Pongiornissimo, amici della Tribù, e buon anno nuovo! Eccomi tornato sui vostri schermi con un’altra recensione: oggi dovremo calarci in un tempo quasi dimenticato, un periodo della nostra vita ben più semplice e spensierato… Oggi dovremo infatti poggiare la ventiquattrore (e il calice), rimandare quella famosa chiamata di lavoro e tornare proprio un po’ bambini!
Il gioco di cui andremo a parlare poco più sotto è infatti My Universe – My Baby Dragon, un simulatore rivolto a un pubblico molto giovane che ci metterà nei panni di guardiani di draghi in erba. Senza indugio, lanciamoci ad ali spiegate nell’analisi di questo titolo!
My Baby Dragon non segue una vera e propria trama, ma ha comunque una sua storia di fondo e un fondale narrativo abbozzato, ma chiaro. Dopo aver avviato il gioco ci verrà data la possibilità di creare il nostro personaggio e verremo subito catapultati nel luogo in cui si svolgeranno la maggior parte delle nostre avventure. In questo mondo fantastico draghi e umani cooperano e sono infatti questi ultimi a far nascere e crescere i cuccioli di queste maestose e leggendarie creature [vi sembrerà incredibile, ma il perché di questa cosa viene pure affrontato nel corso del gioco N.d.R.].
In poco tempo ci troveremo dunque davanti a Wallis, anziana insegnante incaricata di istruirci sul da farsi, per scegliere il nostro primo uovo da accudire. Da lì in poi le azioni da eseguire saranno semplici: dovremo capire che genere di drago si trova al suo interno, preparare il nido per il nascituro e attendere un giorno [che gestazione breve, questi rettili fatati… N.d.R.] per vedere la schiusa del magico scrigno.
Passata la notte, il draghetto sarà pronto a fare la sua comparsa e, assegnatogli un nome, sarà ora nostro compito fare in modo che impari a controllare i suoi poteri. Prima di poter fare ciò, ogni giorno, dovremo però anche fare il bagno al cucciolo, pulire il suo nido, dargli da mangiare e concedergli la giusta dose di coccole [apparentemente tre grattini bastano e avanzano N.d.R.]. Solo poche ore giornaliere potranno essere adibite all’allenamento, quindi sta al giocatore amministrare il tempo come meglio crede tra le due possibili attività centrali che il titolo offre, ovvero le lezioni di volo e le lezioni di magia.
Quando il nostro cucciolo sarà stato istruito a dovere, tre giorni in media [che sviluppo rapido, questi rettili fatati… N.d.R.], sarà pronto per lasciare il nido, andare alla Scuola dei Draghi e diventare grande.
La buona Wallis farà infatti la sua comparsa ciclicamente per condurre il giovane da noi addestrato verso il suo fiammeggiante futuro, pronta a ricomparire il giorno dopo con un altro set di uova tra cui scegliere per ricominciare il ciclo dell’addestramento con un altro draghetto. Oltre a lei le nostre giornate saranno allietate anche dalla visita di quattro PNG, ognuno dei quali è dotato di una propria sotto-trama. Queste storie [per quanto minuscole N.d.R.] donano al titolo immersività e aiutano ad accrescere quella tenue sensazione che si stia effettivamente giocando a un gioco ambientato in un mondo ben più ampio e vivo.
Ma questo gameplay di My Universe – My Baby Dragon, quindi, com’è? Dietro ai lustrini, purtroppo, si cela la triste verità: il titolo è scarno, ripetitivo e anche abbastanza noioso. La longevità nello specifico ne soffre molto, poiché dopo poche ore di gioco [me ne sono volute solo cinque per finire la storia base N.d.R.] sembra già di aver visto un po’ tutto quello che i draghi colorati e i loro allenamenti hanno da offrire… e non ci si sbaglia.
Raggiunto quello che dovrebbe essere lo scopo finale del nostro personaggio, ovvero ottenere la certificazione di custode dei draghi, mancheranno veramente un paio d’ore o poco più per completare gli obiettivi finali che il gioco offre. Da lì in poi si viene catapultati in un loop infinito, che era praticamente già in atto sin dall’inizio, senza però la gratificazione di sapere che si sta perseguendo un obiettivo [e senza le storie dei personaggi a spezzare la monotonia delle nostre giornate… N.d.R.].
Sorge spontaneo fare quindi un confronto con un titolo dello stesso genere, che siamo sicuri abbiano giocato in tantissimi; andremo infatti a scomodare Nintendogs. Se si pensa al titolo uscito per Nintendo DS nel lontano 2005 si riesce subito a evidenziare in cosa il gioco di Microids invece fallisca.
