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Era il 2020 quando, prima dell’annuncio di PlayStation 5, Naughty Dog e Sony Interactive Entertainment rilasciarono uno dei giochi più amati dal pubblico: The Last of Us Parte II.
Nell’anno della sua uscita il gioco è stato incensato da stampa e pubblico, accolto con premi su premi vincendo oltre 40 riconoscimenti e portando a casa oltre 90 nomination. Negli anni a seguire, l’ormai brand ha ritrovato una sorta di seconda giovinezza con la serie TV targata HBO e, soprattutto, il remake del titolo originale rilasciato su PlayStation 5 e PC. Per questo motivo in tanti si sono chiesti quando sarebbe arrivato qualcosa dedicato a Parte II, relegando il primo pensiero a una semplice patch, ma, a quanto pare, Naughty Dog non è stata dello stesso avviso. Lo scorso 17 novembre 2023, infatti, la compagnia americana ha annunciato (a seguito di un clamoroso leak) l’arrivo di The Last of Us Parte II Remastered nel corso del primo mese del 2024. Il gioco, infatti, arriverà ufficialmente il prossimo 19 gennaio e oggi siamo qui per parlarvi di questa operazione e della sterilità delle sue polemiche. Potremo confermare anche questa volta la valutazione massima oppure ci sarà qualche difetto enorme che inficerà il giudizio? Scopriamolo insieme in questa recensione di The Last of Us Parte II Remastered!

Remaster sì o no

Di The Last of Us Parte II ne abbiamo già parlato tanto nella recensione di quattro anni fa (e se volete vedere di più del gioco potete trovarla a questo link) e la brutalità della sua storia è – ancora oggi – uno degli apici del medium. Dal 2020, infatti, la situazione non è cambiata e la storia di Ellie e Abby ancora regge perfettamente il confronto con le narrazioni più attuali, e quel realismo che tanto abbiamo trovato sconvolgente ancora si mantiene in maniera perfetta. Nel corso delle ore trascorse a Seattle con questa remaster non abbiamo sentito per nulla il peso degli anni (che invece si sono sentiti enormemente toccando con mano il remake di Parte I), e tutto ciò che ha impressionato stampa e videogiocatori è ancora presente e perfettamente in linea coi tempi, come se The Last of Us Parte II fosse un gioco originario di questa generazione e non della scorsa. Questo perché alcune tecnologie utilizzate da Naughty Dog hanno effettivamente avuto una base solida nella generazione attuale oppure, probabilmente, perché dopo anni a sfruttare un hardware si diventa capaci di gestirlo al massimo delle sue possibilità sfiorando, addirittura, l’impossibile. Il sistema di IA è ancora uno dei migliori in circolazione e negli ultimi anni [questo è il quarto, incredibile ma vero N.d.H.] di PlayStation 5, non abbiamo ancora trovato un prodotto realizzato con la medesima cura immessa da Neil Druckmann e tutto il team di sviluppo in questo gioco. I nemici rimangono più vivi che mai, con un’intelligenza sopraffina – forse anche troppo in certi casi, ma ne parliamo dopo – e un realismo che sfiora la cinematografia. Basti pensare ad alcune sezioni con i Lupi o le Iene, dove i nemici attuano vere e proprie tattiche studiate per distrarre il giocatore e colpire alle spalle oppure, ancora, un sistema di comunicazione con dei suoni particolari per verificare lo stato dell’intero gruppo e la sua condizione.

Tutto questo ha fatto sorgere nei giocatori un grandissimo dubbio: ma era davvero necessario una remasterizzazione di un gioco uscito soli quattro anni fa? Non era meglio puntare su altro e, magari, rilasciare giochi richiesti a grande voce, bloccati ancora dalla tecnologia di inizio generazione scorsa e con quei 30 FPS che rimangono ancora troppo limitanti per certi capolavori come Bloodborne? La risposta l’abbiamo ottenuta avviando il gioco e facendo partire la prima cutscene, portando poi a termine il prologo dell’intera avventura con un sonoro “Si, c'era bisogno”. Questo perché serviva un upgrade grafico e tecnico per un prodotto che – appunto – provenendo da PlayStation 4 aveva delle ovvie limitazioni, nonostante già ai tempi lo acclamammo come un gioco “rivoluzionario” pari a Red Dead Redemption 2 [sviluppato da altri mostri provenienti dal futuro denominati Rockstar Games N.d.H.]. Soprattutto, però, le aggiunte della remaster servono ai fan per apprezzare ancora di più il lavoro fatto da Neil Druckmann e soci, facendo uscire un prodotto che ben si sposa con PlayStation 5 e le sue immense capacità che ancora non abbiamo visto sfruttate al massimo.
La sterile polemica si ferma quando si fanno notare alcune particolarità della formula con cui viene venduto The Last of Us Parte II Remastered: il gioco è acquistabile a 50 € sia in digitale che retail (con alcuni store online che offrono ottimi prezzi) e, soprattutto, coloro che già possiedono la versione PlayStation 4 possono fare un upgrade a soli 10 €. Parliamo di una formula già utilizzata proprio da remaster targate PlayStation Studios come quella di Uncharted o di Death Stranding che, nel suo piccolo, ha acquisito la denominazione di Director’s Cut. Questo è proprio quello che rappresenta il lavoro fatto da Naughty Dog, unito alla capacità di portare al pubblico un gioco che non risente per nulla del peso del tempo approfittando, contemporaneamente, della grande ricezione avuta dalla serie TV targata HBO e dalla sua seconda stagione che dovrebbe proprio raccontare gli avvenimenti di questo gioco. A livello di marketing era ovvio che questa remaster sarebbe arrivata e, dobbiamo dire, l’inizio del 2024 è stato perfetto per lanciare l’anno targato PlayStation, consapevoli che qualche mese dopo (precisamente a marzo) verrà rilasciata la prima vera esclusiva di peso chiamata Rise of Ronin.

