recensione

Dark Souls II

Il ritorno di From Software

Pubblicato il 7 Marzo 2015 alle ore 20:35
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di Sabaku no Maiku
@Sabaku no Maiku

Vi è silenzio intorno ai rumori. Passi su fango, respiro secco, strofinarsi di tessuti e metallo e pelle. Luci (non dinamiche) create da fiaccole e lanterne, bracieri ed una luna piena. Davanti a noi una porta di legno marcio, alta quasi 4 metri, pesante come una tre carovane, socchiusa. Dietro di noi, la morte, davanti a noi, l’ignoto. In un videogioco mancano gli odori, ma è l’interazione che si genera tra il giocatore e lo schermo a riprodurli nella mente di chi si coinvolge.

I Souls hanno creato qualcosa che questo mercato moderno aveva lasciato indietro, ritenendolo meno proficuo. Che questo mercato moderno si era, anche, in parte dimenticato. Evidentemente gli era anche sfuggito quanto successo avrebbe potuto acquisire nella propria nicchia se ben realizzato, conquistandola come si deve. I videogiochi sono cresciuti ed in parte han percorso un’evoluzione parallela alla massificazione ed al matrimonio con “l’accessibilità”, ma anche i videogiocatori che sono nati con loro han avuto un loro percorso, e sentivano la mancanza di ciò che li ha cresciuti: il senso della vittoria, della soddisfazione, della sfida, del guadagnarsi qualcosa e percepirlo come proprio trofeo, anche solo appunto fosse il “semplice” ed ormai sentito come “obbligato” proseguire nel gioco stesso.

FROM Software ha letteralmente saputo cogliere l’immagine di una torta a cui mancava una fetta, sapendola riempire ed aggiungendo quell’ingrediente che la rende speciale. Questa recensione nasce dopo ESATTAMENTE un anno dalla release di Dark Souls 2. Oggi è il 14 Marzo 2015. Mi trovo come redattore quindi in una posizione speciale, privilegiata e curiosa. Potrò evitare di discutere quindi dell’ovvio passato riguardo la gestione del mero titolo su Multiplayer, Covenants (criticabili però, purtroppo, ancor più che nel primo) etc, trasformando l’argomento principale di questo nostro viaggio. Qui, oggi, l’articolo sarà centrato più sulla critica di ciò che è accaduto a questo sequel che su un giudizio semplice e numerico che, comunque, è chiaramente di promozione. Il mondo è consapevole ormai che Dark Souls 2 si è rivelato uno dei migliori videogiochi action del 2014, scontrandosi però con l’essere un prodotto profondamente inferiore al precedente sotto quasi ogni punto di vista: dignitoso nell’aggiungere nuove meccaniche ad un formato già complesso ma incapace di capire cosa sia davvero un Souls e dove le risorse sarebbero dovute esser investite.

“This game actually went through quite a troubled development process. Due to a number of factors we were actually forced to re-think the entire game midway into development. We really had to go back to the drawing board and think once more about what a Dark Souls game should be.“ – Tanimura

Andiamo con ordine, prima parliamo di ciò che è davvero questo sequel, quindi procediamo all’idea originale dietro questo articolo. Dark Souls 2 comincia mostrandosi già molto diverso dal predecessore: ha una Trama migliore del proprio background. La storia di questo titolo è intrigante, umana, emotiva: trovare se stessi come esseri umani, scoprendo un regno distrutto dall’abbandono e dalla mancanza di coraggio del suo Re, un regno in cui molte vite sono finite in tragedia a causa del sentimento più potente dello spirito umano: l’amore. L’amore e l’ambizione si scontrano con la saggezza e la conoscenza in Dark Souls 2, mostrando storie di uomini e re, regine ed antiche creature oscure, quanto e come l’uomo. Il background dell’opera è però questa volta incredibilmente frivolo ed insufficiente invece, perché si costituisce quasi in toto su quello del predecessore non approfondendo ciò che potrebbe renderlo unico quanto l’ambientazione faccia sperare. Gli NPC sono esempi stupendi di drammi umani in un mondo in rovina, ma raccontano storie castrate ed incomplete: un guerriero baserà tutta la sua avventura e spirito o sul possedere una spada leggendaria, la quale è più importante della propria vita e si rivela esser falsa a sua insaputa… Ma dopo qualche avventura insieme ve la donerà senza dir null’altro che un paio di complimenti, interrompendo ogni interazione futura. Un tragico peccato che si ripercuote su ogni singolo personaggio di questo titolo, in forte contrapposizione con la completezza psicologica dei compagni di disperazione presenti nell’originale…

