Koei Tecmo possiede alcune delle divisioni più importanti nel mondo del gaming moderno. Tra esse possiamo sicuramente parlare del Team Ninja, che nel corso della sua vita ha partecipato alla creazione di alcuni giochi tra i più importanti degli ultimi anni. Tra Nioh, Fire Emblem Warriors e il recente Wo Long: Fallen Dynasty lo studio di sviluppo ha messo mano su alcune delle produzioni più impattanti nel mondo degli action RPG con elementi Soulslike, stillandosi come vera alternativa unica e con carattere ai giochi FromSoftware in quel genere.
Rise of the Ronin è stato annunciato nel settembre 2022 durante uno State of Play, dopodiché il gioco è scomparso dai radar per oltre un anno, ricomparendo ufficialmente ai The Game Awards dello scorso dicembre con una data di uscita pienamente rispettata. Dopo svariate ore siamo pronti a parlarvi del nuovo prodotto di Team Ninja e darvi la nostra completa opinione su Rise of the Ronin!
Il nuovo prodotto targato Team Ninja è ambientato alla metà del XIX secolo, durante gli anni conclusivi del periodo Edo e in uno dei momenti più importanti del Giappone, vista la guerra tra lo shogunato e svariate fazioni contrarie allo shogun e all’apertura dei confini giapponesi verso l’Occidente. La storia segue la vita delle Lame Gemelle, due esseri umani cresciuti senza una vera e propria famiglia e addestrati come assassini. Nel 1853 vengono assoldati per assassinare il Commodoro Matthew C. Perry e rubare un messaggio in suo possesso, ma, purtroppo, la missione non va a buon fine in quanto uno dei due gemelli viene apparentemente colpito a morte da un altro assassino chiamato Demone Blu. Dopo aver fallito la missione e aver perso la sua casa, la Lama Velata rimasta si mette in viaggio per raggiungere Yokohama e scoprire di più sul destino del proprio gemello. Qui incontra Ryoma Sakamoto, approdando così in un contesto in cui la decisione si pone nella mano del giocatore: appoggiare lo shogunato o partecipare alle rivolte dei cittadini contrari alle sue politiche?
Rise of the Ronin pone il giocatore davanti a una costante scelta. Dai dialoghi a scelta multipla che modificano essenzialmente la storia vissuta, alla narrativa che mischia la storia delle Lame Gemelle con una rappresentazione storica quasi del tutto accurata, in grado di appassionare il giocatore per la ventina di ore necessaria per il suo completamento. Questo tempo va ovviamente raddoppiato nel caso si voglia pensare a una run più completista dato che, in questo modo, ci si trova davanti a un gioco con un open world costruito in maniera forse un po’ troppo differente da quanto è solitamente portato avanti da Team Ninja. Indubbiamente una divisione in livelli come vista in Nioh o Wo Long sarebbe stata più apprezzata e probabilmente alcuni problemi causati proprio dalla lentezza e dalla noia dell’open world che sopraggiunge dopo qualche ora si sarebbero potuti evitare ampliamente.
A contribuire a questo pensiero è la scrittura delle quest secondarie, banali e mai realmente in grado di far emozionare, al contrario di quanto visto in altri giochi rilasciati in questo stesso anno. Una cosa che non funziona, tra le altre, è la presenza vera e propria dell’open world. Le aree sono enormi, ma vuote e spesso per passare da una missione all’altra è necessaria percorrere distese del nulla più assoluto; questo comporta un notevole impoverimento anche delle ambientazioni che riguardano le missioni principali, molte volte ridotte solo a poche stanze o corridoi privi di mordente. Un vero peccato, perché l’intera atmosfera è perfetta e resa magnificamente dagli sviluppatori, figlia probabilmente anche del lavoro fatto un anno fa con Wo Long o Nioh 2, con il gioco che tende a funzionare prevalentemente pad alla mano, anziché per la sua narrativa o ambientazione.
