recensione

Starfield

Il viaggio nelle stelle come lo aspettavamo da 11 anni... ma con qualche dubbio

Pubblicato il 27 Settembre 2023 alle ore 9:23
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Il viaggio, si sa, è una tematica molto amata sia nei film che nei videogiochi, basti pensare all’avventura di Ellie o agli ultimi film veramente belli targati Marvel, dove la storia del viaggio aveva un significato ben più profonda di quanto si pensasse.
Svariati anni dopo il suo annuncio, finalmente è arrivato nei negozi Starfield: il nuovo gioco targato Bethesda con la volontà di essere definito come vero e proprio erede generazionale di Skyrim. La volontà, si sa, non sempre coincide con la realtà, ma Starfield si propone come un vero e proprio sandbox immenso con pianeti generati automaticamente e un gameplay loop in grado di tenere attaccati i giocatori allo schermo per settimane, mesi o addirittura anni, tanto è immensa e profonda la nuova avventura di Bethesda. Ma siamo sicuri che sia tutto oro quello che luccica? Scopritelo insieme a noi nella nostra recensione di Starfield!

Viaggio tra le stelle

Sono passate 12 ore sul pianeta Tau Ceti II-A, probabilmente 72 seguendo il fuso orario universale, e l’atmosfera si fa sempre più pesante. La tuta non è concepita per quel clima e l’ostilità delle creature rende impossibile trascorrere più di qualche minuto senza uno scontro mentre si cerca qualche risorsa per modificare armi ed equipaggiamento, essenziali in una zona piena di predoni. Una piccola caverna fa la sua comparsa e lo scanner rileva un alto concentramento di materiale all’interno. Pur appesantito dalle risorse raccolte, il nostro astronauta decide di entrare sfidando la sorte sperando di non incontrare nessun essere pericoloso e di sopravvivere per il tempo necessario al ritorno alla Frontier, l’astronave in cui i membri di Constellation ci attendono in attesa di partire per la prossima destinazione.
Non stiamo iniziando la nostra carriera da scrittori di opere sci-fi, ma è un qualsiasi momento vissuto nelle ore passate insieme a Starfield, una piccola digressione dalla trama principale in cui visitare uno degli oltre mille pianeti presenti nel titolo Bethesda, in quello che prova a essere un vero e proprio erede di Skyrim anche se con qualche, eterno, dubbio.
Il primo, tra tutti, riguarda il comparto narrativo della nuova opera dello studio, in cui prenderemo il comando di un minatore che, per pura casualità, si ritrova a contatto con uno strano oggetto misterioso che gli donerà delle strane visioni. Dopo alcune vicende in cui dei predoni provano ad attaccare il sito dello scavo in cui stiamo lavorando, veniamo approcciati da Barret e il suo fido robot Vasco che ci parlerà di un gruppo chiamato Constellation, composto da ricercatori che studiano le stelle e sono alla ricerca dei Manufatti: veri e propri pezzi di metallo che rilasciano una speciale onda magnetica e donano – come successo al protagonista a inizio gioco – visioni ad alcune persone particolari. Il protagonista e i membri di Constellation si ritrovano, quindi, a viaggiare nello spazio alla ricerca di questi Manufatti e scoprire principalmente da dove vengono, a cosa servono e cosa significano quelle strane visioni che hanno donato al protagonista e a Barret.

A livello narrativo, Starfield si ritrova a vivere un netto passo indietro rispetto ai precedenti giochi dello studio di sviluppo, nonostante sotto questo aspetto anche il tanto bistrattato Fallout 4 si sia comportato meglio, con una storia che vive di alti (pochi) e bassi (tanti, soprattutto nella prima metà), ma che dimostra come il team creativo di Bethesda dia il suo meglio solo in un certo tipo di contesti. Quando si parla di una missione lineare con la necessità di raccontare una storia, Starfield raggiunge apici mai toccati in precedenza, ma, purtroppo, questi momenti sono tanto rari quanto meravigliosi da vivere. Una particolare quest principale verso l’inizio dell’ultimo terzo di storia permette ai giocatori di prendere parte a uno dei punti più alti dell’intera storia di Bethesda, con una missione completamente narrativa dove l’attenzione al dettaglio è assoluta. Purtroppo, però, per l’economia di gioco questo è uno dei pochissimi esempi di cui possiamo parlare, con una cura maggiore applicata solo durante le missioni secondarie e nelle attività… anche se non possiamo dirci del tutto soddisfatti da questo punto di vista pensando a quello che la compagnia ha potuto portare davanti ai nostri occhi nel recente passato. Il problema maggiore con Starfield, narrativamente, è da vedere anche nell’incoerenza della azioni, per cui alcuni personaggi non seguono coerentemente la linea di dialogo selezionata e quello che succede successivamente a schermo non convince del tutto. Questa incertezza è, ovviamente, di secondo piano rispetto a una scrittura sotto tono ma, ovviamente, è capibile che Starfield punti su altri concetti per portare il giocatore dalla sua.
Nonostante l’ottima idea riguardante il NG+ (di cui ovviamente non andiamo a parlarvi in questa sede) è consigliabile, da parte nostra, godervi il gioco senza dover pensare a finirlo il prima possibile, prendendovi il vostro tempo con le numerose attività secondarie presenti e senza correre.