…Ma come è sacrosanto sottolineare, i Souls hanno una prerogativa molto rara oggigiorno: possono esser fruiti in modo diverso da giocatori diversi. Per tutti coloro i quali amano alla follia il combat system ed il gameplay di questi titoli ma non hanno interesse nella storia o nell’ambientazione in cui si muovono se non per far si che i loro occhi brillino di una luce riflessa derivata dall’incredibile art design di casa FROM, Dark Souls 2 offrirà una longevità per la singola run persino superiore a quella del suo predecessore: la mappa non è interconnessa come in passato, ma si estende a ragnatela partendo da un hub centrale, la magnifica e luminosa Majula, che si affaccia su un sole al tramonto che trasmette una forte assenza di speranza. La missione postaci sulle spalle di collezionare anime per incontrare il monarca di Drangleic consumerà settimane di sfide e sudore, al punto da pensare che l’avventura sia finita proprio quando, invece, se ne apre un capitolo finale immenso ed inaspettato. I Souls sono in grado di strappare centinaia di ore dagli appassionati, ma anche il giocatore occasionale che si vorrà cimentare nell’impresa si vedrà immerso in questo mondo eccezionale per almeno 50-80 ore. Ore che verranno accompagnate da un comparto video/audio in forte contrasto l’uno con l’altro, con grandi alti e gravi bassi.

Dark Souls 2 è poi stato incredibilmente coraggioso nel voler sviluppare un engine grafico completamente nuovo quando la generazione di console sulle quali sarebbe dovuto esser pubblicato era ormai ben oltre il proprio tramonto. I problemi nascono proprio da questo, e sono appesantiti da quello che molti di voi potrebbero scoprire con questo articolo: le public relations di FROM Software nei confronti della stampa. Dark Souls 2 ha una grafica più pulita del predecessore ed un’estetica la quale punta più verso il cartoonish, uno stile più “comic book” rispetto alle linee nette ed ai colori spenti dell’originale, ma questo stile risulta azzoppato ed insufficiente all’occhio veterano a causa del fatto che l’idea originale dei suoi creatori NON era quella poi arrivata sugli scaffali. Lighting dinamico, texture molto complesse e filtri di post-processing eye-candy si sono rivelati alla release assenti. Lighting passivo che si basa sul cambio dei valori di colorimetria e brightness, texture spalmate e ripetute a volte in un modo peggio che scolastico ed infine, purtroppo, nessun filtro estetico.

FROM Software tuttavia ha mal gestito le sue dichiarazioni, mentendo o rimangiandosi affermazioni molto delicate come la presenza di questo Lighting avanzato, l’assenza decisa di DLCs (di cui ne sono stati invece sviluppati tre, pur se di più che ottima fattura) e la successiva esclusività del titolo su console di settima generazione, mentre il prossimo mese verrà pubblicato su quelle di ottava. Ciò che rimane ad oggi simbolo di un livello quasi inarrivabile dal resto del mondo invece è l’art design. L’universo estetico creato dal team è eccezionale e con una coscienza talmente coerente e ragionata da comprendere come il medioevale fantasy-horror potesse ormai stuccare ed aver esaurito buona parte dell’effetto sorpresa, così da costituire uno spiritual successor quale Bloodborne, che avrà invece un’ambientazione gotico-steampunk. Discorso diverso si può fare per il comparto audio, che pur rifacendosi ad asset ormai diventati quasi un classico irrinunciabile per i fan (come alcuni vecchi campionamenti usati per i canonici suoni dei menù di Resident Evil, Gran Turismo o Metal Gear Solid) risulta essere di una qualità eccezionale specialmente per un doppiaggio in lingua inglese fra i più elevati e ben recitati della storia del medium. Anche solo ascoltare Dark Souls 2 potrebbe immergervi in un mondo che non vedete. Chiaramente si tratta di artigiani di un’arte moderna, che però ha un focus fondamentale in quanto videogioco: il gameplay.

Dark Souls 2 evolve il gameplay dell’originale nel solo bene, tradendosi però in tutto ciò che lo circonda, ossia il modo in cui quel gameplay interagisce con il giocatore. Possibilità di tenere armi a due mani O in Dual-Wielding, con stance speficiche di combattimento, l’arceria resa fluida e più scattante, precisa, divertente e competitiva, oggettistiche più varie (spesso quasi superflue, però) e funzionamento degli slot di incantesimi per la magia molto più flessibile sono tutti punti a favore di un’esperienza di gioco molto profonda, che però.. In questo seguito, ha mancato il punto. In altre parole, Tanimura non ha perfettamente compreso cosa, per la player base più accanita ed appassionata, è davvero un Souls.

