Bushido Archivi - Tribe Games https://www.tribe.games/tag/bushido/ Videogiochi, Cinema, Giochi da Tavolo, Serie Tv, Podcast e Live Wed, 06 May 2020 06:00:00 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 https://www.tribe.games/wp-content/uploads/2021/08/cropped-avatar_facebook2021-32x32.png Bushido Archivi - Tribe Games https://www.tribe.games/tag/bushido/ 32 32 I Rōnin e Ghost of Tsushima https://www.tribe.games/i-ronin-e-ghost-of-tsushima-speciale/ https://www.tribe.games/i-ronin-e-ghost-of-tsushima-speciale/#respond Wed, 06 May 2020 06:00:00 +0000 http://https://tribe.games/senza-categoria/i-ronin-e-ghost-of-tsushima-speciale/ Ben ritrovati cari amici della Tribù nell’ultimo della serie di speciali che ci hanno accompagnato fin qui, in attesa dell’uscita […]

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Ben ritrovati cari amici della Tribù nell’ultimo della serie di speciali che ci hanno accompagnato fin qui, in attesa dell’uscita di Ghost of Tsushima, prevista per il 17 luglio. In questo articolo approfondiremo una figura misteriosa che ha ispirato moltissime leggende nel corso della storia: rōnin.

UOMINI ONDA

Rōnin 浪人, i cui kanji letteralmente significano “uomo onda”, era il nome che prendeva un samurai senza signore. Questo poteva accadere per la morte del feudatario del quale era a servizio oppure per averlo disonorato. Questa figura si diffuse particolarmente nel Periodo Tokugawa quando, in seguito all’abolizione di molti feudi, tanti samurai si ritrovarono senza qualcuno da servire e a vagare per le terre del Giappone. Normalmente, però, un rōnin diventava tale quando il signore che serviva moriva oppure quando quest’ultimo perdeva la fiducia nel guerriero in seguito a un errore o a un oltraggio e lo congedava dal servizio: in questo caso, il samurai poteva riabilitarsi commettendo seppuku, oppure, se rifiutava, perdeva il proprio onore e diventava un guerriero errante. Nel Giappone feudale questo significava perdere il sostegno del proprio clan e la dignità.

Nel corso della storia il termine rōnin prese un’accezione negativa perché indicava un individuo fuori dalla società e dalle regole, non essendo più legato all’etica del bushidō. Molti rōnin per sopravvivere si riunivano e offrivano i loro servigi come mercenari o come insegnanti di arti marziali, oppure si rifugiavano nella vita monacale praticando il Buddhismo Zen.