Viaggio nello spazio

Nel corso delle oltre 40 ore necessarie per completare la trama, Starfield alterna il suo “viaggio” tra sezioni nello spazio e l’esplorazione a terra in pieno stile Bethesda, con numerose attività da svolgere e un infinito tempo da “perdere” visitando pianeti in cui raccogliere materiali per costruire la propria nave dei sogni o per migliorare l’equipaggiamento, cosa utile soprattutto ad alti livelli di difficoltà. Il gioco è in tutto e per tutto un erede spirituale di Skyrim e Bethesda ha cercato di sottolinearlo più volte, tra la data d’uscita originale (11/11/2022) e un nuovo concept in cui il giocatore è invitato a tuffarsi.

Il viaggio nello spazio è legato alla nave, quella Frontier iniziale che permette di viaggiare all’interno dei sistemi che costituiscono l’ecosistema di Starfield. Ancora una volta il Creation Engine si dimostra vecchio e superato – come ormai è, purtroppo, da molti anni – e questo limita enormemente le possibilità degli sviluppatori dal punto di vista del puro gameplay. Se, infatti, ci sono titoli che riescono a offrire un’esperienza completamente seamless, il nuovo titolo Bethesda purtroppo è ancorato ancora a schermate di caricamento e meccanicità in certi passaggi che necessitano qualche passo in più che, nel 2023, rimane una cosa molto “antica” e superata.
Affrontato questo scoglio, l’immensità dello spazio può lasciare senza fiato e la cura inserita nella creazione dei vari Sistemi è incredibile: pianeti e satelliti che si possono raggiungere in poco tempo, a patto di avere una buona velocità di navigazione, e osservare mentre – magari - veniamo affiancati da alcuni cacciatori di taglie o da navi che vogliono esserci amiche, o ancora situazioni in cui dobbiamo salvare una nave in balia di pirati e senza alcuna risorsa per sopravvivere. La vita nello spazio è crudele e non mancano situazioni in cui Bethesda continua a ricordarlo con numerose iterazioni anche nelle profondità dell’universo in grado di far vedere (anche dopo centinaia di ore) situazioni inedite o semplicemente qualche elemento di sorpresa.

Se l’ambientazione è uno dei punti più forti dell’esperienza Starfield, lo stesso non possiamo dire del comparto ludico e questa sarà una sorta di leit motiv parlando del gameplay in tutte le sue forme. La navigazione è macchinosa, rilegata alla levetta di destra o al movimento del mouse nel caso usiate la configurazione M+K, con la telecamera che, insieme a voi, si muove fornendo la direzione in cui si sposta la nave. Se questo è utile e ben fatto in situazioni di tranquillità, lo stesso non si può dire durante le fasi di combattimento con altri mezzi, proprio perché la stessa configurazione è utilizzata per la mira e questo tende a confondere enormemente il giocatore in più di una situazione. Sparare e muoversi contemporaneamente è possibile a patto di voler “sacrificare” (visto che non esiste un reale limite) la propria forza di fuoco verso il nulla assoluto, visto che a meno di inserire armi a ricerca non è possibile colpire gli avversari, rendendo il tutto estremamente macchinoso e tedioso. Che anche questo sia figlio del Creation Engine e dello svecchiamento necessario per Bethesda non ci sono dubbi, ma il “problema” nasce quando queste parti sono effettivamente belle da vedere e ci si chiede perché non ci possa essere la stessa cura anche per il lato giocato, che è sempre stato uno dei punti forti della software house.

Fus Ro… Powah!

