recensione

The Division 2

Il nuovo gioco di Massive Entertainment è arrivato. Ecco la nostra recensione

Pubblicato il 30 Aprile 2019 alle ore 14:00
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Dopo 3 anni dal lancio del primo capitolo, Ubisoft porta sul mercato il seguito della serie The Division presentando The Division 2. A distanza di 7 mesi dagli eventi di New York, narrati nel primo capitolo, saremo portati a Washington DC e, ancora una volta, dovremo fare i conti con le conseguenze dell’epidemia scoppiata in precedenza. A seguito della caduta di New York e della sua riconquista grazie agli agenti della Divisione, le cose non sono poi andate tanto bene. Sembra infatti che il patogeno si sia sparso al di fuori della città, compromettendo l’ordine pubblico e portando molti centri abitati sull’orlo del collasso. In questo secondo capitolo ci troveremo alle prese con Washington DC, un’ambientazione per certi aspetti meno carismatica della cosmopolita New York, che però ha ugualmente il suo fascino grazie ai numerosi monumenti, attrazioni turistiche e location legate in modo indissolubile alla cultura americana.

La divisione

Nel momento in cui inizieremo la nostra partita sarà subito chiaro che le cose non vanno affatto bene. La città è nel caos più totale, le autorità e persino la JTF [un ente che ci ha affiancati durante gli eventi di New York e che rappresenta una task force per le emergenze n.d.r.] sono allo sbando, ed i pochi superstiti cercano di asserragliarsi nei punti ancora sicuri. Uno di questi è la Casa Bianca, ma anche qui non si respira proprio aria di distensione. Tutta la popolazione che infatti ha perso la testa, o ha deciso di darsi allo sciacallaggio e alle razzie, imperversa per la carcassa di una DC ormai scheletrica e, a causa di queste bande più o meno organizzate, anche quei pochi avamposti superstiti non sono affatto al sicuro. In quanto agenti della Divisione noi siamo ciò che separa questo barlume di civiltà dal totale annientamento, siamo lo scudo e la speranza che permette a queste persone di sopravvivere; un compito decisamente arduo e rischioso che ci porterà in primis a consolidare le difese e in secondo luogo ad esplorare e prendere contatto con gli altri avamposti sparsi per Washington. Il nostro compito non sarà infatti solo quello di difendere i deboli e soccorrerli, ma saremo un vero e proprio collante tra le varie comunità. Dovremo offrire loro supporto, aiuti, conquistare la loro fiducia e convincerli a collaborare su una scala più grande per il bene di tutti. Questo si traduce in un gran bel mosaico di missioni, richieste, progetti ed eventi sparsi in giro per la città a cui saremo chiamati, di volta in volta a prendere parte. Questa è l’essenza della narrativa in The Division 2, un insieme di momenti, situazioni e personaggi che ci accompagneranno per brevi istanti dipingendo una scena ben più grande e varia. La storia di questo gioco infatti la si vive proprio giocando ogni missione secondaria, ogni evento, completando i progetti ed affrontando i più svariati nemici. Un lavoro fatto in fin dei conti piuttosto bene e che offre almeno un po’ di spessore a delle situazioni che, altrimenti, sarebbero percepite alla stregua di banali fetch quest riempitive. Il fatto che ogni missione, principale o secondaria, abbia un suo contesto, una sua storia e, talvolta, anche i suoi personaggi unici, depone sicuramente a favore del comparto narrativo, contestualizzando in questo modo ogni singola quest all’interno dell’ambiente urbano ed umano che saremo chiamati ad esplorare.

