Ben ritrovati ragazzi in questa nuova recensione, e una delle ultime di questo 2024. Dragon Age: The Veilguard è stato un titolo molto discusso nell’ultimo periodo ed è arrivato il momento di dire anche la nostra a proposito della nuova fatica dei ragazzi di BioWare. Senza prenderci in giro, purtroppo non sorprende, non delude, ma lascia decisamente un gran amaro in bocca per quello che sarebbe potuto essere se fossero state fatte scelte diverse, soprattutto in ambito di coerenza, di trama e di gameplay, magari lasciando fuori il politically correct e seguendo un po’ di più i pillar di quest’opera…
Ambientato dopo gli eventi di Dragon Age: Inquisition del 2014, Dragon Age: The Veilguard ci mette nei panni di Rook, impegnato ad affrontare le conseguenze del fallito piano di Solas, il Dreadwolf. Dopo aver inavvertitamente liberato due divinità malvagie, Rook deve riunire una squadra per sconfiggerle e salvare il mondo dal Blight, una melma tossica e devastante che sta lentamente consumando ogni cosa.
Purtroppo, le missioni principali di Dragon Age: The Veilguard si rivelano un’esperienza altalenante, alternando scenari straordinari a frustranti momenti di stallo. Spesso ci ritroviamo a distruggere sfere di Blight o a spostare cubi scintillanti per aprire porte, seguendo percorsi ripetitivi. Ogni nuova area sembra proporre un enigma simile, riducendo il senso di scoperta a una sequenza meccanica. Anche i combattimenti soffrono di una certa monotonia, con soli tre o quattro tipi di nemici ricorrenti. Sebbene le battaglie possano risultare divertenti, il tempo necessario per abbattere i nemici, spesso dotati di troppa salute, finisce per mettere alla prova la nostra pazienza più che le nostre abilità. Fortunatamente, le combinazioni tra le abilità dei compagni aggiungono un tocco strategico: per esempio, è possibile attivare un’esplosione usando un effetto di necrosi combinato con un attacco di fuoco di un alleato.
Dal punto di vista del design, Dragon Age: The Veilguard abbandona l’open-world tradizionale per un approccio simile a God of War Ragnarök. Questo significa che ci muoviamo da una città all’altra attraverso il Crocevia, un passaggio dimensionale che semplifica gli spostamenti. Sebbene questa scelta riduca i tempi morti negli spostamenti, il mondo risulta frammentato e privo di una coesione organica. Ci siamo spesso trovati a perdere il senso dell’orientamento rispetto alla nostra posizione generale. Questa frammentazione si riflette anche nell’alternanza tra le aree di combattimento e quelle esplorative. Le città, pur essendo ben dettagliate, mancano di interattività e vitalità. Per esempio, a Docktown, una delle città principali, i nemici riappaiono sempre nello stesso punto, ignorati dai PNG vicini che restano immobili, indifferenti al caos circostante. Questa mancanza di reattività, già problematica in Mass Effect 15 anni fa, è sorprendentemente ancora presente e, se già allora era difficile da digerire, oggi non è più tollerabile.
Nonostante queste criticità, il comparto visivo di Dragon Age: The Veilguard riesce a brillare. Il creatore di personaggi è uno dei migliori mai visti in un gioco di ruolo, permettendo di creare avatar perfettamente integrati nelle cutscene. Inoltre, il lato sociale del gioco offre ciò che ci aspettiamo da BioWare: relazioni profonde e un cast memorabile [non sempre per i motivi giusti però N.d.R.]. Ogni compagno è caratterizzato in modo unico, con obiettivi, origini e personalità che li rendono credibili e coinvolgenti. Le missioni personali dei compagni offrono un cambio di ritmo e una finestra su una versione migliore del gioco che sarebbe potuta esistere. Purtroppo, però, queste perle sono offuscate da un gameplay obsoleto e una scrittura che per la maggior parte del tempo vi fa sentire a disagio per una discordanza tra la gravità degli eventi che stanno accadendo e come sono scritti i personaggi e le loro reazioni, e questo è un peccato mortale perché in un altro contesto o amalgamati meglio non avrebbero causato così tanto fastidio e stridore. Dragon Age: The Veilguard è un’esperienza che difficilmente delude completamente, ma che altrettanto raramente sorprende.
In definitiva, Dragon Age: The Veilguard dà l’impressione di un BioWare che gioca sul sicuro. Nonostante l’eccellente cast [potenziale N.d.R.] e le relazioni interpersonali, il gameplay e il design si rivelano datati e incapaci di innovare. Sebbene alcuni momenti mostrino il potenziale del titolo, il risultato finale rimane al di sotto delle aspettative, lasciandoci sperare in un futuro più audace per la saga o in tremenda e atavica preoccupazione per prossimo Mass Effect.
Il codice ci è stato fornito dal publisher per PC.
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