Pongiornissimo, ragazzi della Tribù! Ben ritrovati sulle nostre pagine digitali per parlare, ancora una volta, di un’opera di fattura nipponica che mi ha richiesto fin troppo tempo per essere portata a termine.
Il titolo di cui andremo a parlare oggi è Monochrome Mobius: Rights and Wrongs Forgotten, gioco di ruolo giapponese che celebra il ventesimo anniversario, caduto lo scorso anno, della saga Utawarerumono. Al contrario degli altri giochi della serie, questo si allontana dal gameplay classico a cui i fan dello sviluppatore Aquaplus sono stati abituati nel corso degli anni, ma è al contempo giunto in occidente con decisamente più facilità rispetto ad altri giochi della saga di cui fa parte. Dato che c'è molto di cui parlare, mettendo in chiaro che la versione da me provata è stata quella per PlayStation 4, direi che c'è poco da tergiversare oltre: lanciamoci nell’analisi di questo titolo e scopriamo che cosa ha in serbo per noi!
In Monochrome Mobius, ci troviamo a prendere il controllo di Oshtor, un ragazzo con un forte senso della giustizia e abile nell’uso della spada, che vive in un piccolo paese chiamato Ennakamuy, nel continente di Yamato. Il ragazzo, orfano di padre, vive con madre e sorellina un’esistenza tranquilla, cercando di seguire la via del mononofu [che ho scoperto essere un termine veramente esistente N.d.R.] come un guerriero onorevole, rendendosi utile anche portando a compimento incarichi per conto dell’owlo, il capovillaggio di cui ha guadagnato la stima. La vita del ragazzo cambia totalmente quando, un giorno, egli incontra Shunya, una strana ragazza che, dopo averlo sfidato a duello per metterne alla prova la forza, sostiene di essere figlia del padre che egli credeva ormai scomparso da tempo.
Come è concesso sapere a noi giocatori, data la primissima scena con dialoghi del titolo, la ragazza dice infatti il vero e vorrebbe fare di tutto per riuscire a rintracciare l’uomo, da cui è stata costretta a separarsi. Oshtor (che non riesce a rimanere indifferente davanti alla possibilità di rintracciare il padre) e Shunya partono così alla ricerca di una misteriosa terra che nessuno sembra conoscere, chiamata Arva Shulan, da cui la ragazza dice di provenire. Questo li porterà in diverse città e regioni di Yamato, arrivando a scoprire i moltissimi segreti legati al passato del paese.
Queste le premesse narrative di Monochrome Mobius, che lancia quindi giocatori e protagonisti in un lungo viaggio dell’eroe alla ricerca del padre dei due giovani, della verità e, soprattutto, del proprio posto nel mondo.
Senza entrare nei dettagli, ci sentiamo di dire come la storia del titolo sia gestita in maniera ottima [anche per lo standard alto dei JRPG più solidi N.d.R.]. L’incredibile viaggio dei personaggi può durare tra le 30 e le 50 ore, mentre l’intreccio risulta ben scritto e, pur non mettendo in scena nulla di mai visto prima, sa emozionare. La narrazione è infatti ricca di momenti estremamente toccanti, epici e seri, alternati e smorzati da fasi molto più rilassate, con dialoghi comici decisamente scanzonati.
I punti negativi della narrazione sono probabilmente un ritmo che si perde un po’ via nella seconda metà del gioco [che regala al contempo scene “slice of life” deliziose N.d.R.], deviando un po’ dall’obiettivo originale dei protagonisti, e il fatto che il finale aperto lasci più di una cosa in sospeso…
Come prequel della trilogia già esistente di Utawarerumono, in particolare di Mask of Deception e Mask of Truth (rispettivamente secondo e terzo capitolo della serie), Rights and Wrongs Forgotten presente un cast di personaggi quasi interamente noto agli appassionati di questa saga, mostrandoli però in gioventù o, in generale, durante un periodo mai esplorato prima. Non mancano le aggiunte totalmente nuove, come la bambola-robot Halu o la stessa Shunya, ma il lavoro di approfondimento delle figure del titolo è, per ognuno di esse, veramente pregevole in ogni suo aspetto. Sono i personaggi, caratterizzati da pregi e punti di forza tanto grandi quanti i loro difetti e vizi, a farla da padrone nel corso degli eventi e questo risulta chiaro anche dalla grande mole di dialoghi presenti nel titolo.
