“Spazio: ultima frontiera. Questi sono i viaggi della nave stellare Javelin. La sua missione è quella di esplorare strani nuovi mondi alla ricerca di nuovi pianeti abitabili e arrivare coraggiosamente là dove nessuno è mai giunto prima…forse’!”
Ok, dopo aver storpiato una delle citazioni più famose della TV e del cinema (chiedo venia), arriva il momento di parlavi di un titolo indie a tema, Journey to The Savage Planet, un gioco in prima persona sviluppato da Typhoon Studios e uscito di recente su PS4, Xbox One e PC. Se però vi aspettate il classico FPS a tema sci-fi in cui il protagonista di turno affronta alieni malvagi, vi sbagliate di grosso.
Journey to the Savage Planet ci fa vestire i panni di un dipendente della Kindred Aerospace, compagnia che vanta di essere la quarta aerospaziale al mondo, il cui presidente, l’alquanto strano Martin Tweed, ci affida l’incarico di esplorare il pianeta AR-Y 26 allo scopo di capire se questo mondo possa essere colonizzato dagli esseri umani. Fin qui tutto normale, ma Journey to the Savage Planet è un titolo che non si prende sul serio e a breve anche voi lettori inizierete a capire il perché. Il giocatore viene mandato su AR-Y 26 con il carburante necessario solo per il viaggio di andata, senza un equipaggiamento adatto e senza risorse per vivere sul pianeta troppo a lungo, ma “ehi, puoi andare in giro per il pianeta alla ricerca di tutto quello di cui hai bisogno e usare la stampante 3D per gli oggetti di prima necessità”. Già da questa frase si capisce che qualcosa non va (in senso assolutamente buono, sia chiaro N.d.R.) . Il gioco non fa altro che prendere in giro gli stereotipi del genere, tra alieni con fattezze assurde, come gli uccelli palla che potrete prendere a calci come fossero dei palloni da calcio o schiaffeggiare allegramente, e il giocatore stesso, con l’esempio migliore quando si muore varie volte, con la nostra guida che ci dirà che il nostro corpo è andato perduto, ma siamo stati clonati e quindi nessun problema, tutto come prima. A questo si aggiungono gli spassosi spot pubblicitari nella TV a bordo della Javelin e le assurde mail che possiamo trovare nella nostra posta. Insomma, nel gioco si ride di gusto e la cosa più bella è che questi elementi ironici sono così ben distribuiti che non risultano né fuori luogo né noiosi; certo, non mancano momenti leggermente più seri, in quanto il pianeta offre anche una fauna più pericolosa, ma ripeto nuovamente che tutta l’atmosfera che circonda il gioco è da prendere alla leggera.
Il gioco mischia sapientemente tre generi diversi quali RPG, Sparatutto in prima persona e Avventura che, messi insieme, funzionano benissimo; merito di Typhoon Studios, talentuoso team che non a caso è stato fondato da ex membri di case blasonate come EA, Ubisoft e Warner Bros. Games Montreal, ma andiamo con ordine.
L’obiettivo del gioco è chiaramente verificare se il pianeta è abitale, ma al tempo stesso dobbiamo anche trovare il modo di riparare la Javelin e una fonte che faccia da carburante, indispensabile per poter tornare a casa sulla Terra. La particolarità del gioco è che ci regala una grande libertà in termini scelta, in quanto saremo liberissimi di trovare il carburante e lasciare subito il pianeta, oppure decidere di esplorarlo in lungo e in largo e scoprire i numerosi segreti che il luogo nasconde, segreti che rivelano che non è la prima volta che l’uomo ha tentato di esplorare AR-Y 26, ma fino ad ora tutte le spedizioni sono fallite. Ad aiutarci nel nostro compito c’è la stampante 3D che, a patto di avere il numero di risorse necessarie, reperibili in lungo e in largo per il mondo di gioco, permette la creazioni di utensili, equipaggiamenti e una comoda pistola, tutti oggetti indispensabili per poter avanzare nell’avventura; a questo va aggiunta la possibilità di raccogliere delle speciali melme aliene che aumentano vita e resistenza. Questi elementi danno una vera e propria progressione del personaggio come da classico RPG e nelle fasi avanzate di gioco si rivelerà indispensabile avere una barra della vita elevata perché non tutta la fauna di AR-Y 26 è pacifica, anzi. La più comune che incontreremo nel gioco sono i già citati e buffissimi uccelli palla, bestioline simpatiche che, se cibate, molleranno scoregge e una gran quantità di risorse, oppure possiamo prenderli a calci con risultati a dir poco ridicoli (tra l’altro calciare i pesci palla servirà a risolvere alcuni puzzle in game per accedere ad alcune aree). Gli uccelli sono una delle pochissime specie non aggressive del gioco in quanto attaccano solo se attaccate per prime, il resto sono tutti mostriciattoli alquanto fastidiosi che dovranno essere eliminati a suon di pistola, inclusi i boss del gioco, i quali, una volta sconfitti ,danno accesso a nuove aree da esplorare. Oltre a dover affrontare i pericoli del luogo, saremo dotati di un comodissimo scanner per raccogliere informazioni su tutte le forme di vita presenti nel pianeta, sia vegetali che animali al fine di creare una vera e propria enciclopedia di AR-Y 26.
Insomma, anche se all’apparenza il gioco è corto, e lo è se teniamo conto che può essere completato in un paio d’ore se decideremo di abbandonare subito il pianeta una volta trovato il carburante necessario a far ripartire la navicella, il giocatore è costantemente invogliato a scoprire tutto quello che questo mondo misterioso e selvaggio offre, sia perché così si può vivere l’esperienza completa che Typhoon Studios ha pensato, sia perché Journey to the Savage Planet è uno di quei rari prodotti che fanno quello che sta alla base del videogioco: divertire… e se ci si diverte, perché smettere?
Realizzato con il mai domo Unreal Engine, Journey to the Savage Planet è veramente bello a vedersi, tra colori vivaci e ambientazioni molto varie e diverse tra di loro come fiumi di lava, distese innevate, giungle composte da vegetazioni a dir poco strane, rovine e luoghi sospesi nel cielo. Viene quasi da chiedersi come gli sviluppatori siano riusciti a mettere tutto questo ben di dio all’interno di un gioco piccolo, ma la risposta è semplice: AR-Y 26 è un pianeta vivo, con un suo ecosistema, il che significa una grande pianificazione dietro, poi la fantasia degli sviluppatori e il motore grafico fanno il resto. Per quanto riguarda la localizzazione, il titolo offre un’ottima traduzione in lingua italiana solo per quanto riguarda i testi, ma poco importa, e ammetto che anche la colonna sonora non è male, non perché sia particolarmente bella o ispirata, ma perché il sound del gioco si sposa alla perfezione con l’ironia di fondo che permea tutto il titolo.
Sarò sincero, mi sono avvicinato a questo titolo la prima volta solo ed esclusivamente per la recensione, senza sapere praticamente nulla di cosa si trattasse e non me me pento. Essere all’oscuro di tutto è stato uno degli elementi che più me lo hanno fatto apprezzare e Typhoon Studios merita tutte le lodi possibili per questa piccola perla che si è rivelata essere una delle sorprese più belle, fresche e interessanti di questo 2020, sperando che la software house ci regali altri giochi del genere in futuro, perché di titoli come Journey to the Savage Planet c’è un gran bisogno e vederne di più può solo essere un bene.
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