In Giappone è il gioco che tutti vogliono, grandi, piccoli, uomini, donne, politici e magari anche la dinastia imperiale. È Dragon Quest, il jrpg per eccellenza in patria, che oscura qualsiasi altro gioco e serie esistente, anche interna a Square come Final Fantasy. L’uscita di un nuovo capitolo in Giappone è vista come una nuova discesa di Cristo per i religiosi (e no, non sto esagerando affatto, fidatevi), tant’è che anche se gli sviluppatori non dovessero mostrare nulla sul gioco fino al lancio, questo venderebbe comunque milioni di copie in poche ore. Al contrario di Final Fantasy, molto più orientato al pubblico occidentale (di fatto molto più popolare qui che in patria) e che negli anni ha visto continui cambiamenti, a volte in meglio e altre decisamente in peggio, Dragon Quest è sempre rimasto fedele alle sue radici, con la storia del classico eroe prescelto che dovrà affrontare il Signore Oscuro di turno e salvare il mondo. Questa trama di base non è mai cambiata in oltre 30 anni e lo abbiamo visto anche in Dragon Quest XI, uscito nel 2017 in Giappone e un anno dopo in Occidente, e che solo un anno dopo ha ricevuto una versione ampliata su Nintendo Switch, Dragon Quest XI S: Echi di un’ Era Perduta Edizione Definitiva. Inizialmente si era pensato che questa versione fosse un’esclusiva Switch, ma a sorpresa Square ha annunciato un porting per PS4, PC e Xbox One (con quest’ultima che segna l’arrivo della serie sulla console americana per la prima volta) proprio durante un evento di Microsoft. Uscito lo scorso 4 dicembre, è tempo di vedere se il gioco è davvero l’edizione definitiva di quello che è uno degli ultimi grandi jrpg della ormai vecchia generazione di console.
La storia di Dragon Quest XI S è la stessa che abbiamo vissuto nel gioco originale. Il giorno del suo diciottesimo compleanno, il nostro protagonista scoprirà di essere la reincarnazione del Lucente, l’eroe della Luce che è destinato a combattere contro il Signore dell’Oscurità e liberare il mondo di Erdrea dal male. Fatta questa scoperta, il nostro eroe partirà per il Regno di Hellador, dove dovrà incontrare il Re come richiesto da una lettera del suo defunto nonno. Una volta incontrato Re Carnelio però, il nostro eroe finirà in prigione, perché l’arrivo del Lucente è considerato presagio di sventura in quanto non può esistere un Lucente senza che l’Oscuro sia tornato anch’esso. Dopo una fuga rocambolesca dalle prigioni insieme ad Erik, il protagonista si imbatterà prima nelle sorelle Veronica e Serena, figlie di Alboria col compito di seguire e proteggere il Lucente, poi in Sylvian e infine in Rab e Jade. Il gruppo inizierà così il viaggio verso l’Albero della Vita, Ygdrasil, per scoprire come sconfiggere l’Oscuro.
Se dal punto di vista della trama principale tutto resta invariato, in questa nuova versione abbiamo nuovi contenuti che approfondiscono meglio il cast grazie a storie secondarie e nuovi eventi e addirittura la possibilità di sposare i membri del gruppo, sia quelli femminili che maschili, sebbene in quest’ultimo caso si parla di convivenza piuttosto che di matrimonio, scelta fatta probabilmente per non far storcere il naso al pubblico giapponese che non è molto aperto sull’argomento omosessualità.
Tra cose già viste e novità, quella di Dragon Quest XI è una storia molto classica, per certi punti di vista anche troppo forse, ma questo fa parte del fascino di una serie immortale che dura da ben tre decenni e che raramente ha deluso pubblico e critica.