I SAMURAI DI AKO

Una delle storie più affascinanti riguardante i rōnin è quella dei samurai di Ako al servizio di Asano Naganori. Durante il Periodio Tokugawa l’imperatore Higashiyama mandò dei messi ad omaggiare lo shogun. Lo shōgun al tempo era Tokugawa Tsunayoshi, il quale incaricò alcuni daimyō con l’aiuto di Kira Yoshinaka, maestro di cerimonie e alto funzionario, di preparare il ricevimento.
daimyō dovevano portare dei doni a Kira per ringraziarlo dei suoi insegnamenti, ma il regalo di Asano venne ritenuto inadeguato dal funzionario che, per vendicarsi, cominciò ad insultarlo pubblicamente e a renderlo ridicolo.
Asano, dopo l’ennesimo sgarbo, perse la pazienza e colpì Kira con il pugnale ferendolo sulla fronte. Il fatto che l’attacco avvenne all’interno del palazzo dello shōgun rappresentò un aggravante a cui i due contendenti dovettero rispondere.
Kira venne perdonato, ma Asano subì l’ira dello shōgun: il suo feudo venne confiscato, suo fratello costretto agli arresti domiciliari e ad Asano venne concesso di morire onorevolmente compiendo il seppuku.
I samurai al servizio di Asano persero il loro signore e di conseguenza divennero rōnin. Essi si riunirono e discussero sul da farsi; alla fine decisero di abbandonare Ako. Però Oishi Kuranosuke, conosciuto come di Oishi Yoshio, e alcuni altri rōnin giurarono che si sarebbero vendicati di Kira, il quale, temendo una qualche vendetta, si circondò di guardie del corpo. I guerrieri decisero quindi di aspettare un momento più opportuno e ciascuno prese una strada diversa, dando l’impressione che ormai avessero rinunciato alla loro idea. Oishi addirittura divorziò dalla moglie per proteggerla da eventuali conseguenze e cominciò a frequentare bordelli e taverne. Una sera Oishi, ubriaco, cadde sulla strada senza riuscire a rialzarsi mentre passava un samurai che lo insultò e lo colpì per il suo comportamento disonorevole, anche se tutto questo faceva parte di un piano ben preciso.
Kira, rassicurato infine dal comportamento dei rōnin, pensò ormai di essere al sicuro e congedò le guardie del corpo.
Nel dicembre del 1702 finalmente il gruppo composto da quarantasette rōnin cominciò i preparativi per la vendetta e il 14 dicembre 1702 attaccarono la residenza di Kira.
Oishi gli offrì la possibilità di compiere seppuku, ma poiché egli esitava, lo uccise con lo stesso pugnale usato da Asano per suicidarsi. Al funzionario venne poi staccata la testa per portarla sulla tomba di Asano, che adesso era stato vendicato.
Il gruppo di rōnin che arrivò al Sengakuji ( il tempio in cui si trovava la tomba del loro signore) comprendeva quarantasei uomini; del quarantasettesimo non si hanno notizie certe: alcuni dicono che morì nello scontro, altri raccontano che venne mandato dallo shogun per riferire l’accaduto. Dopo aver onorato la tomba del loro signore e aver deposto la testa di Kira, il gruppo si costituì. I rōnin avevano violato l’ordine dello shogun di non compiere vendetta, ma d’altro canto avevano mostrato le qualità dei veri guerrieri samurai, fedeli fino alla fine al loro signore; inoltre, il popolo era dalla parte di Oishi e dei suoi compagni. Per questo motivo alla fine Tokugawa Tsunayoshi concesse al gruppo di morire tramite seppuku e recuperare così l’onore.
La vicenda dei rōnin è stata ripresa in tantissimi modi sia nel teatro che nel cinema, ed è una storia che affascina sempre, perché le gesta dei valorosi guerrieri divennero un esempio di moralità, disciplina e virtù del bushidō.

Eccoci dunque arrivati alla fine di questa serie di articoli dedicati al Giappone che scopriremo in Ghost of Tsushima; abbiamo toccato diversi argomenti e approfondito alcune vicende accadute. Ora non ci resta che aspettare l’uscita del titolo e vi ringraziamo per averci fatto compagnia in questo viaggio!

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Speciale – I Rōnin [Ghost of Tsushima] https://www.tribe.games/speciale-i-ronin-ghost-of-tsushima/ https://www.tribe.games/speciale-i-ronin-ghost-of-tsushima/#respond Tue, 05 May 2020 22:00:00 +0000 https://https://tribe.games/senza-categoria/speciale-i-ronin-ghost-of-tsushima/ Ben ritrovati cari amici della Tribù nell’ultimo della serie di speciali che ci hanno accompagnato fin qui, in attesa dell’uscita […]

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Ben ritrovati cari amici della Tribù nell’ultimo della serie di speciali che ci hanno accompagnato fin qui, in attesa dell’uscita di Ghost of Tsushima, prevista per il 17 luglio. In questo articolo approfondiremo una figura misteriosa che ha ispirato moltissime leggende nel corso della storia: i rōnin.

UOMINI ONDA

Rōnin 浪人, i cui kanji letteralmente significano “uomo onda”, era il nome che prendeva un samurai senza signore. Questo poteva accadere per la morte del feudatario del quale era a servizio oppure per averlo disonorato. Questa figura si diffuse particolarmente nel Periodo Tokugawa quando, in seguito all’abolizione di molti feudi, tanti samurai si ritrovarono senza qualcuno da servire e a vagare per le terre del Giappone. Normalmente, però, un rōnin diventava tale quando il signore che serviva moriva oppure quando quest’ultimo perdeva la fiducia nel guerriero in seguito a un errore o a un oltraggio e lo congedava dal servizio: in questo caso, il samurai poteva riabilitarsi commettendo seppuku, oppure, se rifiutava, perdeva il proprio onore e diventava un guerriero errante. Nel Giappone feudale questo significava perdere il sostegno del proprio clan e la dignità.

Nel corso della storia il termine rōnin prese un’accezione negativa perché indicava un individuo fuori dalla società e dalle regole, non essendo più legato all’etica del bushidō. Molti rōnin per sopravvivere si riunivano e offrivano i loro servigi come mercenari o come insegnanti di arti marziali, oppure si rifugiavano nella vita monacale praticando il Buddhismo Zen.