Senza Ritorno e Livelli Perduti

Parliamo ora delle novità vere e proprie di questo The Last of Us Parte II Remastered, che andiamo a suddividere in due categorie: quelle rilevanti e quelle minori, ma altrettanto apprezzate.
The Last of Us Parte II Remastered offre due contenuti preponderanti che, tra l’altro, sono anche parte del titolo di questo paragrafo e stiamo parlando di “Livelli Perduti” e “Senza Ritorno”. Il primo vede l’introduzione di tre livelli esclusi dal gioco principale nel loro stato embrionale, resi giocabili per mostrare ai giocatori alcune ambientazioni che sono state eliminate durante lo sviluppo. Livelli Perduti permette di giocare alcune scene che avremmo voluto vedere nel gioco finale come, ad esempio, la famosa festa che dà inizio agli eventi del gioco o una sezione in cui dar la caccia a un cinghiale. Ad abbellire tutto questo è presente anche il commento del team di sviluppo che, tramite alcuni checkpoint, spiega alcuni elementi chiave del livello che stiamo giocando e quali furono le idee da sfruttare al suo interno, con anche alcune specifiche ben chiare sul loro posizionamento nella storia o particolarità che sono poi state utilizzate per altre sezioni dell’avventura. Abbiamo enormemente apprezzato i Livelli Perduti e seppur all’inizio ci sia stato un po’ di dolore per non averli visti completati, la decisione del team di sviluppo si è rivelata perfetta e la loro composizione ci ha permesso di vedere e ascoltare alcune delle idee che avevano durante le prime fasi della produzione, arrivando così a capire e ad apprezzare alcune scelte effettivamente compiute.

Senza Ritorno, invece, è l’aggiunta più importante di tutta la Remastered (insieme a un’altra chicca, di cui parleremo più avanti). Essenzialmente l’idea di Naughty Dog è stata quella di presentare una modalità roguelike (simile a quanto pensato da Santa Monica per God of War: Ragnarök) per permettere ai giocatori di utilizzare alcuni dei protagonisti più amati e mai resi giocabili nell’avventura principale. Inizialmente potremo vestire i panni solo di Ellie ed Abby, e portando a termine alcuni stage avremo la possibilità di sbloccare loro alleati da poter utilizzare in quell’inferno di Lupi, Iene e Infetti che è Senza Ritorno. La modalità permette ai giocatori di scegliere un percorso da compiere per arrivare a sconfiggerne il boss, per farlo dovremo attraversare vari stage composti da alcune location di Parte II e come avversari troveremo una delle tre fazioni in gioco (Iene, Lupi o Infetti) in scontri all’ultimo sangue. In caso di sconfitta, ovviamente, si riparte da capo, con la scelta di un nuovo personaggio e un nuovo percorso scelto casualmente tra le varie combinazioni possibili.
Tra una battaglia e l’altra è possibile sfruttare il rifugio per sbloccare e potenziare le armi oppure migliorare le passive che possiede ogni personaggio giocabile, dando così modo di variare il proprio stile di gameplay e, perché no, provare nuovi modi per giocare e portare a termine il percorso verso uno dei sei boss finali possibili. Ad esempio Dina ha la possibilità di utilizzare trappole e bombe stordenti, mentre Abby è forte con gli attacchi in mischia e recupera salute con il corpo a corpo, Lev possiede passive in grado di migliorare l’utilizzo di arco e frecce e Jesse può craftare le fondine per portare con sé più armi rispetto ad altri personaggi. Imparare a utilizzare tutte le possibilità può portare alla vittoria della modalità che, anche sfruttando le varie opzioni di difficoltà, non rimane comunque uno scherzo e, anzi, più volte è capitato che prendessimo sonore sberle dagli avversari.
Nel corso dei nostri tentativi sbloccheremo anche dei modificatori che permettono di personalizzare ogni partita in modo da poter includere nel percorso stage con nemici invisibili, con vita dimezzata o molto più forti (tra le varie opzioni), così da dimostrare a tutti chi è il vero Re di Seattle. Ogni percorso viene valutato attraverso alcuni parametri che daranno più o meno punti. Questi permettono di essere inseriti in particolari classifiche provenienti da tutto il mondo, mettendoci in competizione con altri giocatori; per garantire una sorta di “parità di condizioni” è stata inserita la possibilità di sfruttare una playlist daily che mette tutti i giocatori sullo stesso percorso e nelle stesse condizioni, creando così una classifica più oggettiva.
Ci sarebbe molto da dire su Senza Ritorno ma, alcune cose, è necessario che vengano scoperte direttamente dai giocatori, in quanto non vogliamo rovinare la sorpresa sulla presenza di particolari personaggi o della tipologia di sfide al suo interno. L’unico appunto che vogliamo fare alla modalità è puramente di gameplay ed è qualcosa che lo riconduce molto di più a un “Mercenari” proveniente dalla serie Resident Evil: all’inizio di ogni stage, infatti, i nemici tendono a sapere subito la vostra posizione e si precipitano quasi immediatamente all’inseguimento nonostante, magari, non sia stato fatto rumore o non ci siano stati elementi che possano svelare la location in cui si è nascosti. In un gioco dove lo stealth è possibile e, anzi, è caldamente consigliato dal tipo di gameplay, ci è parsa una scelta molto strana che va a modificare enormemente l’approccio di chi ha terminato l’avventura principale a difficoltà più alte e, quindi, si è abituato a un certo tipo di comportamento. Non possiamo definirlo un vero e proprio difetto, ecco, ma è qualcosa su cui siamo rimasti molto basiti – soprattutto all’inizio – e che ci ha dato necessità di un tempo di adattamento per venirne a capo.

