Nell’anno del lancio generazionale c’è chi si sta prodigando per tirare fuori sempre novità, dando uno sguardo al passato, ma senza approfondire più di tanto. Poi c’è Nintendo, che nel 2021 vuole far riscoprire alle persone le visual novel e quanto belle possano essere. The Great Ace Attorney farà il suo debutto a luglio (e di questo parleremo più avanti), e Switch stessa è una console su cui le visual novel hanno fatto furore grazie al proliferare di produzioni di case secondarie – per la grande massa – che ha deciso di investire sull’ibrida Nintendo. Tra questi giochi c’è proprio Famicon Detective Club, il gioco che andremo ad analizzare oggi, il quale cambia veste ma non stile, riportandoci con la memoria ad anni fa, quando i punta e clicca andavano per la maggiore e riuscivano ad attirare la maggior parte del pubblico. Quindi oggi, cara Tribù, vedremo se questo Famicom Detective Club è riuscito nella sua operazione nostalgia o se è stato un buco nell’acqua.
Famicom Detective Club è un gioco composto essenzialmente da due capitoli: The Girl Who Stands Behind e The Missing Heir. Questi sono liberamente scambiabili in quanto non ci sono particolari dettagli o riferimenti tra di loro, ma solamente un sottile collegamento che diventa esplicito verso la fine, in quanto The Missing Heir, seppur sia – teoricamente – il secondo gioco, è in realtà avvenuto nel passato rispetto a The Girl Who Stands Behind. Non parleremo dettagliatamente delle due trame dato che si tratta di giochi che si basano essenzialmente su quelle, ma possiamo darvi delle piccole nozioni base.
The Girl Who Stands Behind ci vede nei panni del nostro detective (lo potremo nominare come vogliamo) che dovrà risolvere un complicato caso di omicidio che coinvolge una liceale. Un caso all’inizio apparentemente molto semplice, ma che poi inizia a complicarsi fino a raggiungere un delicato punto per poi esplodere totalmente, tra voci di eventi soprannaturali e colpi di scena che – seppur prevedibili – non deluderanno.
The Missing Heir, invece, è ambientato dopo queste vicende e dovremo riscoprire la storia del nostro detective, in quanto si risveglierà ai piedi di una scogliera, praticamente senza sapere nulla su sé stesso. Il suo obiettivo, oltre a ritrovare i frammenti della sua memoria, sarà anche quello di risolvere un complicato caso: una serie di omicidi alla ricerca dell’erede perduto di una famiglia aristocratica.
Entrambi i giochi sono stati rifatti completamente a livello grafico, scegliendo uno stile molto giovane, focalizzandosi sul disegno stile anime con poche animazioni, ma scelte abbastanza bene. Di questo parleremo più avanti, ma è importante notare come si riesca ad amalgamare perfettamente con il gameplay e anche dopo trent’anni anni i due titoli siano attuali e freschi come se fossero usciti solamente pochi anni fa. A livello di trama, infatti, seppur si parli di cose che per gli amanti dei gialli e di polizieschi siano abbastanza scontate, non si scade mai nel banale e le circa venti ore necessarie per completarli entrambi vengono godute a pieno senza mai mezza esitazione.
Possiamo dire che la parte migliore di questo duo di titoli sia il lavoro fatto da Mages per dar loro una nuova linfa vitale. Il genere, infatti, è stato spesso bistrattato perché poco user-friendly e di scarso impatto, se non per una piccola schiera di giocatori, tanto che spesso ci si è dovuti impegnare per renderlo sempre più interattivo come dimostra la serie Ace Attorney o Danganronpa. Famicom Detective Club, invece, pur rimanendo old style per quanto riguarda quei pochi elementi di gameplay, ha uno stile che strizza molto l’occhio a produzioni più moderne grazie a una grafica lavorata e animata, aiutando così i giocatori a immaginare meglio la situazione che si sta vivendo. Il tutto contornato da una splendida colonna sonora, che sarà reimpostabile con possibilità di avere anche quella passata, e un doppiaggio giapponese di altissimo livello. Quello che può risultare pesante, però, è il puro lato ludico: trattandosi di una visual novel vecchio stile, infatti, non ci saranno grandi interazioni con il mondo di gioco al di fuori dei classici esaminare l’ambiente, parlare con le persone e spostarsi di luogo in luogo mantenendo quella necessità di eseguire determinati passi e riprendere spesso determinati argomenti in modo da proseguire con la trama. Ci siamo ritrovati più volte a dover ripercorrere i nostri passi parlando con chiunque per sbloccare nuovi dialoghi o analizzare delle prove senza che ci fosse alcuna indicazione a schermo a mostrarci come un dialogo fosse stato sbloccato. Lo stile è sicuramente quello passato, ma forse c’era anche da ritoccare questo passaggio per evitare lunghe e tediose sessioni di backtracking alla scoperta di quella minuscola linea di dialogo mai esaminata. Sempre a questo proposito, è da segnalare quello che per molti potrebbe essere un grandissimo difetto: la mancanza della localizzazione in italiano. C’è da dire che essendo un prodotto Nintendo ci saremmo aspettati i testi nella nostra lingua e [seppur personalmente non sia un grande problema N.d.H.] potrebbe essere un grande ostacolo per molti che avrebbero voluto provarlo.
In definitiva, consigliamo Famicom Detective Club? Assolutamente sì, gli amanti delle visual novel classiche dovrebbero necessariamente acquistarlo e farsi un viaggio con il nostro giovane detective, perché la storia e i suoi risvolti potrebbero riservare delle fantastiche sorprese. Purtroppo manca una localizzazione italiana che poteva allargare sicuramente la platea di quelli interessati alla produzione, ma c’è da dire che si tratta di un inglese molto semplice, pertanto potrebbe non essere una grandissima difficoltà. A livello di “remaster” il lavoro fatto da Mages è stato enorme ed è un piacere vedere questi disegni prendere vita con uno stile molto giovanile, le animazioni danno quel tocco finale in più in grado di sorprendere positivamente chiunque.
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