Pongiornissimo Hiya papaya, amici della Tribù! Ben ritrovati in questa nuova recensione, coincidenzialmente di nuovo a base di draghi… ma non solo!
Il titolo di cui andremo a parlare oggi non è altro che l’ultima fatica di Intelligent Systems, creatori dell’ormai ultra-trentennale saga di Fire Emblem. Ho avuto il piacere di giocare al capitolo più recente di questa serie videoludica nell’ultimo mese, dedicando quasi 90 ore alla campagna principale del gioco e a molti degli altri suoi aspetti di contorno.
Dunque, senza esitazione, uniamoci e andiamo a scoprire cosa ha da offrire Fire Emblem Engage!
In Fire Emblem Engage, noi giocatori, nei panni del cosiddetto Drago Divino [il cui nome standard è Alear N.d.R.], ci ritroviamo catapultati in un mondo fantastico, più precisamente sul continente di Elyos. In questa magica terra protetta dai membri della nostra stirpe, mille anni or sono è stata combattuta una tremenda guerra contro un malvagio nemico noto come Drago Maligno, Sombron. Il conflitto è stato vinto e il nemico imprigionato, mentre noi abbiamo dormito per tutto questo tempo e ci siamo risvegliati da poco in un’isola fluttuante, chiamata Somniel. L’isola in questione, situata sopra la sacra nazione di Lythos, si trova al centro del continente, che è composto poi da una grande terra a forma di anello [ammetto che mi ci è voluto un po’ troppo per capire il motivo di questa forma N.d.R.] divisa in quattro regni, ovvero:
Senza entrare troppo nella trama [che il marketing di Nintendo e lo stesso gioco non si preoccupano di tenere eccessivamente un mistero nelle sue prime battute N.d.R.], basti sapere che, adesso che ci siamo destati dal nostro lungo sonno, ci toccherà compiere una cruciale missione per scongiurare il ritorno di Sombron. Starà infatti ad Alear, unico figlio dell’attuale regina dei draghi Lumera, viaggiare alla ricerca di artefatti estremamente potenti, ovvero gli anelli dell’emblema: in questi oggetti magici risiedono spiriti di eroi provenienti da altri mondi. Si dice che essi siano in grado di rivelare un grande potere per concederlo a chi sarà in grado di riunirli tutti e che siano stati infatti utilizzati per vincere la guerra di mille anni fa.
Ciascuno di questi anelli è dunque associato a un emblema diverso [vediamo chi è abbastanza bravo da riconoscerli tutti senza il nome dell’eroe N.d.R.] e in tutto ne vengono custoditi dodici in Elyos:
Ma a parte tutto ciò, di che cosa parla veramente questo Fire Emblem? La storia del titolo parla di promesse, parla di eredità, ma, senz’ombra di dubbio, parla soprattutto di legami. Legami tra singoli individui, sia di cuore che di sangue, e legami col passato della serie stessa. La cosa magica del titolo è la capacità di fare tutto questo senza prendersi eccessivamente sul serio: ciò che più si avvicina allo svolgimento narrativo di Engage è l’intreccio di un anime shonen [e c’è pure la opening N.d.R.], quindi un prodotto estremamente giapponese, sia nei pro che nei contro.
Abbiamo i classici richiami alla forza dell’amicizia e al non arrendersi mai e alcuni potrebbero sostenere che “qui i buoni fanno cose da buoni mentre i cattivi fanno cose da cattivi”... e non avrebbero tutti i torti [anche se gli sgherri di Sombron finiscono per essere ben più profondi di ciò che sembra N.d.R.]! Il titolo però non cerca di far credere a chi lo sta giocando di essere ciò che non è, non risulta pretenzioso né forzato, ma al massimo un po’ imbarazzante, in modo tale da sorprendere quando è il momento di emozionare davvero. Molti potrebbero storcere il naso alla messa in scena di una trama decisamente più “banale” [che però sa colpire nei momenti giusti N.d.R.] e lineare di altre viste più di recente, ma Fire Emblem Engage riesce a rendere quella che potrebbe essere una debolezza parte della sua stessa forza.