Chitarre, 4K e Director’s Cut

Se le aggiunte maggiori riguardano il gameplay, anche le altre non sono da sottovalutare, visto che possiamo considerarle quasi la base per quanto riguarda una remaster su console di attuale generazione. Il gioco ora supporta il 4K nativo in modalità Fedeltà, e 1440p con upscale al 4K in modalità performance con un framerate totalmente sbloccato per le TV che supportano il VRR, texture ad alta risoluzione, dettagli migliorati e animazioni più fluide. Il prodotto risulta un lavoro tecnico di tutto rispetto ed è incredibile vedere alcune delle scene tra le più iconiche di questo gioco con la qualità dell’attuale generazione, dandoci così ancora più interesse verso la possibilità di vedere nuovi giochi sfruttare queste opportunità per tornare più belli che mai.
The Last of Us Parte II Remastered, inoltre, sfrutta il DualSense PS5 con il Feedback Aptico in maniera interessante, rendendo più interattive tante sequenze di gioco - comprese le cavalcate per le lande innevate di Jackson o quelle per arrivare a Seattle - con una vibrazione diversa in base al terreno calpestato in quel momento e alla velocità a cui sta andando il nostro equino. Oltre a questo è stato incluso il classico feedback alle armi con specifica per quanto riguarda gli archi, con i grilletti che si tenderanno man mano che stiamo per scoccare la freccia con rilascio una volta che questa ha abbandonato l’arco.

Durante il primo paragrafo abbiamo parlato di come Parte II Remastered potrebbe essere considerata una Director’s Cut in tutto e per tutto e l’ultimo elemento di cui vogliamo parlarvi riguarda proprio l’introduzione di due feature che ci hanno fatto molto piacere nel corso della nostra prova: una modalità dedicata alla Chitarra e il commento di sviluppatori e protagonisti durante le cutscene. La prima ci mette semplicemente nei panni di Ellie, Joel o una special guest particolare a suonare uno degli strumenti a corde presenti nel gioco, con posizioni delle mani e corde pizzicate praticamente alla perfezione simulando completamente il suono dello strumento con l’uso del touchpad del DualSense. Una feature che i più non sfrutteranno, ma che abbiamo particolarmente apprezzato visto il rapporto della protagonista con la chitarra in Parte II.
Il commentario da parte di Neil Druckman, della responsabile narrativa Halley Gross e gli attori Troy Baker, Ashley Johnson e Laura Bailey è invece una di quelle feature che a livello personale abbiamo apprezzato di più: è interessante vedere le impressioni dei vari attori e dei responsabili riguardo determinate scelte ed è incredibile scorgere il dietro le quinte di un lavoro tanto immenso come può essere un videogioco come The Last of Us Parte II, con numerosi racconti di vita avvenuti durante lo sviluppo o – anche più semplicemente – particolarità su come Troy Baker abbia tante volte reso più difficile il lavoro a tutti quanti con i suoi gesti naturali che, al contempo, hanno consacrato Joel Miller come uno dei personaggi più apprezzati dei franchise Sony.

Una Remaster perfetta

In definitiva possiamo definire di The Last of Us Parte II Remastered come un must buy per chiunque, da chi si è avvicinato alla saga con Parte I Remake o la serie TV a chi si è già divorato il gioco su PlayStation 4 e può acquistarlo semplicemente sfruttando l’upgrade a 10 euro. Le sterili polemiche sulla questione sono state ampiamente discusse in questa recensione e, appunto, non le riteniamo valide. Parte II, infatti, è rimasto nella vita di chi vi scrive per quattro lunghissimi anni e questa remaster si pone come l’occasione perfetta per vedere il lavoro attraverso una nuova generazione, grazie agli upgrade tecnici che PlayStation 5 ha portato dal 2020 a oggi. Il gioco rimane perfetto, uno dei titoli meglio gestiti di sempre, e le aggiunte apportate da questa Remastered sono riuscite a inserire quel tocco in più che può giustificare la spesa dell’upgrade o dell’acquisto del gioco da 0 per i nuovi giocatori. Senza Ritorno e i Livelli Perduti mostrano nuove sfumature del gameplay, mentre i miglioramenti tecnici e il commentario del team di sviluppo ai filmati permette di vedere il gioco sotto un altro aspetto e scoprire come è stata effettuata la lavorazione di uno dei capolavori della scorsa generazione.

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The Last of Us Parte II è finalmente arrivato nei negozi di tutto il mondo lo scorso 19 giugno, dopo anni e anni di seghe mentali siamo arrivati finalmente a scoprire il destino di tanti dei nostri personaggi preferiti. Se avete letto la nostra review (e se non lo avete fatto male, eccovi il link) avrete anche capito che il gioco è pressoché perfetto, sia dal punto di vista ludico sia da quello narrativo. Uno degli elementi che, però, spiccano nell’intera avventura è la violenza che viene esasperata in tutti e due i lati, e si pone come terzo elemento in un composto altamente esplosivo. È inevitabile che andremo a toccare delle corde particolarmente in linea con le tematiche del gioco e con gli spoiler, per cui se non avete terminato l’avventura non proseguite con la lettura.