Oshtor, per iniziare, è un giovane determinato, ma non può sfuggire al tarlo del dubbio che, sin dalle prime battute, lo attanaglia, costringendolo a mettere in discussione tutto ciò che egli ha sempre creduto, non solo sulla figura del padre scomparso, e a prendere decisioni difficili. Dal canto suo, Shunya è una giovane estremamente innocente e divertente, ma porta con sé le pesanti tematiche dell’abbandono e del senso di appartenenza dell’individuo.
Assieme a Munechika e Mikazuchi, gli altri due membri del gruppo [e non considerateli meno importanti, badate bene N.d.R.] che si uniranno a noi nel corso della storia, il party principale non è che la punta dell’iceberg del cast. Essi sono accompagnati da una miriade di comprimari incredibilmente carismatici e che affascinano lo spettatore.
Tutto questo, assieme alla vera e propria trama, rende Monochrome Mobius una chicca incredibile per ogni appassionato di Utawarerumono, risultando davvero come la celebrazione di un mondo tanto ricco di spunti interessanti quanto pieno di così tante potenzialità ancora non sfruttate. Chi ha giocato ai precedenti capitoli avrà pane per i suoi denti e si divertirà molto a cogliere ogni possibile citazione o rimando lasciato in giro dagli sviluppatori. Non sentitevi scoraggiati se non avete familiarità con questa saga, però, la storia può essere apprezzata anche da chi ci si approccia per la prima volta, con le dovute limitazioni del caso.
Per concludere, il lavoro di scrittura svolto dallo sviluppatore è lodevole a tutto tondo, anche se è giusto reiterare come sia di fortissimo stampo nipponico.
Avrete capito come la storia e i personaggi siano il fulcro portante del titolo, ma dobbiamo passare oltre e concentrarci anche sugli altri reparti del gioco, a cominciare dal gameplay. Come già detto nell’introduzione, Monochrome Mobius si allontana dal genere dei giochi di cui si pone come antecedente: esso adotta una struttura da vero e proprio gioco di ruolo con combattimento a turni, mentre Utawarerumono è una saga di visual novel con elementi strategici su griglia sin dal suo primo capitolo (spin-off esclusi). La scelta di abbandonare il proprio terreno favorito può sempre risultare azzardata o rischiosa, per quanto coraggiosa ed encomiabile, ma crediamo che ad Aquaplus il passo fuori dalla propria zona di comfort sia riuscito, seppur con qualche limitazione, ma vediamo di andare per ordine.
Il gameplay di Rights and Wrongs Forgotten si articola permettendo ai giocatori di esplorare liberamente diverse zone di gioco, tra cui la massiccia area centrale di Yamato, per ingaggiare battaglia in scontri a turni con svariati nemici. I combattimenti sono scanditi su dei cerchi concentrici chiamati Action Ring e, per avere la meglio, bisogna sfruttare questi anelli, dato che si parte da quello più esterno per entrare in quelli interni. Questi, che sono più piccoli, permettono di agire più di frequente, creando un effetto valanga che può dare un grande vantaggio [attenzione a quando sono i nemici a usarlo N.d.R.]. Sulla carta l’idea degli Action Ring è interessante, ma anche dopo svariate ore di gioco non pare sfruttata a sufficienza, soprattutto nelle battaglie che non sono contro boss o simili.
Oltre all’esplorazione per combattere e crescere di livello, il titolo offre poi la possibilità di intraprendere missioni secondarie sempre molto ben contestualizzate e abbastanza variegate e potenziare il proprio accompagnatore robotico, il già citato Halu [che sarà carino, ma mena come un fabbro quando evocato in battaglia N.d.R.], donando un buon senso di progressione e anche sbloccando funzionalità che modificano come ci si può approcciare al flusso di gioco.