E questa è la Critica su Dark Souls 2 che sono in procinto di fare:

Dark Souls è sempre stato pubblicizzato come gioco difficile, così come lo stesso Demon’s Souls. Inutile negarlo, dopotutto il motto “Prepare to Die” non è nato dalla community. Tuttavia bisogna DISTINGUERE la pubblicità dall’opera autoriale di un direttore come Miyazaki, in quanto lui ha SEMPRE definito la difficoltà come qualcosa che era ben lungi dall’esser il punto di arrivo del suo lavoro, ne tantomeno il focus del titolo: come ripete spesso in quasi ogni intervista la difficoltà è una conseguenza di quel mondo, che diventa poi terapeutica per mostrarlo reale, vivo, per render il giocatore teso e quindi, in modo naturale e quasi istintivo, renderlo immedesimato in quell’universo… Così che lo viva come io ho aperto l’articolo. Il nuovo director invece ha completamente frainteso, creando un titolo che è SOLO, difficile, ma non nel modo giusto. Ha costruito “mappe trappola” per tener teso il giocatore, e questo risulta certamente affascinante e divertente, ma in breve tempo diventa solo un “livello”, e, soprattutto, arriva molto in fretta a stancare per mancanza di reale significato, soprattutto quando questa difficoltà è gestita in modo molto meno ispirato e narrativo.

Non è così semplice. Dark Souls 2 ha un problema gravissimo con la concezione di cosa sia difficile e cosa, invece, sia una sfida remunerativa. Il videogiocatore deve sentirsi teso, in adrenalina, impaurito e deve uscirne, se vincitore, soddisfatto della sua abilità e dell’esperienza che ha vissuto. Questo è sempre stato un concetto chiave dei Souls e deve basarsi su come si percepisce e funziona il sistema di controllo e di gioco. In questo seguito, il giocatore si ritrova invece ad avere a che fare con fattori completamente nocivi che sono in procinto di introdurre, e quindi infastidito dalla scarsezza della sfida e dalla banalità di come la difficoltà viene posta dinanzi a lui: il sistema di controllo ed il numero, posizionamento e tipo di avversari.

Così come il numero di armi sia ragguardevole quanto inutile, in quanto si usano tutte allo stesso modo impedendo al giocatore di sentirsi in grado di avere la varietà percepibile in passato, adattandosi quindi alla poca scelta presente e puntando alla mera statistica piuttosto che alla tattica.