Uno dei punti forti dell’intera produzione targata Team Ninja è, come da tradizione, il combat system che unisce meccaniche Souls ai tecnicismi della casa giapponese. Partiamo dal principio: il combattimento è stato semplificato rispetto al passato visto che abbiamo a disposizione solo un tasto per attaccare, invece dei classici attacchi pesanti e leggeri, ma al tempo stesso la tecnicità del parry rimane fondamentale per il gameplay loop anche nelle difficoltà più basse. Infatti, il sistema di combattimento si regge totalmente sul deflettere l’attacco avversario per fargli esaurire il Ki (la stamina, per metterla in termini più vicini ai prodotti FromSoft) e poter scatenare un critico in grado di infliggere numerosi danni. Anche alle difficoltà minori (ce ne sono tre) questa meccanica è da seguire per semplificarsi la vita nei combattimenti più importanti, evitando quindi di diventare un semplice hack and slash e puntando principalmente sulla diminuzione di certe caratteristiche dei nemici per evitare complicazioni non necessarie. Oltre a deflettere, però, dovremo anche evitare alcuni attacchi in quanto imparabili, rendendo il combattimento uno studio approfondito del moveset avversario per capire quando attuare certe tattiche provvedendo a deflettere e colpire in maniera ritmata.
In un sistema simile a quello visto in Ghost of Tsushima, infatti, il prodotto Koei Tecmo pone tutta la sua attenzione sul combattimento, solo che, questa volta, non è limitato ai soli scontri 1 vs 1 (come invece accadeva per il titolo Sucker Punch), ma è di una profondità che si attua anche in tutte le altre situazioni; un esempio è la possibilità di infuocare la propria spada deflettendo proiettili avversari o impedire l’esplosione di bombe contrattaccando al momento opportuno.
Per imparare tutte queste mosse così altamente spettacolari e allargare le opzioni offensive (aggiungendo magari alcuni attacchi in volo o migliorando lo stealth) è necessario sfruttare lo skill tree che si divide in cinque categorie, ognuna rappresentante una tipologia di azione e corrispondente al tempo stesso ad alcune delle statistiche facenti parti del personaggio. Aumentare questi parametri permette alla nostra Lama Velata di crescere e diventare sempre più forte, rendendo fattibile un sistema di livellamento basato non solo su numeri, ma anche su abilità e passive. A proposito di queste ultime è da segnalare il funzionamento di armi ed equipaggiamenti, simile proprio a quanto visto con Nioh e Wo Long negli scorsi anni: ogni arma possiede una propria serie di caratteristiche in grado di renderle più o meno letali e al contempo ogni pezzo di equipaggiamento sopra una certa rarità contiene un bonus dedicato al set. Più pezzi sono indossati dalla Lama Velata e più bonus quel determinato set potrà donargli, andando a cambiare – soprattutto a difficoltà più alte – di gran lunga alcuni equilibri fondamentali dell’avventura con resistenze più o meno accentuate. Il gioco pone una grandissima libertà dal punto di vista del combattimento, è difatti possibile sfruttare le armi per affrontare tutti i nemici tagliando loro gli arti (o la testa), oppure andare di metodi non letali pagando in potenza d’attacco, ma sfruttando armi in legno per stordire gli avversari invece di ucciderli.
Ogni arma possiede uno stile determinato che può essere imparato utilizzandola contro varie tipologie di nemici. Questi stili sono intercambiabili tramite un menù apposito ed è possibile sfruttarne fino a un massimo di quattro (per tipologia di arma) in combattimento, utilizzando il tasto R1 e la levetta destra con un comodo segnalino che può indicare la sua forza o debolezza contro il nemico che stiamo affrontando. Imparare a padroneggiarli può favorire il giocatore durante le battaglie contro i boss e renderli quasi fondamentali ad alti livelli di difficoltà e nelle fasi finali dell’avventura, quando gli avversari si faranno sempre più ardui.
Uno dei punti più importanti di Rise of the Ronin è la possibilità di affrontare il gioco in modalità coop durante alcune missioni di storia con altri giocatori, che prenderanno il posto dei personaggi alleati che incontreremo nel corso del gioco tra principali e secondari. Questo sistema di coop è sicuramente più comodo rispetto a quello visto nelle ultime iterazioni di giochi dello stesso genere, anche se male si sposa con l’open world: le stanze sono l’unica possibilità di interagire con giocatori in carne e ossa e i livelli durano fin troppo poco per essere realmente impattanti nella scelta di una possibile run in cooperativa con amici. Uno dei lati positivi, invece, di utilizzare alleati del gioco invece di giocatori reali riguarda la possibilità di poter prendere il loro comando in qualsiasi momento durante lo stage con la semplice pressione di due tasti, avendo così la possibilità di metter mano a Ryoma o altri alleati (di cui non vogliamo farvi spoiler) per assaporare le loro abilità o aiutare la Lama Velata nel caso venga messa KO.