Andando di pari passo con la stroria, i personaggi del titolo risultano sopra le righe, anche stereotipati a volte, ma sono al contempo sinceri e si sposano bene con ciò che gli sviluppatori volevano raccontare. Di primo acchito i membri dell’armata del Drago Divino si mostrano mono-dimensionali, ma è spesso solo una facciata. Non tutti hanno lo stesso tempo a schermo [quello è giustamente riservato ad Alear e ai figli dei regnanti N.d.R.], ma tra principesse vestite come bomboniere, attendenti la cui vera passione non è la spada (ma bensì la penna o la padella) e ladre che parlano in maniera improbabile, tutto il cast ha qualcosa da offrire.
Riteniamo poi che un plauso speciale vada riservato alla scrittura del(la) avatar, che vive una vera e propria crescita ed evoluzione durante la storia, partendo da tipico protagonista amnesico fino ad andare poi a ricoprire in modo egregio il ruolo affidatogli. Non vediamo l’ora di scoprire cosa riserverà ad Alear l’avventura in arrivo nell’ultimo pacchetto di DLC!
Senza prendere in esame le singole conversazioni di sostegno tra i diversi personaggi, tanto mondane quanto in grado di strappare più di una risata allo spettatore [mi è successo raramente di ridere così di gusto per certi dialoghi N.d.R.], i momenti di quiete tra una battaglia e l’altra sono quelli in cui le unità, piuttosto che semplici pedine, risultano vive.
Al contrario di altri titoli più recenti della saga, il comparto alla dating sim di Fire Emblem Engage non è così accentuato, ma fare in modo che i vari personaggi sviluppino rapporti sempre migliori resta comunque un aspetto fondamentale del gioco. È sempre questa infatti la meccanica che permette ai giocatori di ottenere preziosi bonus in battaglia e, soprattutto [a mio avviso N.d.R.], scoprire le storie dei singoli individui che compongono la propria armata. Non abbassate la guardia, però, e rimanete pronti a godere di ottime interazioni anche nelle battaglie, quando meno ce lo si aspetta.
La preoccupazione che si potrebbe avere [e so che è successo a tanti, me compreso N.d.R.] è il pensare che, in un titolo pieno zeppo di personaggi provenienti da tutti i capitoli precedenti della saga, i protagonisti della nuova storia sarebbero stati messi a fare la parte di pallidi comprimari al puro fanservice. Beh, possiamo assicurarvi che tutto ciò non è per nulla vero e, anzi, il gioco gestisce in modo eccellente la presenza di figure importanti e note agli appassionati della serie. Ad accezione di due emblemi in particolare [con ruoli precisi e ben caratterizzati N.d.R.], infatti, la maggior parte degli spiriti dei protagonisti dei giochi passati ha sì il proprio spazio nel titolo, senza però risultare ingombrante.
Un ottimo modo per omaggiare il franchise, chiaro obiettivo del titolo, che non rinuncia alle peculiarità di ciascuno dei vecchi protagonisti senza spodestare le vere “star” di questa nuova storia. Forse, addirittura, le conversazioni di legame tra un’unità e un emblema risultano troppo corte, rispetto alle loro controparti tra due unità.
Quindi, abbiamo parlato molto di storia e personaggi, ma è tempo di dedicarsi alla portata principale: il gameplay di questo Fire Emblem! Iniziamo dicendo che i ragazzi di Intelligent Systems hanno compiuto le scelte vincenti per rendere la formula della saga solida come lo è sempre stata rinnovandola al tempo stesso. Giocatori vecchi e nuovi hanno a disposizione tutte le opzioni del caso per plasmare il tipo di esperienza che più preferiscono, senza rinunciare alle sfide [e specifico che io ho affrontato l’avventura al livello di difficoltà normale in modalità principiante, dunque senza permadeath N.d.R.]. Il loop di gioco risulta perciò rifinito, curato e incredibilmente profondo, rendendo impossibile l’annoiarsi. Alternando le ardue sfide dei molti livelli disponibili con attività secondarie spesso semplici, Engage finisce per essere magnetico, a dir poco.
