Fin da quando abbiamo avuto modo di provare la prima beta di Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin non abbiamo potuto fare a meno di nutrire una sana curiosità nei confronti di questo titolo strano ed incredibilmente alieno al mondo dei JRPG a cui siamo abituati. Non che in passato non ci siano stati altri spin off originali o strani, dopotutto Crisis Core e Dirge of Cerberus dovrebbero già darci un’idea di quanto le cose possano essere differenti, ma mai ci saremmo aspettati un connubio come questo.
Stranger of Paradise non solo è un Prequel al primo Final Fantasy, ma si propone di proporre al suo pubblico un gameplay paragonabile ad un titolo souls, in questo caso Nioh. La cosa non dovrebbe sorprendere più di tanto dato che al timone di questa produzione vi è proprio Team Ninja, ma a dispetto di ciò, ed anche tenendo a mente le grandi somiglianze tra i due titoli [ed il che non è sempre un bene N.d.R.], questo Final Fantasy Origins davvero riesce a vivere di vita propria.
Dopo aver giocato assieme in live l’intero titolo, ed aver condiviso quasi 40 ore di gameplay però ci sentiamo pronti a tirare le somme su questa produzione e, anche se con un certo ritardo, questa è la nostra recensione.
Quando il mondo cade vittima del caos e dell’oscurità, 4 guerrieri della luce si faranno avanti e, grazie ai cristalli che porteranno, saranno in grado di ripristinare l’ordine e la pace.
Questo breve incipit riassume quello che dovrebbe essere l’anima stessa di questo gioco e del suo seguito, ma fin da subito le cose non saranno affatto chiare. Jack, il nostro alter ego, si ritroverà infatti ad essere uno di questi quattro eroi, ma di lui non sapremmo praticamente nulla, a parte per la sua missione, uccidere Caos, e per il cristallo che ha in tasca. Le cose saranno ancora più enigmatiche e apparentemente inspiegabili poco dopo, in quanto altri due individui Ash e Jed entreranno a far parte della nostra squadra semplicemente mostrando a loro volta un cristallo, ma senza rivelare nulla di loro o del loro passato. Nulla sembrerà turbare questa linea narrativa bizzarra, nemmeno il fatto che i tre neo-eroi vestano abiti del tutto fuori luogo per l’ambiente in cui si trovino, e ancora più stranamente sembra che nemmeno il sovrano del regno sembri particolarmente preoccupato dalla cosa. Senza troppe cerimonie saremo quindi investiti del ruolo di Guerrieri della Luce e, sebbene di quesiti irrisolti ce ne siano fin troppi verremo spediti ad uccidere mostri e riportare la pace in giro per il regno. Certo si fanno un paio di accenni al fatto che i quattro guerrieri della luce sono tre, e che i loro cristalli siano neri invece che rifulgere della luce dei quattro elementi, ma ancora una volta la questione sarà liquidata come senza importanza. Nel mentre i compiti assegnati a Jack e compagni saranno sempre incarichi di poco conto, interventi mirati ad eliminare piccole minacce locali, ma mai dirette verso la sorgente del problema.
Sarà infine Jack che con il suo carattere deciso romperà questa situazione di stallo chiedendo al Re di essere mandati direttamente ad uccidere Caos in persona. A questa richiesta il consigliere del Re solleverà diversi dubbi e perplessità, ma alla fine il sovrano cederà indirizzando il gruppetto di eroi proprio verso il castello ove dimora Caos. Sarà qui che avremo a che fare con il primo e vero twist che indirizzerà la trama nella giusta direzione. Nel castello infatti non troveremo Caos, ma al contrario finiremo con l’incontrare una quarta persona con un cristallo, e di conseguenza un quarto compagno pronto ad “unirsi” alla lotta contro Caos. Le cose però a questo punto si complicano, se Caos non è qui dove si nasconde? Ancora una volta il Re in persona si farà avanti per rivelare una realtà strana e, per Jack del tutto inaccettabile. Secondo il monarca Caos non sarebbe una creatura fisica, o per lo meno non sarebbe un’entità distinta. La missione dei guerrieri della luce sarebbe infatti quella di liberare i cristalli dall’oscurità ridonando loro splendore e riportando speranza alle genti. Questa missione, come potete immaginare non andrà però liscia quanto avrebbe potuto, e ben presto nuovi personaggi non mancheranno di popolare lo scenario complicando la trama e rendendo la storia sempre più misteriosa fino alla sua inevitabile conclusione.