Vendetta

The Last of Us Parte II è un gioco di quelli all’apparenza non particolarmente complessi, ma che nascondono una grandissima verità al loro interno. La visione d’insieme arriva spesso solo dopo due/tre run e, nonostante gli avvenimenti sembrino facili da comprendere, solo la discussione e l’interazione tra persone la rende definitivamente chiara. Tematica fondamentale dell’intero viaggio è la vendetta, cosa che si palesa praticamente immediatamente visto che il prologo (della durata di un paio d’ore) termina con il motivo che scatenerà questa sete da parte di Ellie e compagni: l’omicidio di Joel da parte di un gruppo di persone apparentemente sconosciute, tra cui una ragazza con una treccia che sembra essere il leader. Il tutto avviene sotto gli occhi di Ellie che, inizialmente stordita dalle emozioni, dopo qualche giorno decide di partire per Seattle alla ricerca del gruppo per ucciderli tutti e vendicare l’uomo che ha fatto di tutto per lei nei 5 anni precedenti.

Arrivati a questo punto, The Last of Us Parte II ci mette davanti a una serie di situazioni che mostrano come la nostra anti-eroina sia ormai decisa a ucciderli tutti arrivando anche a mettere in pericolo la donna che ama e il suo futuro. Giunta insieme a lei a Seattle, infatti, Dina rivela che è probabilmente in dolce attesa costringendo così Ellie a metterla da parte per non sacrificarli e prosegue con la sua sete di sangue in totale solitudine. Già nelle prime ore Druckmann ha inserito tutte le carte per il lieto, fine senza però tener conto di una cosa: il circolo della vendetta è una spirale senza fine. Paradossalmente questo è un concetto che il team ha cercato di spiegare anche in termini di gameplay con alcuni elementi molto semplici: infatti, se doveste uccidere un nemico i suoi compagni iniziano a urlare il suo nome disperati e si mettono alla ricerca di Ellie cercando di vendicarlo, salvo poi finire vittime della rabbia della protagonista.

Nel corso del suo viaggio a Seattle Ellie rintraccia praticamente tutti coloro facenti parte della spedizione punitiva che Abby – la ragazza che ha dato il colpo di grazia a Joel – ha organizzato per non ben specificati motivi. Nella mente del giocatore tutto ciò che sta facendo Ellie è giusto, “cavolo hanno ammazzato Joel, sono dei bastardi che devono pagarla”, ma a schermo quello che si presenta è una cosa totalmente senza senso. La crudezza di alcune scene lasciano scossi i giocatori – un esempio su tutti? L’ospedale e la tortura a Nora per scoprire dove si trova Abby – che continuano, però, a credere nella bontà delle azioni di Ellie. D’altronde lei è la buona no?

Destino

A contribuire al senso di giustizia di Ellie Naughty Dog ha pensato bene di inserire numerose scene ambientate negli anni “di vuoto” tra la fuga dalle Luci e la morte di Joel, con il rapporto tra quest’ultimo e la ragazza che ha iniziato inevitabilmente a incrinarsi a causa della bugia che ha chiuso il primo capitolo. Queste scena servono ad aumentare nel giocatore quel senso di giustizia e fargli pensare che la ragazza stia facendo bene a vendicarsi, insomma, hanno ammazzato l’uomo che l’ha cresciuta e che l’ha protetta… come fa a essere in errore? Beh, il culmine si raggiunge verso la metà dell’avventura, quando Ellie uccide – quasi costretta – Owen e Mel (incinta, come Dina) e fugge verso il teatro con Tommy e Jesse con l’idea di tornare a Jackson e smetterla con tutta la storia di Abby e della vendetta, lasciando quest’ultima incompiuta. La ragazza, però, non è dello stesso avviso e dopo aver visto morire tutti i suoi amici torna da Ellie pronta a vendicarsi anche lei per la morte dell’uomo amato e di tutti coloro che l’hanno accompagnata negli anni. Vendetta: il sentimento che alla fine muove il mondo e, soprattutto, le persone. Qui il giocatore tende a essere ancora dalla parte di Ellie, senza pensare a ogni gesto che ha fatto e alle persone uccise praticamente senza pietà, ma, ancora una volta, Druckmann e il team hanno deciso di stravolgere tutto e ci mostrano il punto di vista di Abby in uno dei colpi di scena più incredibili a cui solo Hideo Kojima aveva pensato. Scopriamo che a muovere le azioni di Abby c’è stato un sentimento che ormai abbiamo imparato a conoscere come se fosse nostro: la vendetta per la morte del padre. Quest’ultimo infatti è il dottore che è stato ucciso da Joel al termine del primo capitolo quando compie un autentico massacro per salvare Ellie, condannando il mondo alla distruzione a causa del Cordyceps. Il circolo vizioso della vendetta colpisce ancora e scopriamo come il motivo che ha mosso Abby è sempre stato quello di vendicarsi di Joel Miller e il motivo per il quale non hanno ucciso Ellie o Tommy è stato perché semplicemente loro non avevano fatto nulla.