I SAMURAI DI AKO

Una delle storie più affascinanti riguardante i rōnin è quella dei samurai di Ako al servizio di Asano Naganori. Durante il Periodio Tokugawa l’imperatore Higashiyama mandò dei messi ad omaggiare lo shogun. Lo shōgun al tempo era Tokugawa Tsunayoshi, il quale incaricò alcuni daimyō con l’aiuto di Kira Yoshinaka, maestro di cerimonie e alto funzionario, di preparare il ricevimento.
I daimyō dovevano portare dei doni a Kira per ringraziarlo dei suoi insegnamenti, ma il regalo di Asano venne ritenuto inadeguato dal funzionario che, per vendicarsi, cominciò ad insultarlo pubblicamente e a renderlo ridicolo.
Asano, dopo l’ennesimo sgarbo, perse la pazienza e colpì Kira con il pugnale ferendolo sulla fronte. Il fatto che l’attacco avvenne all’interno del palazzo dello shōgun rappresentò un aggravante a cui i due contendenti dovettero rispondere.
Kira venne perdonato, ma Asano subì l’ira dello shōgun: il suo feudo venne confiscato, suo fratello costretto agli arresti domiciliari e ad Asano venne concesso di morire onorevolmente compiendo il seppuku.
I samurai al servizio di Asano persero il loro signore e di conseguenza divennero rōnin. Essi si riunirono e discussero sul da farsi; alla fine decisero di abbandonare Ako. Però Oishi Kuranosuke, conosciuto come di Oishi Yoshio, e alcuni altri rōnin giurarono che si sarebbero vendicati di Kira, il quale, temendo una qualche vendetta, si circondò di guardie del corpo. I guerrieri decisero quindi di aspettare un momento più opportuno e ciascuno prese una strada diversa, dando l’impressione che ormai avessero rinunciato alla loro idea. Oishi addirittura divorziò dalla moglie per proteggerla da eventuali conseguenze e cominciò a frequentare bordelli e taverne. Una sera Oishi, ubriaco, cadde sulla strada senza riuscire a rialzarsi mentre passava un samurai che lo insultò e lo colpì per il suo comportamento disonorevole, anche se tutto questo faceva parte di un piano ben preciso.
Kira, rassicurato infine dal comportamento dei rōnin, pensò ormai di essere al sicuro e congedò le guardie del corpo.
Nel dicembre del 1702 finalmente il gruppo composto da quarantasette rōnin cominciò i preparativi per la vendetta e il 14 dicembre 1702 attaccarono la residenza di Kira.
Oishi gli offrì la possibilità di compiere seppuku, ma poiché egli esitava, lo uccise con lo stesso pugnale usato da Asano per suicidarsi. Al funzionario venne poi staccata la testa per portarla sulla tomba di Asano, che adesso era stato vendicato.
Il gruppo di rōnin che arrivò al Sengakuji ( il tempio in cui si trovava la tomba del loro signore) comprendeva quarantasei uomini; del quarantasettesimo non si hanno notizie certe: alcuni dicono che morì nello scontro, altri raccontano che venne mandato dallo shogun per riferire l’accaduto. Dopo aver onorato la tomba del loro signore e aver deposto la testa di Kira, il gruppo si costituì. I rōnin avevano violato l’ordine dello shogun di non compiere vendetta, ma d’altro canto avevano mostrato le qualità dei veri guerrieri samurai, fedeli fino alla fine al loro signore; inoltre, il popolo era dalla parte di Oishi e dei suoi compagni. Per questo motivo alla fine Tokugawa Tsunayoshi concesse al gruppo di morire tramite seppuku e recuperare così l’onore.
La vicenda dei rōnin è stata ripresa in tantissimi modi sia nel teatro che nel cinema, ed è una storia che affascina sempre, perché le gesta dei valorosi guerrieri divennero un esempio di moralità, disciplina e virtù del bushidō.

Eccoci dunque arrivati alla fine di questa serie di articoli dedicati al Giappone che scopriremo in Ghost of Tsushima; abbiamo toccato diversi argomenti e approfondito alcune vicende accadute. Ora non ci resta che aspettare l’uscita del titolo e vi ringraziamo per averci fatto compagnia in questo viaggio!

