[ATTENZIONE: La seguente recensione contiene RILEVANTI spoiler circa la trama ed i finali di Bioshock: Infinite e Bioshock; a coloro i quali ancora non conoscono le vicende dei due titoli in questione e preferiscono rimanere ignoranti al riguardo sino a quando non li avranno giocati e conclusi, consiglio caldamente di interrompere QUI la lettura.]
Uscito nel Marzo 2014 e rilasciato in due episodi, il DLC Burial at Sea (o, in italiano, Funerale in Mare) fu venduto al prezzo di 15€ per ciascuno dei due episodi (o di 20€, se acquistato tramite Season Pass, comprensivo di un ulteriore DLC, Scontro tra le Nuvole, riguardante una modalità arena ad ondate, che però non sarà trattato in questa sede), costo non esattamente abbordabile: ricordiamo come, ad esempio, l’espansione Awakening di Dragon Age: Origins ebbe un prezzo, al lancio, di 35€, offrendo però contenuti di gran lunga superiori, in quantità e qualità, rispetto ad un semplice DLC.
Eppure, a tal riguardo non mi sento di puntare il dito contro, poichè, sebbene il prezzo iniziale non sia stato accessibile per il videogiocatore medio, è innegabile che questo sia rapidamente sceso (o meglio, che son sempre più frequenti gli sconti e le offerte presso i rivenditori online, che ne consentono l’acquisto con una spesa più simbolica che concreta) e che il contenuto dei due episodi, sebbene non paragonabile a quello di un’espansione vera e propria, sia certamente molto più ricco, curato e complesso di un semplice contenuto aggiuntivo ad episodi.
Finito il preambolo, si può passare ad un’analisi più specifica del DLC in questione.
I due episodi sono in sequenza cronologica l’uno rispetto all’altro: nel primo si ha nuovamente il controllo del protagonista di Bioshock: Infinite, Booker DeWitt, spalleggiati da Elizabeth; tuttavia, a cambiare drasticamente è l’ambientazione, in quanto le vicende si svolgono non più a Columbia, bensì a Rapture, o meglio, in una delle Rapture (può sembrare strano o poco chiaro, ma il finale del terzo Bioshock spiega con sufficiente chiarezza il funzionamento dei “mondi alternativi”) ove ancora gli eventi ed i disastri del primo titolo non hanno avuto luogo.
Nel secondo episodio, invece, il nostro controllo è diretto esclusivamente ad Elizabeth, la quale riuscirà, con le sue/nostre azioni, a portare chiarezza su alcuni degli eventi e delle situazioni di Rapture responsabili degli avvenimenti iniziali di Bioshock, a partire da ciò che ha portato l’aereo sul quale viaggiava il protagonista a precipitare nell’oceano; probabilmente suona strano, eppure, a livello di trama, Burial at Sea riesce a chiarire, giustificare e legare perfettamente gli avvenimenti dei due giochi diretti da Ken Levine (va ricordato che Bioshock 2, per quanto “canonico”, non è stato sviluppato dal medesimo studio 2K e non è stato seguito dall’autore originale), chiudendo il cerchio narrativo con grande stile e coerenza ed un livello di scrittura davvero encomiabile.
A livello di gameplay, il primo episodio rimane pressocchè invariato rispetto al titolo “vanilla”, con solo qualche leggera (ma importante) differenza a livello estetico nelle armi e nei Plasmidi (in quanto ambientato a Rapture, si impiegheranno Plasmidi e non Vigor) ed una grossa restrizione nel numero di munizioni e cure disponibili, con conseguente impennata alla difficoltà e dunque la necessità di un approccio più cauto e ragionato.
Col secondo episodio, invece, diviene indispensabile uno stile di gioco assai diverso, estremamente più furtivo: la protagonista non possiede né la prestanza fisica, né la resistenza, né l’ampio armamentario di DeWitt, per cui la scelta migliore sul da farsi ricade sempre sulla silenziosità: vengono introdotti un nuovo plasmide ed un’arma originale (una balestra, non a caso), oltre ad una rinnovata meccanica per lo scasso delle serrature, non più automatica, nella quale occorrerà cimentarsi in una prova di precisione e velocità che non poco ricorda il minigioco di aggiramento dei meccanismi tecnologici presente nel primo Bioshock; ultima, ma non meno importante, l’aggiunta di indicatori di percezione sonora e visiva per ciascun nemico, differenziati in base alla loro tipologia (degli avversari col volto coperto, ad esempio, vedranno meno, ma saranno più sensibili ai rumori ambientali che produrremo), e che, come già detto, sarà (quasi) sempre saggio eludere.
Come grafica e sonoro non sono presenti cambiamenti rilevanti: il doppiaggio e le musiche sono rimasti di alto livello, mentre è necessaria una menzione d’onore per le ambientazioni curatissime, piene di dettagli e, cosa non da poco, totalmente originali nonostante siano “riprese” dal primo titolo; tralaltro, non pochi particolari permettono di fugare ogni dubbio circa il fatto che la Rapture di questo DLC non sia la Rapture “originale”, bensì una sua “versione alternativa”.
In conclusione, Burial at Sea: Episodio 1 e 2 è un prodotto certamente meritevole di interesse e dell’acquisto, in grado di rinfrescare le meccaniche di gioco e contemporaneamente inspessire e chiarire molti degli avvenimenti di Bioshock e Bioshock: Infinite, con immensa gioia da parte dei giocatori interessati non soltanto al gameplay ma anche alla narrazione.