Nel medium videoludico Skyrim è sempre stato un punto di riferimento per Bethesda per alcuni versi, mentre, per altri, l’obiettivo è stata la serie Fallout che ha permesso alla compagnia americana di capitalizzare gran parte del suo successo nel corso degli anni. Fallout 4 purtroppo ha subito, a detta di tanti appassionati, alcune problematiche legate all’esistenza del Creation Engine (vecchio già all’epoca), ma un argomento su cui si è sempre stati unanimemente d’accordo è che dal punto di vista del gameplay rappresentasse la sua massima espressione. Starfield, invece, manca del classico feeling della serie Fallout con un gunplay poco impattante e dalla mancanza di veri e propri feedback sui colpi, rendendo ogni arma uguale a mille altre e vedendo modificare solo i numeretti inerenti ai danni. Anche la componente RPG è stata ridotta, le scelte effettuate nel corso della storia poche volte saranno veramente d’impatto e non cambieranno l’esito dell’avventura e le classiche statistiche sono state abbandonate per – invece – perk da attivare grazie ai punti abilità. Questi, ottenuti dopo ogni level up, saranno spendibili nelle cinque categorie in cui sono divise le varie abilità da sbloccare. Ognuna di queste è potenziabile raccogliendo particolari libri (che fanno il loro glorioso ritorno) oppure andando ad aumentarne di livello semplicemente utilizzando un ulteriore punto abilità dopo aver completato una particolare sfida. Usare 15 volte lo scassinamento (ad esempio) permette di sbloccare il secondo livello dell’abilità dedicata e, successivamente, con una nuova sfida sarà possibile portarla a livello 3, garantendo così bonus migliori oppure la possibilità di scassinare serrature più ardue. Spendere più punti abilità in una categoria permette di sbloccare i perk di grado più alto, consentendo così al giocatore di scegliere su che strada portare la propria build: volete pilotare navi migliori? Sfruttare i punti abilità su tecnologia permette di sfruttare bonus in grado di potenziare la manovrabilità, oppure, potenziare abilità di balistica permette di effettuare più danni o sfruttare al meglio determinate tipologie di armi. Manca quindi un vero e proprio sistema di caratteristiche da accompagnare all’utilizzo di questi potenziamenti ma, come detto in precedenza, la volontà di Bethesda è stata quella di eliminarle volontariamente così da evitare anche potenziali exploit da sfruttare per rendersi onnipotenti facilmente.

Dal punto di vista del gameplay sono stati introdotti anche i Poteri. Questi sono abilità simili agli Urli di Skyrim e figli – per qualche strano e misterioso motivo – dei Manufatti che dovremo andare a cercare nel corso dell’avventura. Grazie a un particolare NPC, infatti, potremo scovare dei Templi che contengono il potere di alcuni esseri superiori che potremo assorbire grazie alle nostre capacità, sbloccando così numerosi Poteri speciali in grado di aiutare nel gameplay, soprattutto ad alte difficoltà, con alcuni possibili utilizzi sia nei combattimenti che nei dialoghi. Sarà possibile chiamare un altro sé dal multiverso per aiutarci a sconfiggere particolari nemici, oppure vedere il futuro potendo capire quali azioni o scelte prenderanno determinati personaggi o, ancora, azzerare la gravità in un particolare punto permettendoci di sparare a nemici inermi lasciati senza alcuna possibilità di difesa. Le potenzialità ci sono e, ripetiamo, ad alti livelli di difficoltà concatenare i Poteri correttamente servirà per superare alcune sezioni particolarmente ostiche, ma per il resto sono una feature che nel corso naturale del gameplay servirà a ben poco e, anzi, visibili quasi come un flavour.

Creazione

Passiamo ora per ultimo al comparto tecnico e arriviamo a una delle note più dolenti di Starfield: l’ottimizzazione.
Abbiamo parlato, male, del Creation Engine più volte nel corso della recensione e questo motore continua a mantenere fede alla sua fama anche in questo contesto. Infatti, è possibile vedere come il motore grafico tenda a essere l’apparato più pesante dell’intera produzione semplicemente passando dal mondo aperto ad ambientazioni più chiuse, mediante i sempreverdi caricamenti che nel 2023 non hanno motivo di esistere. Alcuni edifici, infatti, possiedono dei veri e propri limiti che richiedono un caricamento – di pochi secondi a dir la verità, ma sempre piuttosto fastidioso – per passare alla parte successiva e, come per magia, tanti problemi tecnici che vengono evidenziati spariscono. Parliamo di glitch grafici o, ancora più banalmente, di una stabilità a livello di FPS e dettagli: con una build ottima, ancora oggi, raggiungere appena i 60 PFS all’aperto e gli 80 in ambienti al chiuso è qualcosa di incredibile, in senso negativo, seppur non pompando il gioco al massimo e con una risoluzione di 1440p. C’è da dire, per onestà, che Starfield è uno dei prodotti più puliti di sempre di Bethesda dal punto di vista dei bug e l’assenza del DLSS – causa partnership con AMD per pubblicizzare la nuova linea di schede – tende a farsi sentire, soprattutto in casi come questo. Rimane però strano come con una scheda di primissimo ordine come la 4070Ti sia difficile raggiungere un framerate decente su Starfield, ma sia possibile giocare Cyberpunk nella sua versione 2.0 con il RT in modalità Overdrive raggiungendo risultati molto più soddisfacenti; sicuramente c’è qualcosa su cui porre particolare attenzione in fase di ottimizzazione e siamo certi che la community supporterà il gioco con mod come fu per Skyrim all’epoca. Segnaliamo, invece, che su Xbox Series X|S il gioco è bloccato a 30 FPS senza possibilità di sblocco né attuali né future da quanto ha comunicato Todd Howard nel recente passato.