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Speciale – Kublai Khan [Ghost of Tsushima] https://www.tribe.games/kublai-khan-ghost-of-tsushima-speciale/ https://www.tribe.games/kublai-khan-ghost-of-tsushima-speciale/#respond Tue, 28 Apr 2020 22:00:00 +0000 https://https://tribe.games/senza-categoria/kublai-khan-ghost-of-tsushima-speciale/ Ciao a tutti, ragazzi e ragazze, ed eccoci di nuovo qui per il quinto speciale dedicato a Ghost of Tsushima. […]

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Ciao a tutti, ragazzi e ragazze, ed eccoci di nuovo qui per il quinto speciale dedicato a Ghost of Tsushima. Ho deciso di dedicare questo pezzo all’approfondimento della figura di Kublai Khan, storico condottiero mongolo che guidò il suo esercito nel tentativo di invadere il Giappone. Dunque, dopo gli articoli su bushidō, Periodo Kamakura, ninja e kamikaze, continuiamo il nostro percorso per arrivare al 17 luglio preparati e ferrati sull’argomento.

GRAN KHAN

Kublai Khan apparteneva a una famiglia di condottieri mongoli, nipote di quel famoso Gengis Khan che fu l'unificatore dei vari clan e fondatore nel 1206 dell’impero mongolo.
Da giovane Kublai fu un fervente studioso e appassionato della cultura cinese e in seguito, durante il suo impero, molti intellettuali cinesi vennero convocati come suoi consiglieri. Dopo che suo fratello maggiore divenne Khan dell'impero mongolo, a Kublai venne dato l’incarico di conquistare la Cina; in seguito egli venne nominato governatore dei territori a sud dell’impero mongolo. Dopo la morte del fratello maggiore, si crearono delle ostilità tra Kublai, favorevole a una fusione tra la cultura mongola e quella cinese, e suo fratello minore, che voleva al contrario imporre i propri usi e costumi alle popolazioni assoggettate. Dopo un violento scontro tra i due che sfociò in guerra civile, la vittoria andò a Kublai, il quale venne nominato Gran Khan dei mongoli. In seguito a queste vicende, l’ormai vastissimo impero che si era venuto a creare (andava dal Pacifico al Baltico e al Mediterraneo, includeva Mongolia, Cina, Corea, la Persia, la Mesopotamia, le steppe e coste russe del Mar Nero, per una superficie di circa 24 milioni di chilometri quadrati) raggiunse il suo massimo splendore e venne suddiviso in quattro khanati, ossia dei territori governati ciascuno da un khan, che rispondevano al Gran Khan. Oltre che Gran Khan dei mongoli, Kublai fu nominato anche Imperatore della Cina e fu il fondatore della dinastia sino-mongola Yuan nel 1271; sotto il suo comando l’impero conobbe una grande crescita economica, vennero realizzate numerose opere pubbliche e favorite l’integrazione delle popolazioni nomadi e la diffusione del Buddhismo.

L’impero di Kublai Khan intrattenne rapporti commerciali con l’Estremo Oriente, l’India, il Giappone, le Repubbliche Marinare e il Nord Africa; tra il tredicesimo e la metà del quattordicesimo secolo i viaggi lungo la Via della Seta si intensificarono e mercanti genovesi e veneziani, missionari e diplomatici viaggiavano dal Mediterraneo verso Pechino. Quando anche Marco Polo arrivò in Cina venne invitato proprio dal Gran Khan a visitare la sua corte e molti luoghi dell’impero, che incluse e descrisse nel suo resoconto di viaggio “Il Milione”. I mongoli non avevano pregiudizi etnici o religiosi e ammettevano la presenza di molti stranieri ai quali affidavano incarichi economici e da funzionari, come accadde a Marco Polo che collaborò per diciassette anni con Kublai Khan.
Come abbiamo già avuto modo di vedere, Kublai tentò per due volte di invadere il Giappone. Inizialmente inviò una missiva nel 1266 in cui chiedeva al Paese del Sol Levante di entrare a far parte volontariamente dell’impero; tuttavia la richiesta fu ignorata dai giapponesi (come tutte le seguenti) e questo portò il Gran Khan a salpare con una flotta nel 1274 e successivamente nel 1281, ma entrambe le volte dei violenti tifoni colpirono le navi dell’esercito mongolo, aiutando i giapponesi a respingere la minaccia. Successivamente, Kublai si impegnò nell’invasione del Vietnam, ma anche questi tentativi finirono male poiché i vietnamiti erano già pronti per un eventuale attacco e si seppero difendere bene. Tuttavia, ormai il grande condottiero stava invecchiando e negli ultimi anni della sua vita fu colpito da gotta e da altri disturbi alimentari. Infine, morì nel 1294 e il suo corpo fu riportato in Mongolia per essere sepolto in patria. Da questo momento in poi la separazione dei diversi khanati si fece ancora più evidente e il vasto impero iniziò a disgregarsi.