Nei panni di Abby vediamo un mondo totalmente diverso a quello che è stato dipinto: lei è una ragazza che sotto la scorza dura è ancora infatuata di Owen, ma che ha deciso di metter tutto da parte per il suo benessere e quello di Mel, la donna che sta per dare alla luce suo figlio. Scopriamo come Manny sia un dongiovanni che tende ad andare a letto con qualsiasi donna e che Nora è una donna che vuole solo il bene dei suoi compagni e permette a Abby di introdursi nell’ospedale nonostante venga poi ricercata dal WLF per aver disertato. Il gruppo che ha ucciso Joel è un gruppo normalissimo, fatto di persone che fanno di tutto per sopravvivere, esattamente come han fatto il contrabbandiere ed Ellie per tutti questi anni. Il WLF non è questo ente cattivo – così come non lo erano le Luci nel primo The Last of Us – che è stato dipinto da tutti, ma semplicemente un corpo militare che cerca di sopravvivere come può, arrivando a stipulare una pace – anche se poi è andato tutto a quel paese – con i Serafiti per evitare di spargere ulteriore sangue. Durante la sua avventura – nell’arco dei tre giorni narrati in Parte II – Abby incontrerà due ragazzi (fratello e sorella) che fanno parte della fazione Serafita, i quali decidono di fuggire per dei non precisati motivi (che – invece – durante l’avventura diventeranno sempre più precisi e profondi, ma non sono utili in questo contesto) e che decidono di salvarla da morte certa. Abby impara a conoscerli e insieme a loro attraversa un processo che la rende consapevole di come non voglia più combattere a Seattle, ma tornare insieme ai suoi amici dalle Luci, cercando un modo per salvare l’umanità. Nel mentre stringe un rapporto quasi fraterno con Lev, il ragazzo (che in realtà scopriamo essere una ragazza), che le farà da partner per gran parte dell’avventura arrivando a prenderlo sotto la sua ala durante la fuga da Haven. Dopo aver affrontato praticamente l’inferno, Abby torna all’Acquario dove ha lasciato Owen e Mel, decisa a partire con loro e tornare a casa, salvo scoprire che qualcuno li ha uccisi facendo così cascare tutto il suo mondo e lasciandola con niente da perdere. Con la furia in corpo, Abby si scontra con Ellie arrivando quasi a uccidere Dina, ma Levi glielo impedisce, quasi come a salvarla dall’ennesima vendetta che non avrebbe fermato il cerchio.

Future Days

Quella di The Last of Us Parte II può sembrare una storia banale con il solo scopo di far vedere come la vendetta sia inutile, ma sotto le tematiche che tocca sono più profonde di quel che inizialmente si vuol far intendere. Inizialmente Naughty Dog mostra al giocatore come Abby e i suoi compagni siano dei bastardi, salvo poi raccontare tutta la storia, mostrando come le apparenze possano ingannare e si possa arrivare a sostenere quella che fino a 20 ore prima era una “stronza assassina” con una semplicità disarmante. Tutti abbiamo un passato che ci rincorre e che spesso muove i nostri fili, e se dall’esterno le azioni possono sembrare fuori luogo o folli, in realtà per noi hanno senso. Naughty Dog ha cercato di imporre questo concetto nella mente dei giocatori, manovrandoli come burattini e facendo quasi passare Ellie dalla parte del torto. Un esempio? Durante la parte all’acquario con Ellie, un cane ci attacca e saremo costretti a ucciderlo di cattiveria. Qual’è una delle prime cose che ci fanno fare quando comandiamo Abby? Giocare con quello stesso cane che fino a un’ora fa ci separava dal vendicarci di Joel. Druckmann ha inserito la violenza in The Last of Us Parte II non come puro collante per il gameplay o per essere controverso – anzi tutto il contrario – ma più per mostrare come questa in realtà non serva assolutamente a nulla e che spesso viene utilizzata totalmente a caso. Non è stata la trama a essere abbellita con la violenza, ma, al contrario, la violenza stessa a essere parte della narrazione per mandare un messaggio e per far riflettere. Proprio per questo motivo una volta terminato The Last of Us Parte II tutto quello che rimane dentro è un enorme vuoto e una grandissima sensazione di smarrimento, questo perché Druckmann e soci hanno colpito in pieno un tasto dolente come il dolore e hanno voluto far sì che il giocatore stesso prima provasse quella sensazione di vendetta per poi tramortirlo con la retorica e la morale sull’inutilità della stessa. Pochi hanno avuto il coraggio di giocare con i sentimenti dei giocatori e ancora meno sono riusciti nell’intento, proprio per questo è ora di inserire Neil Druckmann tra i grandi del medium a seguire autori del calibro di Hideo Kojima.

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The Last Of Us è stato all’uscita il famoso canto del cigno di Playstation 3, una console per la gran lunga dimenticabile, ma che ha tirato fuori capolavori in grado di far discutere nel corso degli anni. Uscito nel giugno 2013, infatti, The Last of Us è stato il titolo in grado di far vedere la potenza di Playstation 3 in tutto e per tutto, dimostrando cosa poteva fare un team con grande budget e piena fiducia di Sony. Del finale di The Last of Us ne abbiamo parlato in lungo e in largo nelle scorse settimane e l’attesa per il secondo capitolo della storia di Ellie e Joel è stata spasmodica, e, quando al Playstation Experience 2016 comparì il primo trailer, il pubblico è esploso e s’è messo ad attendere con impazienza questo sequel. The Last of Us Parte II ha fatto il suo ritorno nel 2017 alla Paris Games Week e, soprattutto, all’E3 2018 dove è stato mostrato il primo incredibile gameplay. All’epoca nessuno poté credere a quello che s’è visto in quel trailer, almeno fino a quando c’è stata la possibilità di metterci mano, scoprendo le reali potenzialità del titolo Naughty Dog. Arrivati finalmente – e con molta, ma molta fatica – al 19 giugno, The Last of Us Parte II è finalmente giunto nei negozi e dopo averlo spolpato e pianto ci ha lasciato un po’ morenti dentro. Sarà valsa la pena? Parliamone insieme e vediamo se questa Parte II può essere il degno canto del cigno di Playstation 4 oppure no.