Inutile girarci attorno, il gioco di Aquaplus non sfugge alla sua origine di visual novel e, molto più di quanto ci si potrebbe aspettare, parte integrante del suo gameplay è il vero e proprio leggere. Tutto il titolo è costellato di tante scene di dialoghi o cutscene, che potrebbero non garbare a chi preferisce un po’ più d’azione.
Passiamo ora, come di consueto, a trattare i comparti tecnici di questo Monochrome Mobius che, lo avrete già capito, saranno indissolubilmente legati (nel bene e nel male) a quanto la storia sia centrale e il gameplay non del tutto sbocciato.
Il lato tecnico del gioco, per esempio, non ha nessun problema di fondo [anche considerando che non ho provato la versione di ultima generazione N.d.R.], se non per gli occasionali cali di frame quando si entra nelle aree più ampie, che si risolvono però in pochi secondi e non rendono certo il tutto ingiocabile. I caricamenti sono numerosi e, spesso, anche presenti in zone che pare non ne richiedano, come quando si attraversa una breve sezione di passaggio solo per entrare subito in un’altra, ma in generale il titolo non si è mai bloccato né ha causato bug di sorta.
La questione del comparto grafico è un pochino più complessa, dato che a livello artistico Monochrome Mobius è davvero bello, sia per i suoi numerosi ritratti dei personaggi (ce ne sono veramente tanti) che per le porzioni disegnate tipiche da romanzo visivo. Il lato grafico del titolo non arriva però a supportare egregiamente ciò, dato che gli ambienti e le animazioni non sono mai nulla di eccezionale. In particolare, risulta spiazzante il modo in cui i modelli dei personaggi di sfondo sono resi a confronto con quelli più di personaggi “importanti” o nemici, probabilmente una scelta stilistica ben pensata [tant’è che a una prima occhiata pensavo non si fossero caricati bene N.d.R.] per risparmiare risorse preziose da investire in altri lati del gioco, ma che indubbiamente non impressiona in positivo.
Risaliamo però la china parlando del sonoro di questo gioco, a cominciare dalle buone musiche. Nessuna delle tracce probabilmente va oltre le aspettative diventando subito un classico, ma la colonna sonora del titolo è pensata per accompagnare e mai sovrastare la storia e i personaggi, fungendo quindi da ottimo accompagnamento acustico. Plauso doveroso però alla musica di apertura che accompagna il filmato iniziale.
Il sonoro del gioco dà ovviamente il meglio di sé quando si arriva a parlare del doppiaggio [scontato a questo punto sottolinearlo? N.d.R.] esclusivamente giapponese. Grazie alle voci dei numerosi doppiatori, di cui si possono anche sbloccare delle dichiarazioni audio al termine del gioco, i protagonisti e i comprimari del titolo risultano davvero vivi nelle loro reazioni.
Con una storia a base di famiglia e legami, così come di dovere e onore, Monochrome Mobius: Rights and Wrongs Forgotten si pone come nuovo punto di partenza per quella che [si spera e ci si augura N.d.R.] può essere una nuova dilogia/trilogia per una serie che, per quanto di nicchia, ha la sua buona dose di appassionati. Si vede come sia stato svolto un grosso lavoro su più fronti, per celebrare una saga e adattare personaggi noti e un’ambientazione ben caratterizzata a un nuovo contesto. Anche la storica decisione stilistica di mantenere molte delle terminologie in lingua originale contribuisce ad avvolgere il titolo in un velo affascinante… anche se, va detto, può risultare per alcuni ostica da digerire, soprattutto se sommata al dover leggere così tante linee di testo per forza in lingua straniera [già, ci sono solo giapponese, inglese e cinese N.d.R.].
A ogni modo, grazie a questo titolo, Utawarerumono potrebbe anche guadagnare un maggior numero di fan e, considerando l’ottimo lavoro svolto dallo sviluppatore e dai publisher, pensiamo che sarebbe cosa buona e giusta. Vi sconsigliamo fortemente di farvi prendere troppo dalla smania di conoscere sin da subito tutte le sfaccettature di questo franchise, però, l'apertura del vaso di pandora che vi attende potrebbe essere più di quanto vi aspettate!
Devi essere connesso per inviare un commento.