Cosa cambia a livello di gioco…giocato? A dire il vero poco o nulla. Dragon Quest XI S è pressoché identico alla versione originale dal punto di vista del gameplay, con battaglie rigorosamente a turni da vivere con inquadratura classica, ideale per assistere in modo spettacolare ad attacchi e magie, o inquadratura libera, che vede il giocatore muovere il personaggio liberamente durante il suo turno nell’area dello scontro; va precisato che questa opzione non influisce in alcun modo sulle battaglie. Ogni personaggio può equipaggiare diverse armi, solitamente due tipi, e ha un albero delle skill che sblocca nuova abilità con i punti accumulati quando si sale di livello. Man mano che sbloccheremo più abilità, il nostro personaggio diventerà sempre più forte e versatile, ma siamo sempre liberi di scegliere come farlo progredire, spendendo punti su magie e abilità per un singola arma piuttosto che distribuire punti su qualsiasi cosa. È comunque consigliato avere un gruppo bilanciato e sempre al livello giusto, anche a costo di passare giornate a “farmare” punti esperienza e soldi, perché Dragon Quest è un gioco che si basa tantissimo sul livello dei personaggi e il loro equipaggiamento, con la difficoltà che aumenta col progredire del gioco e che rende necessario rinnovare sempre il proprio inventario e diventare sempre più forti per vincere le battaglie, proprio come i jrpg di una volta.
Come sempre non mancano le tante subquest, spesso limitate al consegnare un oggetto al NPC di turno, ma che danno ricompense utili come materiali per la forgia da viaggio e numerosi luoghi segreti da scoprire.
Tra le poche novità di questa edizione definitiva abbiamo nuove cavalcature con le quali esplorare il mondo di gioco, la Photo Mode, ormai un must in quasi tutti i giochi, il doppiaggio giapponese e la possibilità di passare dalla colonna sonora classica a quella orchestrale, la possibilità di accedere alla forgia in qualsiasi momento e non solo presso le statue di salvataggio, la modalità 2D, che permette di giocare il gioco come se fosse un titolo per NES, e che altri non è che la versione per Nintendo 3DS mai arrivata in Occidente, e, per finire, i membri del party attuale seguiranno il nostro eroe in giro per le mappe e saranno visibili su schermo, cosa che non era presente nel gioco originale.
Insomma, cose piccole, ma che che unite ad una serie di miglioramenti nel bilanciamento del gioco generale, lo rendono un’esperienza fresca, anche per chi ha già giocato il gioco originale.
Dragon Quest XI S è davvero l’edizione “suprema” del gioco? In teoria sì. La presenza del doppiaggio giapponese, nuovi contenuti sia a livello di storia che eventi secondari o semplici aggiustamenti rispetto al gioco originale lo rendono decisamente l’edizione da avere. Sfortunatamente tutto questo è in parte rovinato dalla natura tecnica del gioco stesso, ovvero un semplice porting da Nintendo Switch con tutte le limitazioni del caso, a partire da un comparto grafico che può andare bene su una console portatile, ma che su console come PS4 Pro (dove ho testato il gioco) e Xbox One, nonché PC, è un enorme passo indietro rispetto al gioco originale, tra texture scialbe e in generale ambienti molto meno dettagliati. Un peccato anche considerando il fatto che il gioco sia uscito un mesetto dopo l’arrivo di PS5 e Xbox Series X|S, con Square che avrebbe potuto approfittare della cosa per offrire una grafica non necessariamente all’altezza della next gen, ma che su queste console avrebbe fatto la sua figura, cosa che la versione originale fa in effetti. Resta brutta la colonna sonora, ma a questo giro è più sopportabile da ascoltare perché presente in versione orchestrale, mentre per quanto riguarda la traduzione, è praticamente la stessa del gioco visto nel 2018; un bene vista la qualità della localizzazione, ma al tempo stesso un male perché essendo basata su dialoghi e testi inglesi, se giocato con audio giapponese ci saranno parecchie divergenze tra testo e parlato.
In sostanza, quello che sento di dire è che se siete in possesso del gioco “base”, questa Definitive Edition non è un acquisto obbligato, ma se non avete avuto modo di vivere le avventure del Lucente, o siete giocatori Xbox, allora non dovete lasciarvi perdere questa occasione, complice anche il prezzo del gioco relativamente contenuto
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