The lie

È difficile parlare di The Last of Us Parte II cercando di essere più spoiler free possibile. Iniziamo con un concetto particolare: se questo titolo si chiama Parte II, un chiaro motivo c’è. Il collegamento è prepotente e definitivo, i protagonisti infatti sono gli stessi e la storia parte dalla famosa bugia raccontata da Joel al termine del primo capitolo. I due sono cresciuti e sono passati quattro anni da quel periodo, Ellie e Joel si sono stabiliti a Jackson insieme al buon Tommy e la sua comunità, mentre la vita prosegue nella normalità, seppur sia strano parlare di normalità in un mondo con zombie e infetti vari. Non viene fatto alcun riferimento a cose accadute in passato, se non un particolare incidente avvenuto la sera prima dove Ellie e Dina, una ragazza del campo, si sono baciate attirando l’ira del vecchio barista, noto bigotto, e con Joel che ha preso le difese della ragazza attirandosi però la sua rabbia. Con queste poche informazioni il gioco parte a raccontarci la vita attuale di Ellie, con ronde e ricognizioni effettuate periodicamente intorno al campo di Jackson, onde evitare l’arrivo di orde di infetti o di predatori, facendo intuire le difficoltà che ogni giorni devono affrontare le piccole comunità.

Il primissimo trailer si è chiuso con una frase particolare della giovane Ellie: ”I’m gonna find and i’m gonna kill every last one of them”, che è un motivo ridondante dell’intera avventura. La vendetta nuda e cruda per un evento particolare – che ovviamente non possiamo spoilerare – porterà la ragazza a viaggiare e uccidere per raggiungere il suo scopo. Se nel primo capitolo abbiamo vissuto la violenza e la cattiveria di Joel, anche se con uno scopo sensato e dichiarato apertamente – portare Ellie dalle Luci per creare un vaccino – quella di Ellie è una vendetta controversa che il giocatore si ritroverà a vivere quasi passivamente, obbligato dalla scelta di non includere opzioni, ma di far vivere una storia predefinita, quasi senza essere d’accordo con le azioni che si vedranno a schermo. Più di una volta ci è capitato di prendere il pad e non voler premere un particolare tasto o voler proseguire verso una tale sezione perché inutile, perché non condividevamo la scelta di portare avanti una vendetta che sapeva enormemente di follia. L’enorme differenza rispetto al primo gioco la si avverte anche in come gli sviluppatori hanno deciso di farci vivere il passare del tempo: le stagioni e gli stacchi tra una e l’altra sono state rimpiazzati da semplici giornate atte a farci capire come il viaggio, questa volta, sia solamente psicologico e ideologico, piuttosto che dal mero punto di vista temporale. The Last of Us Parte II è la definitiva consacrazione di Neil Druckmann, scrittore che già da tempo era ritenuto tra i grandi del medium che effettua il suo deciso e imponente passo grazie a una trama che, nella sua semplicità, tende a raccontare il dualismo tra giusto e sbagliato con una tecnica padroneggiata solamente da alcune tra le più grandi menti viste negli ultimi anni. Questo gioco, infatti, vede tra le sue influenze (più o meno visibili) alcuni dei grandi capolavori degli ultimi anni (Red Dead Redemption 2) e di sempre (la saga Metal Gear Solid e la scrittura di Hideo Kojima) ed è impossibile non notare come Druckmann non solo si sia ispirato, ma abbia compiuto una propria crescita personale e aggiunto la propria impronta a un titolo che è destinato a rimanere un caposaldo non solo in questa – ormai morente – generazione, ma anche nell’intero medium videoludico. È difficile cercare di spiegarlo senza entrare nei dettagli, perché questa è una storia da vivere e fidatevi di uno che si è preso in faccia i leak degli scorsi mesi: solo sapere qualcosa non vuol dire che la storia sia rovinata ma, anzi, viverla conoscendo alcuni dei colpi di scena non rende meno amaro il boccone da ingoiare. Siamo arrivati ai titoli di coda in circa 27 ore e il colpo emotivo è stato altissimo, un vero e proprio cazzotto in bocca dal quale è difficile tirarsi su e che fa riflettere anche sul mondo che viviamo tutti i giorni, per quanto la scrittura sia efficace e le tematiche importanti. Sembrano parole ridondanti e sensazionalistiche, ma vi possiamo assicurare che è la pura verità: The Last of Us Parte II è un pugno nello stomaco di quelli potenti dai quali è difficile rialzarsi pur trattandosi di un semplice videogioco.