Si può partire dai protagonisti stessi del titolo: dove i cuccioli di My Baby Dragon dovrebbero avere personalità e gusti differenti, che però non risaltano in alcun modo nel corso del gameplay, i cagnolini digitali dimostravano di essere capaci di reazioni differenti in base a diversi stimoli e caratteri.
Passando poi alle attività disponibili, per i cuccioli a scaglie non esiste un vero senso di progressione, le prove sono randomiche e non vanno di pari passo colle loro abilità, mentre in Nintendogs i cuccioli divenivano sempre più capaci mano a mano che gli si dedicava la giusta dedizione.
Per ultimo, la possibilità di personalizzare l’esperienza: in My Baby Dragon si guadagnano gemme, a palate, che possono essere spese per ottenere randomicamente [sì, avete capito bene N.d.R.] elementi per abbellire avatar e cuccioli, con scarsa soddisfazione del giocatore, al contrario del gioco su DS, che permetteva di amministrare il proprio denaro in vista di obiettivi che richiedevano alte somme per essere acquistate, e che davano grande gratificazione.
Con questo [e spero sia chiaro N.d.R.] non si vuole assolutamente dire che un simulatore virtuale dedicato alla crescita di bestiole digitali debba essere necessariamente fatto allo stesso modo di come lo aveva fatto ai tempi Nintendo, ma si vuole far notare come per realizzare un titolo rivolto ai più giovani ci si debba probabilmente concentrare di più sull’essenza stessa dell’esperienza, cosa che qui non è stata purtroppo fatta. I bambini sono in grado di divertirsi con cose anche molto semplici, certo, ma è anche molto facile perdere il loro interesse se la noia è dietro l’angolo.
Per concludere la nostra analisi è giusto parlare degli aspetti più tecnici del titolo, iniziando dalle cose buone. My Baby Dragon ha una discreta grafica, la sua buona direzione artistica traspare dai design dei draghetti [che mutano anche quando salgono di livello N.d.R.], dai colori molto accesi e da qualche chicca che si nota qua e là. Anche gli stessi personaggi umani, pur non risultando elaborati, appaiono caratterizzati e visivamente riconoscibili. E’ un vero peccato che il lato audio del titolo non sia stato a sua volta così curato, ma anche quello fa il suo dovere, utilizzando musiche d’atmosfera che, per quanto ripetitive, non stancano l’orecchio e risultano abbastanza piacevoli. Ogni aspetto buono ha qui però un rovescio della medaglia…
I veri problemi del titolo traspaiono quando si pensa al comparto tecnico del gioco [il che si aggrava pensando al prezzo N.d.R.]. I caricamenti presenti sono molti e piuttosto lunghi, per esempio, e i tutorial per le varie attività sono programmati per ricomparire ogni volta che ne si affronta una… anche quando la si sta svolgendo più volte nella stessa giornata. E’ capitato anche che alcune nuvolette dei dialoghi venissero saltate, così come fosse presente dello stuttering durante le fasi di esplorazione dell’area di gioco. In una singola occasione il gioco si è bloccato, costringendoci al riavvio, ma ciò non ha causato problemi e abbiamo potuto riprendere la partita nel giro di pochissimo.
Per chiudere il discorso, serve fare anche un appunto ai feedback sonori, a volte troppo scarni, e agli effetti audio che, al contrario, in alcune occasioni risultano invece presenti quando non dovrebbero [sentire sbadigliare un personaggio mentre si sta salutando il proprio drago fa decisamente strano N.d.R.].
Cosa si può dire quindi di My Universe – My Baby Dragon? Che non è tutto da buttare e che è anche difficile capire come un bambino potrebbe reagire a un prodotto del genere. Molte delle problematiche sono facili da cogliere se si è adulti e più navigati nel mondo videoludico, mentre a un occhio inesperto e più candido probabilmente potrebbero non pesare.
I ragazzi di it Matters Games si sono dimostrati più capaci sul lato artistico che su quello della programmazione, su questo non c’è dubbio, e il loro prodotto ne soffre abbastanza. Ad ogni modo, siamo abbastanza sicuri che un videogiocatore in erba potrebbe comunque trovare qualche ora di divertimento e affezionarsi ai suoi cuccioli di drago. Quantomeno, il gioco punta a far anche trasparire tramite le storie dei suoi personaggi degli insegnamenti che non fa mai male ricordare [e questa non è certo una cosa negativa N.d.R.].
Devi essere connesso per inviare un commento.