Tecnologia Shade

Per chi a suo tempo aveva già giocato al primo The Division ambientarsi in questo secondo capitolo sarà piuttosto facile. Molte meccaniche sono state infatti ereditate una ad una come erano nel primo gioco, ciò non di meno sono state fatte alcune aggiunte interessanti e qualche cambiamento degno di nota. Al suo debutto The Division era stato infatti criticato [assieme ad altri giochi del genere che ancora oggi sono nel mirino delle critiche generalizzate n.d.r.] per un iniziale povertà di contenuti verso la parte finale del gioco. Non solo questo, a mano a mano che un personaggio progrediva e raggiungeva il livello 30 si sentiva sempre di più il campo restringersi fino ad offrire ben poche alternative una volta raggiunto il massimo. Alla luce di questo Ubisoft già con le espansioni ed i DLC aveva messo una pezza alla sua prima creatura, ma in occasione del seguito deve aver preso appunti e compreso che, la maggioranza dei giocatori, vuole un End Game valido e vario. The Division 2 porta infatti un bel po’ di contenuti, parola chiave attorno alla quale è orientato gran parte del gioco. Se siete in cerca di un gioco in cui avrete decine di ore da spendere sia prima del fatidico 30, sia dopo, The Division 2 potrebbe fare al caso vostro e, tra missioni principali, secondarie, conquiste di avamposti, eventi in giro per la mappa, raccolta di materiali e casse Shade (essenziali per progredire con lo sblocco della abilità e delle varianti delle skill), avrete un bel po’ di ore da spendere sia in solitaria che in compagnia. Ad aggiungersi a questo già vario menu troviamo infine le istanze di fine gioco, la zona nera e il Conflitto (un combattimento PvP su più piccola scala). Da notare infine che le roccaforti nemiche, sebbene in parte si trovino in zone di livello basso, richiedono tutte un livello decisamente alto, ma non per forza il 30, a dimostrare che in alcune di queste impegnative e remunerative missioni, potrete già iniziare a cimentarvi prima di raggiungere il Level Cap.

Extremis malis extrema remedia

Come già detto The Division 2 non stravolge il gameplay introdotto dal primo capitolo, ma al contrario cerca di mantenere le solide basi preesistenti e le espande cercando di coinvolgere maggiormente il giocatore. Starà quindi a noi far rendere al meglio il nostro equipaggiamento, sfruttare le coperture in modo intelligente e, quando possibile, giocare di squadra, per sconfiggere le ondate di nemici che ci si pareranno davanti. Sarà infatti fondamentale riuscire a familiarizzare con il gameplay, oltre che sviluppare una certa affinità con le armi scelte, per far fronte a un nemico più insidioso del previsto. The Division è infatti un gioco che non va preso di petto e, salvo rari casi in cui fronteggerete nemici molto più bassi di livello di voi, sarete costretti a giocare le vostre carte senza riserve, arma distintiva compresa. Il primo consiglio che ci sentiamo di dare è proprio sfruttare tutte le risorse che si hanno a disposizione. Tenere le abilità, le granate e le munizioni da parte, sebbene possa sembrare una buona strategia, a conti fatti non paga. Skill e abilità si ricaricano abbastanza alla svelta, e le munizioni e le granate ci verranno fornite senza troppi complimenti come rifornimento, o come drop dai nemici. Persino i Kit armatura, fondamentali per curarsi nel bel mezzo dell’azione, non sono poi così rari, motivo per cui meglio usarne uno in più che morire tenendosi nell’inventario il tutto. Se poi avrete a disposizione uno o più amici con cui condividere l’esperienza, beh sicuramente The Division 2 saprà offrirvi diverse soddisfazioni, oltre che ore di intrattenimento.

Purtroppo però non è tutto oro quel che luccica e The Division 2 non è solo luci, ma anche ombre. Affrontare questo secondo capitolo è stato un susseguirsi di momenti incredibilmente soddisfacenti, e di altrettanti momenti di grande delusione. Uno dei punti più oscuri, e secondo il nostro parere uno dei passi indietro più palesi in questo seguito è l’IA dei nemici. In quasi la totalità degli scontri l’intelligenza [o forse è meglio dire la deficienza N.d.r] artificiale dei nemici si è rivelata disastrosa. I nemici a tratti si buttano dietro le coperture rimanendoci per minuti interi senza muoversi e a tratti corrono dritto per dritto verso il giocatore in un tentativo di ingaggiare in corpo a corpo. Il fatto è che non sono solo i nemici equipaggiati di armi bianche a correrci incontro, ma anche alcuni armati di fucile finiranno per buttarcisi addosso, salvo poi scavalcarci come se non esistessimo, correre dietro un altro riparo, girarsi e riprendere a sparare. Le situazioni più strane sono infine nemici che ignoreranno le coperture del tutto, cercheranno di aggirarci goffamente rimanendo del tutto allo scoperto, ed infine anche se posti di fronte all’occasione di crivellarci di proiettili, smetteranno di sparare per andarsi a rintanare nuovamente. Tutto questo non si risolve infine in un massacro senza senso, e non abbassa più di tanto la difficoltà del gioco, a causa dell’eccessiva vita di molti nemici. Pur vero che The Division non è uno sparatutto, ma un MMO che basa il suo gameplay sui parametri, ma resta comunque il fatto che lungo il nostro gameplay per abbattere un nemico medio serve circa un caricatore di un fucile d’assalto o comunque diversi colpi alla testa. Inoltre alcune classi di nemici può letteralmente abusare della corazza in dotazione rendendo gli scontri ancora più lenti e rivelando un gamplay studiato più per gruppi di persone che per il singolo giocatore. A rendere le cose ancora più complicate [e per certi aspetti irritanti N.d.r.] la città di DC risulta essere molto più piena di nemici della cara vecchia New York. Muoversi per la mappa sarà a causa di ciò una procedura lenta e spesso frustrante che ci costringerà a scontri a fuoco a volte indesiderati ed in cui finiremo per dover fronteggiare più gruppi di avversari alla volta a causa dell’eccessiva vicinanza di questi ultimi. Anche alcuni eventi e avamposti, che da un lato aggiungono materiale al gioco, finiranno altrettanto spesso per finire in mezzo alla nostra strada moltiplicando i nemici e complicandoci la vita, oltre che i tempi per raggiungere una missione principale o secondaria.