Dualismo

Nel corso degli anni Naughty Dog è cresciuta e Parte II è probabilmente il lavoro che dimostra tutta la maturità raggiunta dallo studio dopo il suo percorso personale. Se il primo The Last of Us tendeva alla ripetitività tipica degli Uncharted (prima del quarto capitolo), con grandi sezioni di gameplay inframezzate da filmati più o meno lunghi, questo invece riesce a mischiare sapientemente i due aspetti, creando un prodotto del tutto omogeneo. Attenzione particolare a un concetto: The Last of Us Parte II non è come il primo, è un gioco immenso e pieno di cose da fare seppur non al livello di open world del calibro di Death Stranding e Red Dead Redemption. Esplorare un palazzo che non fa parte del proprio percorso vuol dire spesso trovare risorse, munizioni o – più semplicemente – una delle mille storie inserite da Druckmann e soci, per rendere vero e crudo un mondo che già di per sé non è il paese delle meraviglie. Documenti lasciati da persone alla ricerca di un punto sicuro dalle Iene o dai Lupi che alla fine sono dovute soccombere, reperti situati temporalmente prima della pandemia del 2013 e molto altro sono alcuni dei collezionabili presenti esplorando gli enormi ambienti di gioco che ha messo a disposizione Naughty Dog. Ambienti che, rispetto al passato, tendono molto più alla verticalità e introducono variabili interessanti come le arrampicate tramite la corda, l’esplorazione più approfondita di alcuni ambienti e tocchi di classe che solo veri fanatici possono pensare. Un esempio? Beh, a Seattle durante l’esplorazione di un palazzo siamo entrati da una porta con delle piccole campanelle nascoste che hanno suonato al nostro passaggio; sembrava una cosa messa lì a caso, invece, una volta arrivati a un banco di lavoro per modificare un’arma, siamo stati attaccati alle spalle dai membri del WLF (Washington Liberation Front) che si erano appostati una volta sentito il segnale audio. Questo è solo un piccolo esempio di come gli ambienti siano stati studiati alla perfezione e siano uno dei punti focali dell’intera produzione.

Abbiamo parlato di profondità di ambienti e di cosa è variato da quel punto di vista, ma la vera rivoluzione è stato il gameplay. Le basi sono le stesse del primo capitolo, con Ellie che vaga per le strade alla ricerca del suo obiettivo dovendo attraversare mille e più imprevisti. Sembra quasi banale, una ripetizione del primo, ma attraverso gli ambienti è possibile riscoprire una tipologia di gioco impegnativo (sopratutto ad alti livelli) con i nemici che faranno di tutto per stanare la preda e massacrarla. Questo perché, appunto, ambientazione più grande uguale nemici più numerosi e nuovi espedienti per rendere più intensa la sfida. Parlando di infetti abbiamo nuove varietà tra cui spiccano gli Shambler (uno step tra i clicker e i bloater che spruzzano acido corrosivo) e gli Stalker, veri e propri mattatori di The Last of Us Parte II. Questi riflettono un po’ le migliorie effettuate per gli umani – di cui parleremo tra poco – seppur mantenendo quell’aggressività da infetto già vista in precedenza; gli Stalker si nascondono e tendono a prendere di sorpresa Ellie accerchiandola e attaccandola da dietro, costringendo spesso alla fuga per ripararsi dietro a un muro ed elaborare un piano di battaglia.
Abbiamo parlato di Lupi e Iene precedentemente, infatti queste sono le due fazioni che andremo ad incontrare nel corso della nostra avventura. I primi sono i membri del WLF (che si avvicina molto alla parola Wolf che vuol dire Lupo), un corpo che comanda Seattle composto da uomini altamente specializzati – un po’ come le Luci nel precedente capitolo – che daranno molto filo da torcere a Ellie e i suoi compagni. Da buoni militari, infatti, tenderanno ad attuare tattiche impegnative e capiterà spesso di vederne uno fare da esca, mentre gli altri ci aggireranno per colpire alle spalle e attuare la tattica a tenaglia che ci ha tanto messo in difficoltà durante la nostra partita. Un’introduzione – un po’ cattiva a dire la verità – degli sviluppatori è la presenza dei cani che accompagneranno i membri del WLF. Quando ci sarà un cane in giro, l’unico modo per proseguire è o muoversi talmente veloce da non far sentire la nostra impronta odorifera o iniziare a colpire il nemico proprio uccidendoli. Questo perché, quando inizieranno a cercarci, sarà pressoché impossibile scappare ed evitare di essere rintracciati facendo così fallire tante missioni stealth cercando di evitare l’utilizzo di proiettili e il rumore. Parte della cattiveria di The Last of Us Parte II la si vede proprio in questo, uccidere i cani spesso sarà necessario anche se non lo si vuole fare, perché altrimenti il rischio di fallimento è alto ma la nostra morale avrà molto da ridire, specialmente se abbiamo in casa animali domestici e ci siamo molto affezionati.
Ancora più pericolosi, però, i Serafiti (o Iene) che sono la famosa setta che si è tanto vista nei trailer e nel primo gameplay del 2018. Se i Lupi agiscono militarmente, urlando e non preoccupandosi di essere nascosti alla vista, le Iene invece sono furbe e tendono ad abbassarsi e camminare in maniera da non essere riconoscibili neanche con la modalità ascolto. L’unico modo in cui riusciremo a individuare la loro posizione sarà utilizzare delle ottime cuffie (assolutamente stra consigliato giocare con l’audio in cuffia) e capire i movimenti delle foglie. Altro piccolo particolare è la tipologia di comunicazione che intercorre tra loro: spesso infatti si chiamano con dei fischi per controllare che sia tutto a posto e se qualcuno dovesse mancare il fischio di risposta (perché lo abbiamo prontamente freddato) partiranno tutti alla ricerca in maniera silenziosa dell’autore dell’uccisione. Il lavoro fatto da Naughty Dog da questo punto di vista è al di là di ogni immaginazione, i nemici sono sempre più vivi e reali, non solo carne da macello da uccidere per proseguire con la nostra violenta e inadeguata vendetta.

