recensione

Wild Hearts

L'erede di Monster Hunter finalmente debutta... riuscirà ad usurpare il trono?

Pubblicato il 7 Marzo 2023 alle ore 14:10
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Tanti sono i giochi che hanno provato a insidiare il trono di sua maestà Monster Hunter, l’hunting game per eccellenza - parliamo di un’esperienza in cui la caccia di mostri giganteschi è il cuore e il farming diventa amico di mille ore passate insieme - e titoli God Eater e Toukiden hanno ricevuto una discreta ricezione a livello di critica, seppur non siano stati capaci di arrivare all’asticella puntata da Capcom.
A provarci, questa volta, è EA che con la sua etichetta Originals propone in collaborazione con Omega Force (Koei Tecmo) Wild Hearts, il gioco che abbiamo cercato di scoppiare nel corso delle scorse settimane e a cui siamo arrivati ora ad una conclusione. Andiamo insieme a scoprire di più su Wild Hearts in questa recensione!

Karache?

La storia di Wild Hearts ci porta nei panni di un cacciatore che si ritrova misteriosamente in possesso di un potere per evocare i Karakuri, dei particolari accessori in grado di aiutarlo a gestire la crisi dei Kemono. Queste sono bestie enormi, chiaramente ispirati dalla mitologia e dalla credenza giapponesi, che stanno mettendo a soqquadro l’intera isola e - soprattutto - sottopongono a dura prova le difese di Minato, una cittadina che funge da baluardo difensivo del posto.
Seppur non ci si trovi davanti alla novità del secolo, Wild Hearts narrativamente funziona e questo è dovuto a una cura nella scrittura che è raro trovare nel genere. Niente di trascendentale o particolarmente curato, ma perlomeno è considerabile una buona scusa per uccidere mostri giganti e letali (amici del PETA non vi preoccupate, si parla di videogiochi e le creature fanno MOLTO male) e i dialoghi lo confermano. La scrittura infatti non è banale come si potrebbe pensare -certo, non ci troviamo davanti a un titolo Naughty Dog- e per quanto lineare, terrà incollati allo schermo fino alla fine, più di quanto non riescano a fare altri comparti del gioco stesso.

A questo punto prendiamo la palla al balzo per parlare immediatamente dell’elefante nella stanza che ha ingombrato un po’ tutta la prova: il comparto tecnico. Su PlayStation 5, console su cui abbiamo effettuato la prova, la sensazione di avere per le mani un titolo solo di “nuova generazione”, come è effettivamente Wild Hearts, non si è sentita e - anzi - giocato con la modalità a 60 fps la risoluzione sembrava calare fin troppo. Soprattutto l’ambientazione pareva risentire di questo problema, con la vegetazione che tendeva a ricordare troppo quella vista su console di settima generazione da quanto poco impressionanti e poco dettagliate.
Un aspetto, invece, su cui è stato eseguito un buon lavoro sono i modelli dei Kemono che in quanto a design, potevano rivaleggiare tranquillamente con quanto visto nel recente porting di Monster Hunter Rise. Purtroppo una sola estetica azzeccata non può salvare un gioco intero e non possiamo dirci per nulla contenti di questo andazzo: tante volte PlayStation 5 e Xbox Series X sono state elogiate per la qualità dei lavori pubblicati (guardate anche recentemente con Hogwarts Legacy, che il nostro Boss ha premiato con un sonoro 10) e Wild Hearts sembra un notevole passo indietro. Non è accettabile che, nel 2023, si debba scendere a compromessi per avere una risoluzione decente e un framerate stabile su una console che dovrebbe arrivare a pari prestazioni con un PC. Oltre a questo, dobbiamo aggiungere, per dovere di cronaca, la presenza di alcuni problemi tecnici anche per quanto riguarda la telecamera che spesso vaga troppo per i fatti suoi, andando a rovinare molti momenti in combattimento e rischiando di far perdere una caccia già vinta.
Un ultimo punto lo mettiamo sui bug che si possono incontrare nel corso delle missioni, rendendole un vero e proprio terno al lotto: durante la nostra avventura abbiamo incontrato mostri che rimanevano immobili, rendendoci le quest vinte in partenza e – al contrario – altre volte ci sono capitate creature totalmente immortali a causa di qualche compenetrazione sbagliata, continuando però a lanciare attacchi ad ampio schermo letali per il cacciatore. Niente che non si possa sistemare con qualche patch, ma purtroppo questa sta diventando una deriva pericolosa nel mondo videoludico di oggi.