Con questo si conclude il nostro approfondimento su colui che guiderà l’invasione dei nemici in Ghost of Tsushima e vi diamo appuntamento al prossimo e ultimo speciale, in trepidante attesa del rilascio del titolo. Alla prossima!

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I Ninja: l’altra faccia della medaglia e Ghost of Tsushima https://www.tribe.games/i-ninja-laltra-faccia-della-medaglia-e-ghost-of-tsushima-speciale/ https://www.tribe.games/i-ninja-laltra-faccia-della-medaglia-e-ghost-of-tsushima-speciale/#respond Wed, 22 Apr 2020 06:00:00 +0000 http://https://tribe.games/senza-categoria/i-ninja-laltra-faccia-della-medaglia-e-ghost-of-tsushima-speciale/ Ciao a tutti, amici della Tribù, e ben ritrovati al nostro appuntamento settimanale con gli speciali che ci condurranno all’uscita […]

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Ciao a tutti, amici della Tribù, e ben ritrovati al nostro appuntamento settimanale con gli speciali che ci condurranno all’uscita del tanto atteso Ghost of Tsushima. In questo quarto speciale ci dedicheremo all’approfondimento di una particolare figura del Giappone feudale: il ninja. I ninja erano guerrieri misteriosi conosciuti per le azioni di spionaggio, sabotaggio o assassinio e spesso contrapposti a samurai, ma fermarci a queste definizioni sarebbe riduttivo. Essi sono stati sempre avvolti da un’aura leggendaria e considerati depositari di tecniche esoteriche e poteri soprannaturali, ma in una posizione ambigua rispetto ai samurai.

SPIE E ASSASSINI

Il termine ninja è una lettura dei due kanji 忍者, che significano “persona nascosta”, ma questa parola era storicamente meno diffusa rispetto ad un’altra lettura degli stessi kanji, ovvero “shinobi”, abbreviazione di 忍びの者 “shinobi no mono”, e identifica quelle persone che praticano il nijutsu, un’insieme di tattiche di guerra e strategia militare simili allo spionaggio occidentale. Ninja si diffuse soltanto nel secondo dopoguerra in Occidente e in Giappone era utilizzato solo come regionalismo, mentre la parola più utilizzata negli scritti e nei documenti storici era appunto shinobi. Al contrario dei samurai, gli shinobi appartenevano per lo più alle classi inferiori e su questi ultimi sono diffusissimi i racconti popolari, ma scarseggiano i racconti storici, incentrati principalmente sulle gesta e sul codice di condotta dei nobili bushi.
Durante il Periodo Sengoku (il periodo degli Stati combattenti, dal 1467 al 1603) gli shinobi ebbero particolare rilievo, anche se questa figura iniziò ad emergere già dal Periodo Kamakura, al servizio in segreto dei daimyō. Le funzioni di uno shinobi includevano attività clandestine come lo spionaggio, il sabotaggio, l’infiltrazione fino ad arrivare all’assassinio. Il fatto che essi utilizzassero metodi di combattimento differenti dai bushi fece sì che venissero etichettati come disonorevoli e inferiori, nonostante tra i daimyō ci fosse molta competizione per assicurarsi i servigi dei ninja migliori in circolazione.

Essi erano organizzati in clan con una rigida gerarchia. I due più importanti clan erano Iga e Koga, della prefettura di Shiga, nell’isola di Honshū. La conformazione territoriale, in cui si trovavano villaggi isolati tra le montagne, contribuì allo sviluppo del ruolo segreto degli shinobi. Questi due clan produssero veri professionisti appositamente addestrati e del clan Iga uno dei più famosi appartenenti fu Hattori Hanzō.
Tuttavia, dopo la caduta di questi due clan, i daimyō dovettero iniziare ad addestrare essi stessi gli shinobi e questa divenne ben presto una professione. In seguito, vennero scritti numerosi manuali di ninjutsu; un esempio è “Shōninki” di Natori Masazumi, maestro e caposcuola ninja del XVII secolo: come il bushidō per i bushi, anche gli shinobi possedevano un codice, regole e tradizioni che li distinguevano. In questo breve testo viene spiegato come sfruttare l’ombra degli alberi, come proteggersi dal nemico, come lavorare assieme ad un altro shinobi e soprattutto il principio di mu, ossia “il Nulla, il Vuoto”.