La storia di Stranger of Paradise è probabilmente la componente più controversa e complessa da prendere in esame. Come abbiamo già avuto modo di dire questo titolo nasce come un prequel del primo Final Fantasy, uscito ormai nella terra del sol levante nel lontano 1987. Questo particolare ci pone di fronte ad un primo potenziale problema dato che la storia di questo titolo è ormai ben nota. A causa di ciò come potete ben immaginare il finale è abbastanza scontato e, persino i colpi di scena, risulteranno piuttosto prevedibili per chi già conosce la storia del seguito; l’unica vera domanda è come la narrativa ci guiderà verso quel finale. Ecco a dispetto di questo dobbiamo ammettere che gli sviluppatori sono riusciti a muoversi piuttosto bene nelle aree grigie della trama andando a riempire i buchi di quelle parti non dette o solo accennate nel titolo originale.
Purtroppo però i problemi non finiscono qui proprio a causa di come questa storia viene narrata e di come, nello specifico, viene fatta evolvere in funzione dei protagonisti che la popolano. Già di per sé il modo in cui parte questa vicenda è piuttosto strano, e sicuramente fa da richiamo alle vicende narrate nel suo antenato. Anche nell’originale Final Fantasy infatti la storia iniziava con ben poche spiegazioni e pochi preamboli, siete gli eroi della luce andata a combattere Caos e riportare l’ordine. In Stranger of Paradise però questa scrittura apparentemente sconclusionata, scopriremo, ha pure un senso a livello narrativo, ma per via di questo primo impatto molto strano, porta lo story telling prepotentemente in secondo piano, portando il giocatore a focalizzarsi sul game system invece che sulla storia in se. A rendere le cose ancora più strane, e tristemente vacue, i nostri compagni e comprimari, avranno un ruolo molto di tappezzeria, intervenendo solo saltuariamente per brevi periodi, ed anche in questi casi dando un contributo molto piccolo e modesto al grande disegno. Giunti a più di metà del gioco apparirà chiaro che tutti i personaggi giocano un ruolo chiave, ma per come è portata avanti la narrativa sembrerà che la maggioranza delle vicende orbitino solo intorno a Jack, e gli altri personaggi con lui rimanendo inesorabilmente eclissati da questo binomio ineluttabile Jack Vs Caos. A onor del vero, questa situazione cambia radicalmente alla fine del gioco dove, per una serie di eventi che non staremo ad anticiparvi, ci ritroveremo di fronte ad una grossa svolta narrativa. In questo momento Jack e compagni si presenteranno ai nostri occhi finalmente come un’entità viva con una storia, dei sentimenti e dei legami. Giunti a questo punto però questa inversione avviene troppo tardi e in modo troppo repentino per poter avere un vero e proprio impatto emotivo sul giocatore. Anche alla luce delle rivelazioni nell’arco finale purtroppo viene a mancare un vero e proprio legame tra il giocatore (Jack come protagonista) ed i suoi compagni, legame che si sarebbe potuto creare con l’evoluzione degli eventi anche semplicemente rompendo la quarta parte, e fornendo queste informazioni al solo giocatore.
Per concludere questo stratagemma narrativo sebbene consenta di creare un minimo di effetto sorpresa per come alcuni eventi finiscono con l’evolversi, genera purtroppo anche un certo sbilanciamento nella narrativa che risulterà vuota e sconclusionata per la maggior parte della storia, per poi condensare la maggioranza degli avvenimenti alla fine.
Esaurito l’argomento storia non ci resta che affrontare l’argomento gameplay, e per questo capitolo ci sono buone notizie per Stranger of Paradise. La scelta di creare un action RPG con una chiara ispirazione al mondo dei Souls Like (e Nioh in particolare), ha giovato all’esperienza finale creando sicuramente non qualcosa di originale, ma non per questo meno divertente.
Le ispirazioni come già detto sono piuttosto chiare, ma proprio grazie a questa deriva gli sviluppatori sono riusciti ad implementare in modo incredibilmente intelligente anche un ottimo job system ed un loot system estremamente ricco e basato sul livello. Ma partiamo dalle basi.
Stranger of Paradise ci permette di controllare il nostro alter ego Jack e di personalizzarlo sotto molti aspetti. Il combat system si basa su una serie di fondamentali estremamente importanti da padroneggiare e che richiedono una certa pratica. Abbiamo l’attacco normale la schivata e la parata come in ogni buon RPG, ma ad affiancarsi ad esso abbiamo le tecniche secondarie, basata sulla classe e dall’arma che useremo, i talenti, speciali abilità che una volta sbloccate potremo utilizzare da un menu a parte, le magie, anche queste limitate dalla classe che decideremo di usare e una parata secondaria che consumerà la nostra stamina, ma ci consentirà di rubare alcune tecniche ai nostri nemici. Scegliere la classe sarà molto importante a sua volta perché quest’ultima ci dirà quali armi possiamo impugnare e di conseguenza quali tecniche sbloccheremo, che move set disporremo con gli attacchi base ma anche e soprattutto quali ulteriori classi potremo sbloccare. Ad evolvere non sarà infatti il personaggio in sé, ma le armi a sua disposizione e le classi che, a mano a mano che verranno potenziate attraverso degli alberi specifici, permetteranno di sbloccare di nuove.
