La prima cosa che viene in mente quando si parla di Compile Heart, sia in Giappone che Occidente, non può che essere il fanservice. Negli ultimi anni, infatti, la compagnia si è fatta conoscere per prodotti di nicchia sì validi, ma spesso ignorati proprio per la presenza di fanservice a volte troppo invasivo. Come poter cambiare questo trend allora? La risposta è in uno dei titoli più recenti della software house: Death end re;Quest, uscito lo scorso 22 Febbraio in Europa su PlayStation 4 e che fin dai primi minuti di gioco dimostra di essere molto più di quello che sembra. Il perché lo scoprirete leggendo la nostra recensione.
La premessa narrativa di Death end re;Quest è quella tanto cara ai media giapponesi più recenti, il cosiddetto “isekai”, dove il protagonista di turno si ritrova in un altro mondo. Protagonisti del gioco sono Arata Mizunashi, sviluppatore di videogiochi che lavora per una piccola compagnia e Shina Ninomiya, collega di Arata che sparirà in circostanze misteriose un anno prima degli avvenimenti del gioco. È proprio intorno alla scomparsa della ragazza che ruotano le vicende iniziali, con Arata che scoprirà come Shina sia ancora viva ma intrappolata in World Odyssey (W.O.D), un RPG basato sulla realtà virtuale il cui sviluppo è stato cessato prima del completamento. Ma per quale motivo Shina è finita nel mondo di W.O.D? Quali misteri si celano dietro la sua scomparsa? A dover trovare le risposte, oltre che un modo di salvare l’amica, dovrà pensarci il giovane Arata, anche a costo della sua stessa vita.
Sostanzialmente la trama del gioco è vissuta da due punti di vista: quello di Arata nel mondo, sviluppato come le più classiche delle visual novel tra dialoghi e scelte da compiere, e Shina, con la ragazza che dovrà trovare il modo di arrivare alla fine del gioco e recuperare i ricordi perduti durante l’intero anno in cui si supponeva fosse scomparsa. La storia di Death end re;Quest è indubbiamente il punto di forza maggiore del titolo e l’alternanza mondo reale-videogiochi sarà fondamentale per arrivare fino in fondo al gioco a patto di evitare i numerosi bad end sparsi per il titolo. Come detto in precedenza, questo non è il tipico titolo al quale Compile Heart ci ha abituati e fin dalle prime battute assisteremo a scene alquanto brutali e violente che porteranno all’inevitabile schermata del game over; gli sceneggiatori non si sono risparmiati neanche per la trama principale tra rapimenti, omicidi e torture che contribuiscono a fare del gioco un titolo piuttosto maturo.
Death end re;Quest è un gioco piuttosto unico nel suo genere, non solo per la sua natura di RPG/Visual novel ma anche per la possibilità di cambiare la tipologia di gameplay durante gli scontri. Di norma il titolo è il classico RPG a turni, con un party composto da 3 personaggi di base e altri tre nelle retrovie pronti ad intervenire grazie al comando di cambio. Il giocatore ha la possibilità di muovere un personaggio liberamente per l’area dove si svolge il combattimento, per poi scegliere fino a tre tipologie di abilità da utilizzare. Queste abilità variano dal normalissimo attacco all’uso di item fino alle skill, ognuna delle quali consuma un certo numero di SP. Interessante il modo che gli sviluppatori hanno ideato per sbloccare nuove skill chiamato “Flash drive”, un sistema particolare che, utilizzando tre skill in un particolare ordine, permetterà lo sblocco di un abilità inedita e più potente. La particolarità dei combattimenti nel gioco sta nel fatto di poter letteralmente lanciare il nemico per il campo di battaglie, infliggendo così più danni e dare la possibilità agli altri membri del party di colpirlo con un attacco denominato “knockback”, che continuerà a far volare il nemico per l’area subendo danni aggiuntivi. Altro fattore di cui tener conto in battaglia sono i bug di W.O.D, presenti sul campo e che, se calpestati, possono infliggere bonus e malus a seconda della tipologia di bug. Questi ultimi però sono fondamentali per attivare la Glitch Mode, una particolare modalità in cui le ragazze si trasformano e ottengono un boost alle loro statistiche e permettono l’utilizzo delle glitch skill, ovvero i classici attacchi limite speciali in dotazioni ai personaggi. Eliminare i bug permette di utilizzare anche le abilità di Arata in battaglia: il Code Jack, che può modificare i bug sul campo in modo da ottenere benefici maggiori o malus minori a seconda della situazione, l’Install Genre, ovvero la meccanica di gameplay più interessante del gioco che permette di cambiare il genere da RPG ad altri 6 diversi quali Picchiaduro, FPS, Puzzle Game, Roulette, Platform e Biliardo. Infine, abbiamo le classiche Summon, funzioni che permettono di evocare in battaglia uno dei boss che abbiamo sconfitto in precedenza, ognuno con le sue caratteristiche e attacchi.
La possibilità di poter differenziare in questo modo gli scontri fa sì che il gioco non risulti mai troppo banale o monotono, merito anche di una difficoltà bilanciata discretamente con il livello di sfida che si alza man mano che si avanza con la trama, sebbene esista anche la possibilità di cambiare il livello di difficoltà in qualsiasi momento tramite le opzioni.
Death end re;Quest soffre dei soliti problemi comuni a tutti giochi di Compile Heart. A livello grafico si tratta di un prodotto piuttosto limitato, adatto più a una console come PS3 che PS4, dove animazioni leggermente legnose sono all’ordine del giorno durante le cutscene in 3D, meno visibili invece nelle battaglie dove è chiaro che si sono concentrati gli sforzi degli sviluppatori. Le ambientazioni, dal canto loro, sono sufficientemente dettagliate, ma peccano di varietà e tendono ad assomigliarsi un po’ tutte per come sono strutturate, ad esempio il Castello e il Tempio dell’acqua, due dungeon nei quali le stanze e i corridoio sono tutti uguali e portano una grande confusione durante l’esplorazione. Anche la colonna sonora non è delle migliori e non vi è alcun brano degno di nota, tant’è che questa risulta essere uno degli aspetti meno riusciti del titolo. Discorso diverso per la localizzazione, piuttosto fedele alla versione originale giapponese e che presenta un buon doppiaggio in inglese, cosa non semplice da realizzare vista la tipologia di certe scene presenti.
A conti fatti, nonostante qualche limite tecnico evidente, Death end re;Quest è con ogni probabilità uno dei migliori titoli realizzati da Compile Heart fino a oggi, se non addirittura il migliore. La trama incredibilmente matura per una produzione del genere e il suo gameplay particolare contribuiscono a rendere il gioco avvincente da vivere e divertente da giocare, ragion per cui è impossibile non consigliarne l’acquisto sia agli amanti dei JRPG sia a tutti coloro che cercano un prodotto capace di sorprendere il giocatore.
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