Molte boss fights risultano essere tediose, non adrenaliniche. Sono scontri di attrito in cui ripetere la stessa azione ogni volta che è presente una singola finestra di attacco risulta essere stancante e noioso, spesso perchè ottenere quella finestra è reso frustrante dal fatto che il moveset della creatura -che è quasi sempre un umanoide oversized con un’arma bianca, rendendosi stucchevole- è spesso ripetitivo e banale, rendendo difficile l’approfittarsi di quella chance solo dall’aggiunta di minion sul campo. In Dark Souls capitava di avere swarm di nemici, ma erano equilibrati rispetto a questo: indifesi, fragili, con poca forza offensiva, viceversa le creature pericolose erano da sole, temibili ma affrontabili da ciò che, dopotutto, sono i limiti del combat system dei tre Souls. In Dark Souls 2 spesso ci si trova davanti giganti protetti da arceri affiancati da soldati in corridoi stretti in un sistema di gioco che non è AFFATTO creato per gestire multipli avversari su altezze diverse, causando lo scontro ad esser più verso i controlli stessi che non ciò che si trova su schermo. Specialmente quando ogni singola creature perde ogni originalità di game design nel momento nel quale si scopre che hanno un tracking di movimento circolare nei confronti del giocatore che si interrompe sono nell’ultimo istante prima dell’impatto, ridicolizzando e rendendo incredibilmente tediosi e poco competitivi gli avversari più grandi e pesanti, ove in passato era proprio la loro dimensione a far capire la pericolosità ma, contemporaneamente, la loro incapacità di colpire con precisione. Questo porta al massacro dell’aggiunta statistica Agilità, visto che con un sistema di gioco così appiattito non si può transigere sulla possibilità di schivare, specialmente quando il parametro non comunica quanto e come stia avendo effetto su quell’azione, rendendo il gameplay sempre incerto fino al cap. Questo porta il giocatore a sentirsi preso in giro e, piuttosto che gettarsi in uno scontro all’ultimo sangue pieno di paura e skill preferisce incastrare l’intelligenza artificiale all’interno di porte o vicoli ciechi, superando un ennesimo fastidio e non una sfida.
Le sfide che si affrontano in Dark Souls 2 però han un’altra grave mancanza: non hai motivo di viverle. In Dark Souls conoscere Oscar è fondamentale ed infatti non è possibile ignorarlo: pone una profezia nelle nostre mani, e chiunque incontreremo nella nostra avventura ha un PROPRIO obiettivo e lo segue in modo autonomo da noi, avendo però sempre qualcosa di molto importante a che fare con il nostro protagonista. Si spostano da Firelink Shrine, impazziscono, crescono, si abbandonano, hanno una storia compiuta. In Dark Souls 2 sono manichini purtroppo inanimati, che non han motivo alcuno di esistere se non per il loro scopo di gameplay. In Majula un npc senza alcun perché ti specifica un ordine al quale non puoi contestare nulla, ma non hai sviluppato un motivo concreto per eseguirlo: l’introduzione ti pone in una posizione MOLTO precisa, mentre in realtà in Dark Souls avevi il diritto e la libertà di inventare da zero chi fossi prima e, quindi, fare scelte molto precise con i vari NPC fino al raggiungere un traguardo ed un finale DIVERSO. In Dark Souls 2 (il quale recensisco vanilla, escludendo l’operazione commerciale di quest’anno per rivendere un titolo definito completo più volte) non solo non hai nessuna scelta durante la storia che non sia la singola quest dei neo Patch-Lautrec (storyline interessante soprattutto perché l’unica ad avere un’influenza dal giocatore ma, comunque, troncata come le altre), ma hai un solo finale disponibile che abbona le proprie decisioni spirituali ad una linea di dialogo. Avrebbe persino potuto funzionare, ma non lo fa.

E non lo fa per mancanza di reale immersione, tra le altre cose. Il level design, il realismo geografico e topografico, il concetto di vedere e percepire un’ambientazione realistica, auto-giustificata dalla propria estetica, forma, connessione e coerenza sono stati punti FONDAMENTALI del successo di Dark Souls. In questo seguito ci sono zone legate tra loro che non han alcun significato logico, creando la distruzione di ogni suspension of disbelief nel giocatore che, quindi, si separa ed allontana dall’esperienza interattiva, uccidendone l’emozione. Così come la possibilità di prendere quasi ogni oggetto fin dal principio se si era abbastanza temerari rendeva l’opera rigiocabile ed appassionante, qui dover ripercorere il 30% del titolo solo per ottenere l’unico tizzone esistente è agghiacciante, ed è un sistema che, appunto, annienta la gioia di riviverlo.

Sono certo che FROM Software ed il director di Dark Souls 2 si sia sentita troppo legata al lavoro di Miyazaki sul precedente, impedendole di staccarsi da regole e dettami che aveva enormemente frainteso. Rimane un titolo più che godibile, il quale però verrà sempre ricordato come un passo falso che, incredibilmente, potrebbe risultare corretto proprio dal ritorno del director originale nel suo seguito spirituale Bloodborne. La community è preoccupata ma fiduciosa, perché per pazzesco che possa sembrare ai più giovani, la mano autoriale e manageriale di UN uomo può cambiare dal nero al bianco il risultato di un lavoro, esattamente come è un singolo uomo che gestisce il proprio canale Youtube.

Good

Gameplay aperto e pieno di personalizzazione
Storia a primo impatto emotiva, umana, spirituale e commovente
Multiplayer souls, pieno di fascino e interazione
Longevo e rigiocabile per certo una seconda volta
Ambientazione ed estetica evocative, con esterni immersivi ed affascinanti...

Bad

...Ma interni vuoti, come il resto tra l'altro, minato da un level design quasi pietoso
Storia punita da incoerenze e luoghi comuni, con assenza di dati e significati reali
Tante armi ed accessori, ma troppo simili fra loro, spesso identici
Molti oggetti hanno un'utilità discutibile
Inferiore al precedente in quasi ogni aspetto
7.6
"PRETTY GOOD"

Sviluppatore: FromSoftware
Distributore: Namco Bandai
Data di uscita: 14 marzo 2014
Genere: Action RPG
PEGI: 16
Piattaforme: Playstation 3, Xbox 360, Playstation 4, Xbox One, PC

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