Ultimo, ma non meno importante, vale la pena spendere due parole per quanto riguarda i Bug nel gioco. Se da un lato dobbiamo ammettere di non averne trovati di particolarmente gravi o compromettenti, abbiamo ugualmente dovuto affrontare una serie di problematiche minori molto irritanti che ci hanno costretto talvolta a ricaricare la partita e perdere anche qualche progresso. A partire da alcune disconnessioni fastidiose, passando per compenetrazioni indesiderate per finire con caricamenti tardivi e pop di elementi grafici, The Division 2 è afflitto da tutta una serie di piccoli problemi che rendono l’esperienza sicuramente non negativa, ma per lo meno godibile di quanto non vorremmo, e se da un lato le disconnessioni sono state per fortuna poche [e forse non tutte attribuibili al net code N.d.r.] alcune situazioni e compenetrazioni hanno talvolta incastrato senza possibilità di salvezza il nostro personaggio forzandoci ad uscire dal gioco e rientrare per resettare la posizione. Per concludere infine l’HDR è l’ultima gioia e dolore di questo lungo elenco. Se da un lato infatti questa nuova tecnologia supportata da alcuni televisori è estremamente piacevole agli occhi, in alcune occasioni si è dimostrata un’arma a doppio taglio che rende alcune transizioni dall’interno all’esterno, e viceversa, decisamente troppo luminose o troppo scure, trasformando i nostri scontri a fuoco in un tiro a segno per cechi decisamente poco piacevole.

Nelle nostre partite abbiamo avuto infatti modo di mettere alla prova il gioco sia in Full HD che in 4K, entrambi con o senza l’HDR attivo. A conti fatti, sperimentare il 4K con HDR è sicuramente coinvolgente d ha una resa straordinaria, ma purtroppo tende ad accentuare i limiti del motore grafico. I pop di elementi grafici, i caricamenti tardivi di texture e modelli si fanno così molto più evidenti e, soprattutto a seguito di un viaggio rapido, state pronti a vedere un bel po’ di elementi sfocati o invisibili attorno a voi, come i dettagli del terreno, le scritte sui veicoli e gli oggetti più lontani.

Zona nera

Per il capitolo multiplayer ci sono diverse buone notizie. Non solo Ubisoft ha lavorato parecchio sui contenuti end game, fornendo così un titolo che non finisce con il level cap, ma piuttosto un gioco che, arrivati a questo punto, propone per lo meno una serie di interessanti alternative legate in ugual misura alla vita del proprio clan [perché come ben si può intuire si possono fondare clan e squadre per affrontare il multiplayer n.d.r.] oppure anche al semplice PvE.

Ereditata dal primo capitolo della serie, la Zona Nera (in questo caso Zone Nere) rappresenta una delle caratteristiche distintive di questa serie. Si tratta infatti di un visto tra PvP e PvE dove un gruppo di giocatori umani si ritroverà in un’area in cui non esistono garanzie e leggi. La zona contaminata richiede regole e procedure speciali e persino gli oggetti recuperati al suo interno, prima di essere adoperati, devono essere estratti in una delle zone segnalate, e decontaminati. Fino al momento dell’estrazione però non avremmo alcuna garanzia sul bottino accumulato, e in caso di morte anzi quest’ultimo rimarrà alla mercé del primo che passa. Se quindi da un lato conviene cooperare per affrontare nemici più forti e ottenere un bottino più ricco, dall’altro non sempre potremo fidarci dei nostri compagni che, spinti dalla bramosia, potrebbero decidere di eliminarci per appropriarsi del nostro loot. Un’azione tanto scorretta quanto talvolta vantaggiosa, ma che non deve essere portata avanti a cuor leggero. Gli altri agenti della divisione non vedono di buon occhio comportamenti del genere ed essere marchiati come traditori, anche per poco, scatenerà spesso una vera caccia all’uomo nel tentativo di stanare il responsabile e strappargli a sua volta l’agognato premio.