Queste personalizzazioni saranno disponibili, seppur in misura ridotta, anche per i nostri alleati, ma differenza di Jack questi ultimi non avranno accesso a tutte le classi e potranno usarne solamente una invece delle due accessibili al nostro protagonista. Per queste ultime cambia anche il metodo di sblocco; non sarà infatti sufficiente rendere disponibile una classe al nostro protagonista per poterla usare su un nostro alleato, al contrario per ottenerne di nuove sarà necessario ritrovare alcuni ricordi smarriti del personaggio in questione. Queste ricompense sono disponibili come premio di alcune missioni secondarie e, una volta portate a termine, permetteranno al compagno che avrà riottenuto il suo ricordo, di selezionare la nuova ambita classe, indipendentemente che sia una classe sbloccata per Jack o meno.
Le battaglie sono senza ombra di dubbio la parte più divertente in questo titolo, ma come avremo modo di vedere sapranno saltuariamente mettere alla prova la pazienza del giocatore. Detto questo vale la pena spendere due parole su alcune meccaniche che rendono estremamente originale questo titolo, ma anche un pelo ostico.
In primis vale la pena citare il sistema su cui si basano le magie, o più in generale il sistema di vulnerabilità che ci sta dietro. Le magie sono le classiche magia nera, bianca ecc… e come avrete capito dipendono dal tipo di mago che sceglieremo come classe ma non solo. Ogni classe è infatti specializzata in un aspetto della magia, offensiva, curativa, buff e molto altro; la diretta conseguenza di ciò è che anche le meccaniche offerte saranno uniche. Alcune classi saranno ibride fornendo quindi accesso sia a magia bianca che nera, altre saranno concentrate in modo più marcato sull’offensiva permettendo di caricare la magia in questione per lanciarne una versione potenziata. Man mano che sbloccheremo nuove classi avremo accesso a nuove forme di magia e nuove meccaniche. Tenendo presente che le classi sono divise in diversi livelli di potenza, a partire da classe base fino a leggendaria, avrete capito che non è la varietà che manca.
La storia però non finisce qui: infatti, la cosa importante è che la magia, come anche le diverse forme di attacco fisico, sono incredibilmente utili per sfruttare le vulnerabilità dei nemici. Ogni avversario dispone infatti di una barra che rappresenta come per il nostro protagonista la sua resistenza o stamina. Se esaurita questa stordisce il malcapitato e lo rende vulnerabile. Nel caso di Jack questo si traduce in una temporanea incapacità di agire, per i nemici ci consentirà di finirli con una esecuzione che ci consentirà anche di recuperare preziosi punti magia.
Un’altra meccanica che abbiamo già citato è una parata speciale chiamata Scudo Spirituale (attivata tramite il tasto O oppure b), una sorta di parry magico che permette di bloccare un gran numero di attacchi nemici. Questi ultimi infatti sono identificati da un codice colore piuttosto semplice dove, ad esempio, gli attacchi non parabili sono di colore rosso e le abilità magiche di colore arancione. A questi due colori si aggiunge il colore viola che ci consentirà di usare il nostro Scudo Spirituale non solo per bloccare l’abilità nemica, ma anche per rubarla e poterla utilizzare un numero finito di volte a nostro vantaggio. Come se ciò non bastasse usare lo Scudo Spirituale ci consente anche di ottenere più PM e persino di ottenere delle barre in più nel caso le avessimo spese come costo di lancio per alcune abilità.
Per progredire nel gioco non avremo a disposizione solo il potenziamento dei personaggi e delle classi, ma avremo modo di potenziare, e raffinare anche gli equipaggiamenti alla forgia. Come accadeva già in Ni-oh, infatti, troveremo un congruo quantitativo di armi ed armature, e anche avendo dei compagni a cui donarle, finiremo con il non usarne una grandissima quantità. Per questa ragione Stranger of Paradise ci offre un meccanismo per smantellare gli oggetti obsoleti e tramutarli in preziose risorse utili per migliorare il nostro armamentario alla forgia. A volerla dire tutta però durante la nostra intera esperienza a Stranger of Paradise praticamente non abbiamo mai ricorso a questa funzionalità, vuoi perché ci vuole un po’ di tempo prima di disporre dei materiali necessari per procedere, ma soprattutto perché il loot system fornisce un quantitativo di armi e protezioni davvero incommensurabile, questo vi porterà a cambiare equipaggiamento talmente di frequente che davvero non farete in tempo a potenziare un componente che già lo dovrete cambiare. Persino quando sarete di livello molto alto, e prossimi alla fine del gioco, le cose davvero non cambieranno, e finirete a cambiare anche per intero il vostro set diverse volte mentre progredirete verso la fine della storia.
