Uno dei fenomeni più simili al mockumentary o alla fake news che spopolò negli anni ‘90/primi anni 2000 fu quello di Blair Witch Project, ossia un progetto cinematografico che ha portato al cinema milioni di spettatori convinti che le riprese del documentario fossero state estrapolate da una misteriosa videocamera trovata in un bosco maledetto. Solo dopo la larga diffusione del film fu reso pubblico il fatto che tutto si trattava di una trovata pubblicitaria, e che il lavoro cinematografico fu un esperimento organizzato ad hoc per impressionare il pubblico. Stiamo parlando quindi di un fenomeno cinematografico in larga scala più unico che raro, e che ha fondato il genere “prima persona” all’interno del mondo del cinema. Il fenomeno con il tempo andò a scemare, fino a quando, nonostante Blair Witch Project sia ricordato per sempre come uno degli esperimenti più riusciti, del brand non si sentì più parlare. Con enorme stupore all’interno della conferenza Microsoft avvenuta alla rassegna “LosAngelina” marchiata E3 del 2019, abbiamo potuto ammirare il ritorno di Blair Witch, non più in formato cinematografico, ma videoludico ed ora siamo pronti per il nostro verdetto.
Nonostante non sia la stessa storia del film visto per la prima volta nel 1999, il gioco ci fa immedesimare in Ellis, un ex poliziotto che, insieme al suo fidato amico a quattro zampe Bullet, è sulle tracce di una misteriosa sparizione che riguarda un ragazzino. Il gioco si svolge totalmente in prima persona e una volta entrati nel vivo dell’esperienza, lasciandoci alle spalle la cinematica introduttiva, prendiamo dimestichezza con tutto ciò che ci occorre per il nostro viaggio verso l’incubo. Il canovaccio con cui la storia viene raccontata è nelle fasi iniziali calmo e tranquillo, talmente tanto da mettere quasi angoscia; scopriamo poi che Ellis soffre di un violento disturbo post–traumatico dovuto ai fantasmi del suo passato, il suo rapporto con Bullet è la sua unica ancora di sanità mentale, oltre al suo impegno nei confronti della ex moglie Jess con la quale potremo interagire con l’ausilio di un telefono cellulare. All’interno della foresta la sanità mentale del povero Ellis è messa a repentaglio da fenomeni soprannaturali legati ad una bizzarra quanto spaventosa storia, che vede protagonista una strega, che viveva nella città di Blair (dove ora c’è il bosco maledetto) giustiziata dalla gente del luogo secoli fa, e la sua maledizione aleggia tra le fronde di quegli alberi. La strega durante l’arco del gioco è una figura non tangibile, si ha memoria del suo operato solo per elementi che fanno da cornice all’ambiente che ci circonda, poi, con il proseguire della storia, riusciamo a percepirla in maniera decisamente più attiva.
Blair Witch offre un gameplay classico, somigliante a quello di titoli come Outlast, ma con alcune meccaniche inedite. Il bosco in cui saremo costretti a girovagare è un trappola senza fuga: ci ritroveremo strutture e luoghi già visti più e più volte, questo ci darà un senso di oppressione di giro in tondo e di claustrofobica angoscia, dal quale solo chi sa mantenere il sangue freddo e chi riesce a dosare il panico e ragionare con razionalità può uscire. L’effetto loop è realizzato magistralmente, come tutto il comparto tecnico, anche se a volte si notano alcuni cali repentini di framerate dati dalla pesantezza di questo comparto. Il rapporto tra Ellis e il suo fidato Bullet come detto in precedenza è molto importante per ristabilire la qualità dello stato mentale di Ellis, ed è per questo che oltre ai classici ordini come “fermati” o “cerca” o ancora “vai” vi troviamo anche “coccola”. Peccato però che oltre a questo, e nonostante la caratterizzazione psichica di Bullet e le sue animazioni sia incredibile, non ci sia un vero rapporto intrinseco tra i due, ma che si limiti ad una serie di ordini volti al proseguire nel gioco. Tornando a parlare del level design, ci teniamo a sottolineare che il motore di gioco compone gli assets dei livelli in tempo reale e in maniera procedurale, cosa decisamente apprezzata dato che tutto questo dona al level design non solo varietà, ma anche omogeneità, realizzando tutto in maniera molto naturale. L’utilizzo della videocamera e della raccolta delle cassette durante l’avventura è molto importante per la risoluzione degli enigmi; infatti, guardando le cassette raccolte attraverso la camera e premendo stop o tornando indietro in un determinato frame, si ha la possibilità di alterare la realtà e scoprire passaggi dove prima era impossibile accedere. Questa meccanica, se pur estremamente innovativa ed apprezzabile, viene proposta davvero troppe volte all’interno del gioco, finendo così per risultare troppo ripetitiva e sotto alcuni aspetti smette immediatamente di stupire. La sessione finale del gioco però sfocia nella banalità, sia a livello di storyline (della quale non vogliamo approfondire troppo a causa degli innumerevoli spoiler che potremmo commettere raccontando la parte finale) che per quanto riguarda il gameplay, dove gli sviluppatori Bloober Team hanno voluto in un certo senso implementare delle meccaniche e dei metodi di fare horror già visti nella loro opera “Layers Of Fear” quali: fenomeni che riguardano il sound design ambientale, alterazioni delle percezioni visive e delle ambientazioni ed eventi simili a poltegeist all’interno della struttura finale dove tutta la storia raggiunge il suo culmine. Possiamo dire che abbiamo apprezzato il tutto, ma di certo ci saremmo aspettati qualcosa che va un po’ oltre la semplice autocitazione, dato che il gioco sin dal suo inizio ci aveva stupito con meccaniche inedite e esperimenti di gameplay.
Blair Witch lo abbiamo preso come una grande citazione ed omaggio ad un brand che sembrava scomparso in tempi moderni. E’ sicuramente un horror che sa tenere il pubblico con il fiato sospeso e che nelle fasi iniziali del gioco offre uno spunto narrativo, se pur classico, estremamente soddisfacente, ma che poi a nostro malgrado sfocia in meccaniche troppo legnose e a lungo andare ripetitive, un po’ nella banali. Ci avrebbe soddisfatto di più un approfondimento dei fatti accaduti prima delle vicende e una profondità maggiore dei rapporti che Ellis ha sia con il suo cane che con terzi. Nonostante questo, il titolo offre un’esperienza godibile ed apprezzabile, con un comparto grafico di tutto rispetto, ma non riesce a spiccare come ci aspettavamo, pur rimanendo un prodotto di qualità.
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