Uno dei problemi maggiori che abbiamo riscontrato in Rise of the Ronin riguarda la sua presentazione visiva, dato che il gioco è in sviluppo dal 2015, e si vede. A livello tecnico e artistico siamo davanti a un prodotto che seppur viaggi sulle stesse corde di Ghost of Tsushima, è quanto di più lontano possibile dal risultato, soprattutto pensando che è un open world, e questo pesa enormemente sul giudizio. Il mondo è vuoto e i modelli di arbusti, vegetazione e animali non sono per nulla vicini alla qualità dell’attuale generazione. I paesaggi, per esempio, seppur colpiscano in un primo momento non sono altrettanto belli da vivere rispetto a quelli dell’avventura targata Sucker Punch e questo problema è visibile soprattutto a Yokohama, la prima regione. Nelle successive si nota la maturazione avvenuta nel corso dello sviluppo, pur mantenendo un livello di dettaglio buono, ma non ottimo, limitando però il pop in (di cui soffre terribilmente nelle fasi più aperte) e riducendo cali al framerate che rimangono una croce soprattutto nella modalità Performance.
Innegabili, invece, i problemi alle animazioni (pensiamo soprattutto a quelle del cavallo) o alla legnosità nell’utilizzo di alcune tecnologie Ronin (come il rampino) o, ancora, durante i movimenti più veloci. Questo problema è facilmente identificabile in un engine vecchio, adatto principalmente a giochi più a corridoi e meno a produzioni più importanti dal punto di vista della grandezza, motivo per il quale avremmo preferito di gran lunga una situazione simile piuttosto che un open world forzato. Pop in, texture che non caricano (o lo fanno in ritardo) e bug visivi sono all’ordine del giorno e, seppur non siano problemi così enormi da svalutare l’esperienza vissuta, non ce la sentiamo di pensare di promuovere da questo lato un gioco così arretrato tecnologicamente rispetto a produzioni uscite anche solo quattro anni fa, rivelandosi forse non ai livelli di una console come PlayStation 5.
Seppur la situazione possa essere risolta con qualche patch, al momento in cui vi scriviamo il prodotto è quanto meno decente… ma ancora sentiamo una cocente delusione per l’occasione mancata con Rise of the Ronin per far fare a Team Ninja il salto di qualità che speravamo di vedere nel 2024.
Ultimo parere, anche questo negativo, per quanto riguarda il doppiaggio italiano. Questo non risulta assolutamente al livello di altre produzioni targate PlayStation Studios, con voci totalmente inadatte e un doppiaggio “svogliato” rispetto ad altri titoli pubblicati dalla casa giapponese. Il nostro consiglio, quindi, è quello di giocare direttamente con il doppiaggio originale e godervi l’intera avventura in questo modo, consci ovviamente di non essere davanti al miglior prodotto targato Team Ninja, ma “solamente” a un buon gioco e nulla più.
Chi vi scrive è un fan enorme dei prodotti Team Ninja e non appena annunciarono la data di Rise of the Ronin si è prodigato istantaneamente a richiedere di poter curare la recensione, proprio alla luce del suo amore per questa software house. Trovarsi davanti alla release di questo gioco, però, è stata per certi versi una delusione, viste le aspettative di avere un prodotto finalmente all’avanguardia grazie alle possibilità di PlayStation Studios.
Team Ninja deve sicuramente concentrarsi su giochi più nelle sue corde visto che, al contrario di quanto visto con Ghost of Tsushima, il comparto ludico è probabilmente uno dei migliori nel medium, ma al tempo stesso l’unico punto in grado di mantenere l’aspettativa iniziale. Il combattimento è una delle fasi in cui il giocatore è messo alla costante sfida di se stesso grazie a meccaniche come il parry e gli stili, che cambiano totalmente da nemico a nemico e anche più volte nello stesso combattimento. Trovare il tempismo perfetto è una goduria unica, così come concatenare una serie di parry perfetti alla Sekiro permette al giocatore di esaltarsi e godere di avere un pad in mano giocando a un prodotto simile. Purtroppo Rise of the Ronin è un’occasione mancata, anche se non del tutto da buttare e questo è meglio specificarlo, ed è un peccato visto che Team Ninja ha sicuramente le capacità per tirare fuori un prodotto sicuramente migliore in futuro.
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