A onor del vero però esiste un ma che vale la pena prendere in esame. Una volta terminato il gioco a difficoltà dinamica verrà infatti sbloccata la modalità caotica. Ora la potenza del nostro alter ego virtuale è espressa dal livello del suo equipaggiamento, e questo dipende dalla media dei valori degli oggetti che portiamo addosso. A mano a mano che procederemo nella storia il livello degli oggetti trovati cambierà tendendo sempre di più verso l’alto, ma anche la potenza dei nemici ed il livello consigliato. Una volta giunti alla fine della storia saremo abbondantemente sopra al livello 100 con la possibilità di ottenere oggetti di un livello piuttosto simile [Di solito qualcosa in più n.d.r.], accedendo alla modalità caotica invece le cose cambieranno non poco. Il livello delle missioni salirà infatti oltre i normali limiti fino ad un massimo di 200 e, oltre a ciò, sarà possibile avere speciali equipaggiamenti chiamati “Cimeli”, armi che potranno disporre di due affinità a due classi diverse allo stesso tempo [l’affinità permette di potenziare una specifica classe, ma normalmente ogni pezzo avrà sempre e solo una affinità N.d.R.]. Alla luce di un mondo che diventa molto più aggressivo, e di oggetti che saranno più potenti, ma avranno comunque un limite superiore, la funzionalità della forgia assume improvvisamente un nuovo significato diventando, oltre un certo punto, l’unico modo effettivo per ottimizzare ulteriormente i nostri eroi.
Giunti a questo punto non ci resta che tirare le somme su questo titolo e sottolineare cosa ci ha convinto e cosa invece ci ha lasciato un po’ di amaro in bocca. Come avrete capito i dubbi più grossi risiedono nella narrativa del titolo, in come è stata gestita e soprattutto come questa si ripercuote sull’evoluzione del rapporto tra i personaggi ed il protagonista. Il gameplay è al contrario estremamente divertente e, grazie alla varietà di classi, armi ed opzioni in generale, riesce ad intrattenere non poco il giocatore, soprattutto laddove la storia in principio manca di mordente e spessore.
Anche qui però esistono un paio di difetti che ci teniamo a sottolineare per evitare brutte sorprese ad eventuali giocatori futuri del titolo. Il combat system e il game design soffrono di una problematica abbastanza comune a questo genere di giochi, cosa che potrebbe scoraggiare alcuni giocatori dall’intraprendere soprattutto le difficoltà più elevate. A partire dal danno inflitto dai nemici, passando per il loro design e finendo con il loro posizionamento nei livelli, appare piuttosto chiaro come molti di questi aspetti non siano stati pensati con la dovuta cura, ma anzi in alcuni momenti siano usati per ostacolare il giocatore dal progredire in modo troppo celere all’interno di una zona. Alcune bossfight non sono proprio pensate benissimo e, sebbene non siano di per se difficili, sono spesso bilanciate in modo discutibile risultando a tratti frustranti da affrontare in modo diretto ed a tratti banalizzate dalla presenza dei nostri alleati che se tenuti in vita faranno letteralmente i buchi ai boss. Questa problematica risulta ancora più evidente verso la fine del gioco, dove alcuni frangenti o stanze sono letteralmente arene riempite dai nemici più fastidiosi o corazzati del gioco piazzati a bella posta per fare inerzia. Questa situazione può facilmente essere aggirata evitando lo scontro e tirando dritti verso la fine del livello, ma al prezzo di perdersi potenziali tesori e segreti sparsi per le ambientazioni di gioco.
Concludere questo viaggio è stato un lungo percorso, finire Stranger of Paradise portando a termine quasi tutte le missioni secondarie in una singola difficoltà ci ha richiesto circa 40 ore, questo senza nemmeno toccare il contenuto post end game e la modalità caotica. Questo la dice lunga sul quantitativo di contenuto che il gioco ha da offrire, ma allo stesso tempo lo rende abbastanza impegnativo.
Detto ciò, alla fine di queste 40 ore possiamo sentirci assolutamente soddisfatti della nostra esperienza e, anche se abbiamo incontrato alti e bassi, nel complesso il gioco ci ha divertiti ed ha saputo offrirci contenuti interessanti ed ambientazioni varie e di una certa dimensione.
Stranger of Paradise non è certo un gioco per tutti, ma sicuramente rivolto a quegli appassionati degli Action RPG che vogliono sperimentare un’avventura nel mondo di Final Fantasy diversa dal solito JRPG, sia action o a turni. Questo rende Final Fantasy Origin sicuramente un ottimo spin off, magari non perfetto, ma sicuramente con una sua identità.
Devi essere connesso per inviare un commento.