Un fatto interessante è che i ninja non sempre erano solamente uomini: a volte si trattava anche di abili donne addestrate, chiamate “kunoichi” くノ一 ; oltre a tutte le tecniche utilizzate dai colleghi uomini, le donne shinobi sfruttavano anche le loro abilità seduttive per portare a termine la missione.
Dopo l’unificazione del Giappone sotto lo shogunato Tokugawa (quindi con l’inizio del Periodo Edo, nel 1603) la loro figura iniziò a perdere man mano considerazione.

ARMI, TRAVESTIMENTI E MAGIA

L’incarico principale degli shinobi era lo spionaggio e, con l’aiuto di travestimenti, essi raccoglievano informazioni su persone e territori. La prima regola era sfuggire agli sguardi e celare la propria identità. L’abbigliamento che essi utilizzavano più spesso era scuro di notte e grigio-marrone di giorno, ma l’immagine del ninja fasciato di nero che vola nella notte è più che altro tipica dei media recenti. Solitamente essi usavano abiti civili e i travestimenti più utilizzati erano quelli di monaci, sacerdoti, commercianti e cartomanti, che, grazie alle vesti, potevano nascondere facilmente anche delle armi. Pugnali, spade corte e katana erano le predilette, ma anche kusarigama (una falce legata ad una catena con un peso all’estremità) e shuriken (un’insieme di armi da lancio, ad esempio dischi di metallo a forma di stella dalle punte taglienti) non mancavano nell’arsenale di una spia. Insieme a questi, gli shinobi si servivano anche di mine, freccette avvelenate e cerbottane, oltre all’appiccare incedi per operazioni di infiltrazione e sabotaggio.

Una curiosità particolarmente interessante riguardo gli shinobi è la pratica del kujikiri. Il kujikiri 九字切り “taglio dei nove caratteri” è una sequenza di particolari mudra (posizioni delle mani nel Buddhismo esoterico) con significato mistico inserita tra le arti del ninjutsu; a questi nove segni veniva attribuito il potere di influenzare sé stessi, gli avversari e l’ambiente circostante, ed erano associati alla ripetizioni di mantra (formule sacre o magiche). Si credeva che con queste tecniche gli shinobi fossero in grado di resistere al dolore, concentrarsi mentalmente, evocare spiriti e addirittura immobilizzare un avversario. Tutto questo portò a credere che i ninja fossero quindi in grado di usare le arti magiche.

In seguito, durante il Periodo Edo, l’immagine degli shinobi entrò nella cultura popolare e iniziarono a formarsi e circolare storie e leggende basate su fatti storici realmente accaduti. Più tardi ancora, cinema, manga e videogiochi hanno attinto a questo immaginario per una vastissima e fortunata produzione che riscuote ancora a oggi molto successo.

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Kamikaze: il vento divino e Ghost of Tsushima https://www.tribe.games/kamikaze-il-vento-divino-e-ghost-of-tsushima-speciale/ https://www.tribe.games/kamikaze-il-vento-divino-e-ghost-of-tsushima-speciale/#respond Wed, 08 Apr 2020 06:00:00 +0000 http://https://tribe.games/senza-categoria/kamikaze-il-vento-divino-e-ghost-of-tsushima-speciale/ Ben ritrovati cari affezionati della Tribù in questo secondo approfondimento, [QUI TROVATE IL PRIMO SPECIALE] in attesa dell’uscita di Ghost of Tsushima, il […]

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Ben ritrovati cari affezionati della Tribù in questo secondo approfondimento, [QUI TROVATE IL PRIMO SPECIALE] in attesa dell’uscita di Ghost of Tsushima, il prossimo 26 giugno. Nello speciale di oggi analizzeremo una parola giapponese molto usata e diffusa anche in Occidente in una triste accezione, ma di cui molti non conoscono il vero significato.