Come per il gioco normale, anche la zona nera in questo nuovo capitolo non è stata rivoluzionata, ma porta comunque con sé una serie di cambiamenti degni di nota. Il più gradito di questi è forse la maggior contestualizzazione che è stata data a queste aree rispetto al passato. Ora per ogni zona nera trovata avrete una breve missione introduttiva che verrà giocata in modo individuale. Questo primo contatto permette in primis di farci familiarizzare con la mappa, facendoci trovare i principali punti di interesse e rifugi, e secondariamente crea una breve storia ed un contesto all’ambiente che stiamo per esplorare giustificandone l’esistenza. Oltre a questo, possiamo elencare un nuovo sistema a gradi per i giocatori “traditori”, nuovi eventi per le tre Dark Zone speciali che coinvolgeranno l’intera zona PvPvE ed infine un lieve cambiamento al sistema di loot secondo cui il livello dei Drop si adatterà al livello del giocatore e, a quanto pare, non tutto l’equipaggiamento potrebbe risultare contaminato [anche se le componenti più rare lo saranno praticamente sempre N.d.r.]

A parte ciò, la Zona Nera resta un validissimo elemento di Gameplay che vi offrirà sicuramente ore di divertimento, tensione e, non vi nascondiamo, anche qualche imprecazione; detto questo, resta un mondo un po’ a sé stante, con livelli dedicati, vantaggi e bonus sbloccabili giocando ed un loot che sicuramente non mancherà di suscitare l’interesse di molti.

Conclusioni

The Division 2 è un titolo controverso che ci ha accompagnato in queste settimane lasciandoci grosse soddisfazioni e grosse perplessità. Da un lato il titolo è pieno zeppo di contenuti, missioni da compiere, avamposti da potenziare ed eventi da completare. Il PvP tra Conflitto e zona Nera alla fine funzionano, e i Clan non mancano di darsi battaglia per il predominio delle classifiche. La prima impressione sarebbe dunque fortemente positiva, se non saltassero fuori molti elementi meno brillanti a minare il divertimento e l’esperienza di gioco. Il numero elevato di nemici per la mappa, lo scarso livello della IA e persino la scarsa utilità di alcune abilità, rendono dopo la prima decina di ore il gioco piuttosto pesante. Ad onor del vero, se giocato in compagnia questa mancanza si sente molto meno, sia in termini di tempi morti, sia per gli scontri superflui in giro per la mappa durante gli spostamenti. Proprio per questa ragione però ci sentiamo di sollevare qualche dubbio per chi sceglie di giocare in solitaria; sia chiaro, non stiamo sconsigliando il titolo a priori, piuttosto il nostro consiglio è quello di meditare prima dell’acquisto se è il titolo che potrebbe fare al caso vostro e, da giocatori del primo The Division, ci sentiamo di porre qualche riserva. Rispetto al primo capitolo sono stati fatti indubbiamente molti passi in avanti, ma certi elementi fondamentali del gameplay invece sono drammaticamente peggiorati. La vita dei nemici è sostanzialmente più alta rispetto al passato, e a fronte di questo il peggioramento dell’IA rende ancora più marcata questa cosa. Il risultato è un senso di pesantezza che pervade il gioco rendendolo, a nostro modo di vedere, meno soddisfacente e più lento del suo primo capitolo. Dalla sua, questo The Division 2 ha invece una gran varietà di contenuti che, se giocati con lo spirito giusto e la compagnia giusta, potrebbero facilmente intrattenere per molte ore di fila. La longevità infatti non manca di certo al gioco, così come le cose da fare, e se riuscirete a superare queste fasi iniziali e trovare qualcuno con cui condividere l’esperienza, avrete tra le mani anche un gran bel titolo.

Good

Ricco di contenuti e missioni da affrontare
Graficamente notevole
Missioni amalgamate molto bene con il mondo di gioco
Multiplayer e Zona Nera riescono ad aggiungere longevità al titolo

Bad

IA spesso poco rifinita e scadente
Esplorazione spesso lenta e ricca di combattimenti inutili
Bug decisamente frequenti e a tratti fastidiosi
7.7
"PRETTY GOOD"

Sviluppatore: Massive Entertainment
Distributore: Ubisoft
Data di uscita: 15 marzo 2019
Genere: Action RPG, Sparatutto in Terza Persona
PEGI: 18
Piattaforme: PlayStation 4, Xbox One, Google Stadia, PC

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