie tecniche e formazioni per procedere nella loro missione.
L'altra porzione del gioco consiste invece nel poter gestire la propria base operativa, dove si può far allenare le proprie truppe, commerciare usando le risorse trovate nelle esplorazioni o investire fondi e risorse in differenti attività che possono fornire oggetti o aprire la strada a diversi potenziamenti. E’ consigliabile quindi [direi quasi obbligatorio in certi momenti N.d.R.] fare spesso una pausa dai viaggi e vedere cosa c’è di nuovo presso il proprio quartier generale.
Ci si accorge dopo poco di quanto la prima porzione del gioco sia però estremamente poco esaltante e, anche provando a sperimentare nell’utilizzo delle armi, ci si ritrova a fare sempre la stessa cosa [e a dover combattere con grosse limitazioni N.d.R.].
La parte “action” di questo action RPG... è molto poco action, insomma, dato che non viene premiata la capacità nel concatenare abilità o simili, né ci si sente liberi di muoversi in maniera fluida nel corso degli scontri, con comandi che anche con un po’ di pratica non cessano di risultare legnosi. Legittimo fare però un plauso al Lunagear il quale, anche se non sempre, è uno strumento che può risultare interessante da usare nel corso della partita, anche se alcune delle sue funzioni sono decisamente sottotono.
Di contro, la parte gestionale del titolo è piuttosto abbozzata e non sembra mai fare quel passo in più per risultare sufficientemente d’impatto. Molte delle micro-meccaniche legate alla base risultano prive di sufficienti informazioni, lasciando un po’ spaesati e preda di errori di investimento.
Passando oltre alla storia e al gameplay del gioco, coi loro alti (circa) e bassi (non pochi), il fulcro di questo pezzo merita però di essere incentrato sugli aspetti tecnici del gioco. Per quanto nulla del titolo faccia gridare al miracolo, è giusto sottolineare come il reparto sonoro sia gestito in maniera davvero buona, con musiche usate in modo intelligente, legate ai diversi tipi di zone, al tono delle scene a cui si assiste e anche alle categorie di nemici. Così come la colonna sonora, anche il doppiaggio risulta ispirato [d’altronde i giapponesi sono molto bravi a doppiare le loro stesse opere N.d.R.] e fa trasparire ciò che i dialoghi privi di grandi animazioni vogliono far percepire al giocatore.
Pur mancando di un adattamento in italiano, cosa che ci si può aspettare da uno studio relativamente piccolo, Arc of Alchemist possiede dei testi in un inglese ben gestito. Raramente ci è capitato di incappare in sbavature e, pensiamo noi, la personalità del titolo riesce a trasparire anche tramite una buona rielaborazione pensata per noi occidentali.
Sorpassati questi aspetti positivi, il resto sta però ai colleghi dei comparti grafico e tecnico e… diciamo che è qui che arrivano le note dolenti. Visivamente il gioco non è inguardabile e, anzi, si coglie in modo chiaro la direzione artistica abbastanza apprezzabile [lo science fantasy è un genere ombrello molto florido N.d.R.]. Le animazioni sono povere e la pulizia dei modelli è scarna, ma è quando questo si somma a come vengono gestiti elementi come la telecamera e il framerate che tutto inizia a risultare molto più brutto. Il titolo soffre decisamente troppo in diverse aree in cui sono presenti effetti grafici, risultando quasi sgradevole alla vista, mentre la disposizione dei modelli poligonali costringe il giocatore a doversela vedere con limitazioni che vanno spesso circumnavigate. Chiariamoci, Arc of Alchemist non ci ha causato nessun tipo di problema grave, dato che non ha sottoposto la nostra console a crash o glitch che hanno interrotto la nostra partita, ma, anche a distanza di tempo, è un po’ triste sapere che nessuno dei limiti tecnici del gioco sia stato sistemato con qualche patch.
L’estratto della nostra recensione di tre anni fa con cui possiamo concordare maggiormente è che Arc of Alchemist non è un brutto gioco, ma è un gioco fatto male. Tutte le buone premesse del titolo e i suoi punti di forza si scontrano inevitabilmente con una realizzazione tecnica che ne abbassa di molto qualunque tipo di fascino, così come il suo gameplay risulta noioso quando va bene e tedioso quando va male.
Un vero peccato, poiché l’idea del titolo era meritevole di attenzione e la sua trama è ciò che spinge ad andare avanti il giocatore, ma i temi trattati avrebbero potuto essere supportati meglio da quasi tutti gli altri reparti. Per una quarantina di euro pensiamo ci siano giochi che possano offrire molte più ore di divertimento o, in generale, un flusso di gioco meglio calibrato, ma, nell’eventualità che il titolo si trovi in sconto, chi ha avuto modo di provare altri lavori di Compile Heart e Idea Factory potrebbe comunque dargli una chance per curiosità [chissà mai se la proprietà intellettuale verrà sfruttata in futuro per un seguito più o meno diretto N.d.R.].
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