UN VENTO PROVVIDENZIALE

Il termine kamikaze 神風 in giapponese è composto dai due kanji kami 神 “divinità” e kaze 風 “vento”. Il significato è quindi di “vento divino” e questo termine fu coniato nel tredicesimo secolo sia per il tempismo sia per la potenza dei venti in questione. Infatti, nel 1274 e successivamente nel 1281, durante il Periodo Kamakura, il Giappone subì l’attacco da parte del condottiero mongolo Kublai Khan, nipote del famoso Gengis Khan. Kublai Khan, dopo aver sottomesso Cina e Corea, fu l’artefice di uno dei più grandi tentativi di invasione del Giappone da parte di un popolo nemico; dunque, nell’autunno del 1274 ci fu il primo attacco con un esercito di soldati provenienti da tutti i Paesi soggiogati dai mongoli e un’immensa flotta navale che si scontrarono con i giapponesi presso la Baia di Hakata, che si affaccia sullo Stretto di Tsushima, a metà strada tra Giappone e Corea del Sud. Quando ormai gli invasori sembravano aver avuto la meglio sui giapponesi, un improvviso tifone si abbatté nella Baia di Hakata e devastò la flotta mongola, affondando più della metà delle navi. L’esercito si ritirò, ma solo per riorganizzarsi e tentare nuovamente un attacco sette anni dopo. Nel 1281 Kublai Khan organizzò un’armata e una flotta ancora più numerose e si diressero di nuovo verso la Baia. Al loro arrivo trovarono una grande muraglia, costruita dai giapponesi per difendersi da eventuali nuovi attacchi, e decisero di aggirarla, ma, poiché non trovarono punti deboli e ormai le provviste stavano terminando, decisero di attaccare. Tuttavia, proprio quel giorno, in seguito a preghiere e suppliche alla dea Amaterasu -ōmikami, un altro violento tifone si abbatté sulla stessa area di sette anni prima e distrusse la flotta mongola, la quale optò per una ritirata, ormai decimata. Dopo questo secondo fallimento, i mongoli non tentarono più di invadere il Giappone.

VOLONTA’ DIVINA

Ovviamente, il fatto che in entrambe le occasioni la flotta mongola fosse stata spazzata via da due potentissimi venti con un tempismo che aveva dell’incredibile fu l’evidenza che una volontà divina proteggeva il Giappone e che lo aveva aiutato a sbaragliare gli invasori. Importantissimo fu l’elemento religioso, in particolare dello Shintoismo (il culto dei kami), secondo il quale in ogni realtà naturale vi è traccia del divino. Dunque il collegamento tra l’intervento dei kami e la vittoria fu quanto di più naturale per il popolo nipponico, e i kamikaze assunsero per l’appunto una connotazione divina.

VOTATI ALLA MORTE

Tuttavia, il termine kamikaze assunse una ben più triste accezione durante la Seconda Guerra MondialeDesignava, infatti, i giovanissimi piloti della flotta aerea giapponese che compirono attacchi suicidi, pronti a tutto per portare il Giappone alla vittoria e convinti che servisse di nuovo un “uragano” per salvare il Paese. Questo modus operandi divenne una tattica largamente utilizzata, soprattutto per attaccare e danneggiare le navi della flotta statunitense,e furono moltissimi gli aerei carichi di esplosivo che si abbatterono come un vento divino sui nemici. I primi attacchi di questo tipo si verificarono nel 1944, per poi intensificarsi nel 1945. Nonostante la certezza della morte durante questi raid, il numero di giovani volontari giapponesi era veramente alto, tanto che molti vennero respinti, tutti giovani sui vent’anni desiderosi di immolarsi per la patria e dare onore alla propria famiglia, in linea con i dettami del bushidō.

Oggigiorno kamikaze indica tutti quegli attacchi suicidi compiuti da individui o gruppi durante guerre e attacchi terroristici. Tuttavia è da notare come l’essenza protettiva di venti divini nella Baia di Hakata che intervennero in difesa dei giapponesi sia stata snaturata e trasmessa oggi in un’immagine di aggressività con accezione negativa [attualmente spesso si tratta di attacchi kamikaze contro civili N.d.R.]. Dunque possiamo dire che questa parola sia oggi usata impropriamente, a maggior ragione perché nemmeno i giapponesi la utilizzano più per riferirsi agli attacchi aerei dei giovani piloti.

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Bushidō: il codice dei samurai e Ghost of Tsushima https://www.tribe.games/bushido-il-codice-dei-samurai-e-ghost-of-tsushima-speciale/ https://www.tribe.games/bushido-il-codice-dei-samurai-e-ghost-of-tsushima-speciale/#respond Wed, 01 Apr 2020 08:00:00 +0000 http://https://tribe.games/senza-categoria/bushido-il-codice-dei-samurai-e-ghost-of-tsushima-speciale/ Ciao a tutti, amici della Tribù, e ben ritrovati in questo speciale! Si tratta del primo di una serie di approfondimenti […]

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Ciao a tutti, amici della Tribù, e ben ritrovati in questo speciale! Si tratta del primo di una serie di approfondimenti sulla cultura giapponese che ci accompagneranno pian piano fino all’uscita di Ghost of Tsushima, prevista per il 26 giugno di quest’anno.