Una particolare nota positiva è, invece, tutto quello che riguarda l’aspetto artistico, con un lavoro sopraffino effettuato, come al solito, per alcuni particolari dettagli e su come si siano voluti costruire gli ambienti soprattutto interni. Per gli esterni, invece, il lavoro effettuato per generare proceduralmente tutti i pianeti non inerenti alla storia è incredibile, gli oltre mille corpi celesti sono infatti bellissimi da vedere anche se, dopo averne esplorati alcuni, il senso di déjà-vu è forte e sarete tentati di passare subito al successivo. Problematica, invece, la solita gestione dei modelli che vede la presenza di personaggi legati ancora agli storici movimenti ingessati, ancorati a un’epoca in cui il motore (il solito Creation Engine… sempre lui il problema) fa fatica a dare una svecchiata e a rendere più naturali alcuni elementi.  

Citazione dovuta, per chiudere, per l’ottima colonna sonora che accompagna ancora oggi le nostre giornate lavorative con le sue note, forse una delle migliori per quanto riguarda le serie Bethesda.

GOTY?

No, sicuramente non stiamo parlando di un candidato al titolo di Game of the Year, ma allo stesso tempo Starfield non è un brutto gioco. La recensione tende a basarsi più sui problemi perché, purtroppo, quelli sono stati fonte di notevoli delusioni che nel 2023 non dovrebbero esistere, ma, invece, l’ultima opera targata Bethesda è molto più rispetto al semplice gioco action RPG che si vede al momento. Come fu per Skyrim nel 2011, infatti, Starfield basa la sua intera bellezza nel mondo di gioco, così unico e benedetto grazie all’amato-odiato Creation Engine che – a dirla tutta – di cose buone ne fa e anche tante. Se state sperando che Starfield diventi improvvisamente un gioco dalla narrazione perfetta e dal gameplay sempre attivo e iperrealistico, vi state affidando al pusher sbagliato perché, ovviamente, non è quella la strada che vuole percorrere Todd Howard e l’intero team di sviluppo. Il gioco è, in tutto e per tutto, possibile da riassumere con la frase che più è stata detta, ma, allo stesso tempo, odiata da gran parte della stampa: “Skyrim nello spazio”, anche se manca gran parte del fascino del gioco uscito inizialmente nel 2011. Se Redfall è stata una delusione, Starfield non è neanche avvicinabile a quella parola e siamo davanti a un gioco che sicuramente avrà un futuro florido grazie alla comunità di modder che già ora è al lavoro su numerose aggiunte per migliorare graficamente e a livello di gameplay un gioco che perfetto certamente non è, ma che, allo stesso momento, tende a divertire come non mai.

Abbiamo iniziato questa recensione con la severità della maestra che è rimasta delusa dal compito dell’alunno, ma arriviamo alla fine con la voglia di riaccenderlo per farci una scampagnata su qualche pianeta a raccogliere materiale o a completare quella side quest che nella prima run non abbiamo avuto modo di fare perché “deve uscire la recensione quindi non posso fare tutto”. E questo, credeteci, vale più di qualsiasi numeretto che potete vedere sotto questa recensione, perché Starfield non è un gioco, ma una vera e propria esperienza.

Good

L'esperienza è magnifica
Mondo immenso
Lato GDR si poteva chiedere poco di più
Esplorazione dei pianeti
Colonna sonora
Lato artistico

Bad

Il Creation Engine è ormai superato
Alcune meccaniche sono arruginite
Manca il doppiaggio italiano
Gunplay legnoso
Prestazioni PC da rivedere
8.3
PEM-PEM

Sviluppatore: Bethesda Game Studios
Distributore: Bethesda Softworks
Data di uscita: 6 settembre 2023
Genere: Action RPG
PEGI: 18+
Piattaforme: Xbox Series X|S, PC (Steam, Windows Games Store)

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