I Kemono fanno sempre più male

Parliamo ora del punto focale di Wild Hearts: i Kemono. Le creature, infatti, diventano fondamentali da cacciare per mantenere salva la città di Minato e portare a termine l’avventura. Il paragone con Monster Hunter qui si fa sentire e la filosofia dietro a Wild Hearts inizia prepotentemente a venir fuori grazie l’ispirazione derivante dalla mitologia giapponese che la fa da padrona. Abbiamo scimmie giganti, galli, ricci, corvi, e chi più ne ha più ne metta, ognuno è caratterizzato da un proprio tratto distintivo e non da un vero nome (Dorsorubino, ad esempio) e il team ha fatto un ottimo lavoro per caratterizzarli uno per uno anche se, come in Monster Hunter, tende a vedersi troppo quella voglia di riciclare modelli per dare un numero maggiore di creature con delle minuscole differenze. I Kemono, dicevamo, sono il punto focale di Wild Hearts perché, da buon hunting game, il suo scopo è quello di cacciare queste creature, raccogliendo i materiali che forniscono, creando così un equipaggiamento sempre più forte in una sorta di gameplay loop che trova il suo termine solo con il boss finale.
Il livello dei Kemono è quello di un normale High Rank di Monster Hunter – i più avanzati addirittura possiamo paragonarli ai mostri G-Rank – e le difficoltà all’inizio sono evidenti. Infatti, per aiutare il giocatore, Koei Tecmo ha inserito due elementi chiave del genere: la coop e i karakuri. Il metodo di cooperazione con altri giocatori è semplice: una volta entrati in una macro area sarà possibile evocare fino a un massimo di due compagni in maniera totalmente automatica. Questo andrà, ovviamente, a toccare gli hp del mostro ma renderà le cacce una vera e propria passeggiata, in quanto l’altro elemento che viene in soccorso tende a rompere gran parte del gameplay. I karakuri, infatti, sono oggetti nati per la caccia ai Kemono e aiutano il giocatore con fughe dagli attacchi e nuove strategie offensive; parliamo ad esempio del trampolino o della molla orizzontale che aiutano a compiere movimenti utili per le schivate e – al contempo – attivano pattern d’attacco unici in grado di fare tanto – troppo – male all’avversario. Altri karakuri, i più avanzati, rompono l’esperienza stordendo i mostri o garantendoci la sicurezza di parare gli attacchi più potenti. Questi saranno più difficili da creare (in quanto dovremo combinare le creazioni), ma gli effetti sono totalmente fuori da ogni bilanciamento. Quest’ultimo è messo a dura prova anche dalle armi, le cui tipologie non sono ampie come quelle presenti in Monster Hunter, ma si dividono prettamente in due categorie: facili da usare ma con pochi danni, oppure complesse e completamente rotte. Ci sorprende che Omega Force, da sempre famosa per i giochi di questa tipologia, non abbia provveduto a bilanciare tutte le opzioni offensive in campo, ma questo è un problema che affliggerà soprattutto coloro che non prediligono certe armi che, invece, diventeranno presto il meta. Parliamo ad esempio dell’arco che con poche frecce è capace di fare danni devastanti o dell’artiglio, che garantisce una mobilità fuori da ogni limite essendo anche utile per colpire i Kemono mentre provano a fuggire.
Esistono già alcune build studiate per tirare fuori il meglio dalle armi disponibili e rendere ogni missione veloce, ma l’intera esperienza è completabile anche senza questi exploit.

Insomma, il gameplay di Wild Hearts è divertente, ma si perde nei piccoli dettagli come la mancata cura del bilanciamento tra karakuri e armi. Peccato perché, tutto sommato, il divertimento è alto ma per i fan del genere questo sbilanciamento potrebbe essere un qualcosa che rompe completamente l’esperienza che, insieme ai già citati bug, provoca alcune tra le imprecazioni più ardite.

L’erede di Monster Hunter? No, ma…

Wild Hearts è totalmente un’occasione mancata e non potrei essere più triste nello scrivere queste parole. Da fan di Monster Hunter l’attesa di questo titolo era immensa e vedere sbattere la testa sempre nei soliti problemi tecnici è un brutto colpo per la fiducia ripostavi. Il gioco in sé è divertente alla follia e in multiplayer mantiene l’aspetto fantastico delle cacce in compagnia però, purtroppo, ci si perde in continuazione tra la cattiva risoluzione presente a schermo e i bug che funestano Minato e i suoi dintorni.
Non si nega che con qualche patch il voto che andrete a vedere si possa tranquillamente alzare, ma al momento l’atmosfera è quella di un gioco che ha molte capacità, seppur manchi totalmente l’applicazione. Solo il futuro potrà dirci se Wild Hearts (magari in un suo ipotetico sequel) potrà essere o no un degno avversario di Monster Hunter e, finalmente, una vera alternativa a Sua Maestà nel genere.

Good

Karakuri molto interessanti…
Kemono ispiratissimi
Armi dannatamente divertenti…
Narrativamente interessante

Bad

...ma non totalmente bilanciati
Tecnicamente un disastro
...peccato che alcune siano rotte
6.8
NONNO APPROVED

Sviluppatore: Omega Force
Distributore: Electronic Arts
Data di uscita: 17 febbraio 2023
Genere: Avventura, Azione
PEGI: 12
Piattaforme: PlayStation 5, Xbox Series X|S, PC

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