LA VIA DEL GUERRIERO

In questo articolo vedremo cosa si intende per bushidō, un caposaldo nella vita dei samurai e delle loro famiglie, che sicuramente molti di voi conosceranno o avranno per lo meno già sentito.
Il termine bushidō 武士道 significa letteralmente “via del guerriero”, il codice d’onore dei samurai.  道 sta a significare “via, strada”, quindi un percorso in senso metaforico, un cammino e una condotta di vita; bushi 武士 invece sta per “guerriero”, intendendo il guerriero giapponese del periodo feudale, cioè il samurai (letteralmente la parola samurai 侍 significa “colui che serve”). I samurai costituivano una casta di uomini colti al servizio dei daimyō, i feudatari locali, e dello shōgun. Essi praticavano le arti marziali ed erano addestrati all’uso di varie armi (l’arco asimmetrico, la katana, la lancia, ecc…) fin da piccoli, ma non solo: i guerrieri praticavano anche lo zen, la cerimonia del tè, l’arte della disposizione dei fiori e della scrittura e tutte queste discipline erano permeate dai valori del Buddhismo e del Confucianesimo, che andarono a costituire le fondamenta del codice di condotto dei samurai.
Infatti, il bushidō si fonda su sette principi cardine che ogni bushi doveva rispettare, in ogni ambito della vita. Essi vennero per la prima volta raccolti e scritti nella famosa opera Hagakure, “All’ombra delle foglie” o “Nascosto tra le foglie”, di Yamamoto Tsunetomo, incentrata sulla condotta e sul codice dei guerrieri.

I SETTE PRINCIPI

Il primo è GI 義 (si pronuncia “ghi”), ovvero “onestà e lealtà”: un samurai non deve avere dubbi su ciò che considera giustizia e onestà e deve essere leale nei confronti degli altri.
Il secondo principio è  勇 , ossia “valore, eroismo”: il guerriero deve possedere un coraggio eroico per affrontare rischi e pericoli, così da vivere appieno la vita.
Segue il terzoJIN 仁 , cioè “affetto, compassione”: la forza e il potere che un samurai acquisisce con l’addestramento deve essere utilizzato per il bene comune, per aiutare il prossimo e i più deboli, come donne e bambini.
La quarta virtù di un guerriero è REI 礼 , ovvero “gentilezza, cortesia”: questa è la norma più importante della vita sociale secondo il Confucianesimo e un samurai non ha bisogno di dimostrare la propria forza se non è necessario, perché esso viene rispettato non solo per la bravura nel combattimento, ma anche per come si relaziona con gli altri uomini.
Il quinto principio è MAKOTO  o SHIN 信 , la “verità, sincerità”: è la completa trasparenza tra l’intenzione dell’azione e il compimento della stessa, perché un guerriero non usa sotterfugi e non ha bisogno di dare la sua parola.
La sesta virtù è MEIYO 名誉 , “onore”: l’onore rappresenta i più alti valori di una persona ai quali si tiene fede fino alla morte, perché le azioni sono il riflesso di ciò che siamo in realtà.
Infine abbiamo CHŪGI 忠義 , ossia “fedeltà e devozione”: un samurai è fermamente leale alle persone di cui si prende cura e di cui è responsabile, assumendo piena responsabilità delle proprie azioni e delle conseguenze.

Se per qualche motivo un samurai veniva meno a una delle virtù richieste, aveva un solo modo per porre rimedio e recuperare il suo onore: compiere seppuku, il suicidio rituale. Il seppuku veniva eseguito con un rituale codificato, per sfuggire a una morte disonorevole o per espiare una colpa: in periodo Edo (1603-1868) esso raggiunse i massimi livelli di ritualizzazione e divenne il modo per giustiziare con onore un appartenente alla casta dei samurai. Durante il seppuku il suicida si praticava un taglio da sinistra a destra e poi verso l’alto con il tantō, il pugnale, mentre un fidato compagno, chiamato kaishaku, doveva decapitarlo non appena eseguito il taglio all’addome.
I principi del bushidō si estendevano anche ai membri della famiglia di un bushi e anche per le donne era previsto un suicidio per gli stessi motivi, chiamato jigai, con la differenza che il taglio veniva eseguito alla gola.

Insomma, il bushidō è stato per la casta dei guerrieri la regola di vita, di condotta morale e d’azione per tutto il periodo in cui essi hanno goduto di influenza e privilegi speciali. Dopo la Restaurazione Meiji (1866-1869) il loro ruolo cambiò e sostanzialmente la loro ragion d’essere divenne quella di proteggere e servire l’imperatore, gettando le basi del nazionalismo giapponese.

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