Vediamo però di andare per ordine ed analizzare le due macro-componenti del titolo.
Per far comprendere con semplicità [e per evitare di scrivere un romanzo N.d.R.] come questo titolo riesca nel creare un gameplay di prim’ordine, basta analizzare come sia stata data nuova linfa a un vecchio caposaldo della serie, il triangolo delle armi, senza alterare tutto ciò che caratterizza la saga. Per rendere infatti questa forma di sasso-carta-forbici rilevante è stato creato un effetto del tutto nuovo, chiamato breccia. Infliggere questo stato a un’unità su cui si ha vantaggio le impedirà di poter contrattaccare nello scontro successivo, aprendo una quantità di opzioni strategiche senza precedenti. Un’aggiunta talmente ben pensata che sembra esserci stata da sempre, sin dal primo capitolo.
Ci sarebbero altre cose da dire sulle aggiunte "minori" a livello di gameplay, ma è necessario guizzare con velocità a parlare degli emblemi, la vera gimmick di questo capitolo. Sincronizzazione e unione [ovvero i due stati che legano un’unità a un emblema N.d.R.], con le loro abilità, armi e attacchi unici, permettono una flessibilità senza precedenti. Al contrario delle classi canoniche, ogni personaggio può utilizzare qualunque emblema si preferisca, ottenendo spesso anche parametri extra in base alla tipologia di appartenenza. Si vanno così a creare una miriade di opzioni strategiche, che vanno solo ad aumentare quando si sviluppa l’intesa cogli eroi del passato, che concedono bonus maggiori o del tutto nuovi.
E se si pensa che questa cosa possa andare a rompere il bilanciamento di gioco vi possiamo tranquillizzare: anche i vostri nemici avranno accesso agli anelli nel corso della storia, facendo spesso capire le potenzialità e la pericolosità degli emblemi che vengono usati a dovere.
FE non è però solo battaglie tattiche a turni, ed è qui che entra in scena il luogo in cui Alear si risveglia, il già citato Somniel. Abitato da tempo immemore da un cane azzurro e bianco che sembra più una [adorabile N.d.R.] patata, questo luogo diventerà nelle prime battute della storia la nostra base operativa. Sarà qui infatti che i nostri alleati verranno ad alloggiare mano a mano che saranno da noi reclutati e dove il nostro avatar potrà svolgere una pletora di attività diverse.
Passando per l’arena, dove unità ed emblemi possono allenarsi tra di loro, la mensa e la palestra [e tre piccole attività aggiunte tramite l’ultimo aggiornamento gratuito N.d.R.], ottime per far crescere il livello di sostegno e guadagnare bonus ai parametri, e la sala degli emblemi, luogo in cui si possono potenziare ed ereditare le abilità degli eroi leggendari, più la storia procederà più questo angolo di mondo avrà da offrire. A ogni fine capitolo ci si sentirà attirati dal Somniel come se fosse una calamita, sia per staccare semplicemente la spina che per vedere cosa in esso potrebbe esserci di nuovo. E, nel caso non si fosse tipi da stare troppo con le mani in mano, un’area apposita di quest’isola potrà offrire varie sfide aggiuntive, sia online che offline, ottime per ottenere oggetti e sfidare inoltre i propri amici in una modalità apposita.
Passando a un’analisi più strutturale del titolo, Fire Emblem Engage ha una direzione artistica veramente peculiare, che quasi risulta per certi versi esagerata. Con uno stile grafico in cel-shading super-saturato i personaggi, a cominciare dal protagonista (e dai suoi capelli bicolore), bucano spesso lo schermo, sfociando anche nell’overdesign. Non tutto è reso allo stesso livello e con la medesima qualità, ma in generale è bello pensare che sia stata presa questa direzione anche per allontanarsi da un ambiente esclusivamente medievale-fantastico per sfociare a volte nell’onirico [che si lega perfettamente con alcune tematiche della storia N.d.R.] o addirittura nel “moderno” [però le tute da ginnastica forse sono un po’ troppo, ecco N.d.R.].
In generale il gioco è visivamente molto curato e in particolare durante le battaglie i personaggi danno sfoggio del meglio di loro, con animazioni incredibili e dinamiche.
Inutile girare attorno al triste fatto che, però, anche Engage abbia delle pecche e che, per alcuni più di altri, esse rischino di castrare un minimo l’esperienza: il lato tecnico del titolo risulta purtroppo un po’ datato. Nel corso di tutte le nostre ore di gioco non abbiamo incontrato alcun problema di sorta, ma al contempo si sente che, su quel fronte, manca qualcosa. Un’animazione meno legnosa [in generale comunque un passo avanti rispetto a quelle di Three Houses N.d.R.] durante un dialogo, un’opzione di ricerca in più nel menu dell’inventario o un’interfaccia utente con qualche dettaglio aggiuntivo non avrebbero guastato, ma avrebbero al contrario migliorato un’esperienza già di per sé molto buona. Pur non essendo una saga famosa per il suo lato tecnico eccelso, è giusto sottolineare come si sarebbe potuto fare di più e curare qualche particolare con maggiore attenzione.
Una nota [è il caso di dirlo N.d.R.] di merito va, per concludere, al reparto sonoro del gioco. Le musiche di Engage contribuiscono sapientemente alla sua atmosfera sin dalla sigla di apertura, pur mancando magari di quel guizzo che riesce a trasformare un’ottima soundtrack in un capolavoro. Sicuramente il tema principale del titolo (riarrangiato abilmente in diversi modi) e il tema di battaglia del Solm sono i due fiori all’occhiello. Ovviamente anche il tema classico della saga viene qui riproposto… e fa sempre la sua splendida figura.
Come le musiche, il doppiaggio del titolo è veramente ben fatto [e l’eccellente lip-sync riesce anche un po’ a redimere il lato tecnico N.d.R.]. La cosa che lascia perplessi è perlopiù la discrepanza tra l’adattamento italiano e quello inglese, i quali spesso vanno ad esprimere concetti con sfumature differenti o addirittura frasi ben diverse. Siamo a conoscenza delle polemiche che sono circolate soprattutto in America [e te pareva N.d.R.] riguardo alla possibile censura di determinati dialoghi nel titolo, ma onestamente non siamo qui per commentare certe scelte. Diciamo che sarebbe però alquanto affascinante scoprire, confrontando col testo in giapponese, quale delle due versioni si è mantenuta più fedele al testo originale…
Ci sarebbero veramente tante altre cose da dire su Fire Emblem Engage [e tante ancora penso di averne da scoprire io stesso N.d.R.], ma crediamo che ora tocchi a voi lasciarvi prendere la mano da questa magica avventura, pronti a esplorare Elyos e conoscerne i molti personaggi. L’encomiabile lavoro di Intelligent Systems non è perfetto, ma sprizza passione e amore per la sua stessa creatura da ogni singolo pixel, riuscendo a rendere in maniera egregia quello che a occhi distratti può sembrare un prodotto che si basa unicamente sull’effetto nostalgia. Per certi versi, questo titolo ha più di un punto di contatto anche col capitolo mobile della saga, Fire Emblem Heroes [e lo dico nella miglior accezione possibile N.d.R.].
Con un gameplay di una solidità che risulta spiazzante, riuscendo a rivaleggiare coi capitoli più celebri della saga, Engage è davvero in grado di affascinare nuove leve tanto quanto può far sentire a casa i fan di vecchia data. Non possiamo che consigliarvi di tendere la mano al Drago Divino e alla sua colorata armata di squinternati; che siate dei maestri degli strategici o giocatori alle prime armi avrete pane per i vostri denti per moltissime ore, garantito. Ora andate, e ricordate sempre: forte nel corpo, forte nel cuore!
P.S.: Un bacio grande a chi mi ha supportato e sopportato nel corso della lunga strada in direzione di questa recensione. Vi voglio bene.
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