Ovviamente il lavoro effettuato dal team di sviluppo si riflette anche sulla sola Ellie che, ora, può compiere più azioni rispetto a quanto visto in passato. La verticalità imposta dal level design si riflette pure sulle capacità della giovane che ora può tranquillamente saltare e scalare corde per raggiungere i posti più elevati. Le possibilità, però, non si chiudono qua, visto che sarà possibile sfruttare l’altezza per degli attacchi dall’alto – non temete, fanno molto rumore e non sono facilmente raggirabili – per sorprendere inizialmente i numerosi nemici che saranno presenti nei grossi ambienti. Contestualmente Naughty Dog ha deciso di aggiungere anche ulteriori possibilità prima non utilizzabili da Joel, come il poter strisciare per terra e sparare da quella posizione, utile per aumentare il potenziale offensivo della ragazza con tutte le armi a sua disposizione. La strisciata è infatti uno dei movimenti più utilizzati durante le fasi stealth, in quanto permette a Ellie di andare sotto camion o mimetizzarsi con l’erba e sfruttare l’arco o la pistola con il silenziatore (sì, finalmente è stata introdotta) per massacrare i nemici inermi e confondere ancora di più le acque. L’idea fenomenale di Naughty Dog (tra le tante avute con questo gioco) è quella di creare un titolo accessibile a tutti, anche a livello di difficoltà. Oltre a tutte quelle selezionabili è possibile creare la propria personalizzata con una serie di impostazioni variabili: volete i combattimenti difficili ma raccogliere più risorse? Basta diminuire la difficoltà apposita. Semplice, chiaro e coinciso. Il grande lavoro fatto sull’intelligenza artificiale, infatti, rende tutto questo possibile aprendo quindi a tantissime combinazioni per aiutare tutti i tipi di giocatori nel trovare il proprio stile preferito.

Futuro

Uno degli aspetti più impressionanti di questo The Last Of Us Parte II è quello che meno ci aspettavamo sapendo di avere a che fare con una console come Playstation 4: quello tecnico. Parlando chiaramente, già il fatto che l’intelligenza artificiale sia così evoluta è una vittoria di quelle che vanno festeggiate con il vino buono, ma non è solamente questo a colpire durante le oltre 25 ore necessarie per arrivare a conclusione dell’avventura. L’Engine prodotto da Naughty Dog compie passi da gigante rispetto a quanto visto in passato e sfrutta ogni minima risorsa disponibile per costruire un mondo che, a oggi, sembra incredibile. Incredibile come possa esistere una qualità chiaramente da next gen su una console così poco performante rispetto a quella che sarà PS5 e incredibile come il tutto avvenga a schermo senza il minimo tentennamento. Solitamente è facile rompere un gioco: basta lanciare una molotov, creare degli effetti grafici e i frame calano che è un piacere: ebbene, sappiate che questo non succede con The Last of Us Parte II. Il lavoro effettuato dal team di sviluppo è così al di sopra di ogni aspettativa tanto da perdonare qualche piccola sbavatura come un aliasing non perfettissimo e qualche texture che ogni tanto si perde.

Graficamente assistiamo a un capolavoro che solo The Last of Us ai tempi su PS3 (stranamente si parla sempre di Naughty Dog), merito di un lavoro straordinario effettuato sui modelli che sembrano attori in carne ed ossa e del sistema di illuminazione che ricorda tanto il famoso ray tracing di cui tanto si discute per la prossima generazione. Il lavoro sui modelli è coronato, poi, da un sistema dinamico di espressioni facciali che – tolte le cutscene – genera automaticamente un’espressione facciale andando a lavorare sui singoli elementi del viso. Una totale follia a livello tecnico che è diventata realtà sotto i nostri occhi in maniera incredibile. Se la remaster di The Last of Us ha mostrato cosa realmente potesse essere il gioco su Playstation 4, non osiamo immaginare cosa possa essere il porting su Playstation 5 di questo secondo capitolo e, onestamente, non vediamo anche l’ora di vederlo per rimanere ancora più estasiati dal grandissimo lavoro tecnico che è stato portato a casa.

Ultimo lato che andremo ad esaltare è quello sonoroGustavo Santaolalla ha nuovamente portato a casa una produzione di altissimo livello, con brani che si incastrano alla perfezione con la situazione che stiamo vivendo a schermo. L’incredibile arriva, però, quando la chitarra – vero personaggio non protagonista – viene tirata in ballo ed è proprio Ellie a deliziarci con le sue strimpellate. Ci sono dei momenti nel gioco in cui si rimane totalmente rapiti dalle canzoni eseguite dalla giovane e alcune di queste rimarranno per anni nell’immaginario collettivo dei videogiocatori. Non vogliamo rovinare la sorpresa, per cui non vi diremo quali, ma ci sono stati dei brani in grado di emozionare il sottoscritto, tanto da far scendere delle timide lacrime, cosa che in un videogioco non è mai accaduta in più di 20 anni. Naughty Dog non si è lasciata scappare l’occasione di mano e ha inserito l’opportunità di permettere ai giocatori di suonare questo strumento utilizzando la levetta analogica per scegliere la nota e il touchpad per suonarla. Ovviamente ci si poteva accontentare di animare Ellie che strimpella note a caso e far venire fuori il suono giusto? Ovviamente no. La ragazza quindi muoverà la mano in maniera perfetta, andando a pizzicare le corde che noi indichiamo con il touchpad in una sequela di animazioni fuori da ogni senso logico. Naughty Dog ha fatto un lavorone e non smetteremo mai di ripeterlo.

Il gioco della generazione

Partiamo subito da un concetto. Il voto che vedrete a fine pagina non è totalmente spiegato da queste parole. Avremmo voluto dirvi molto di più sulla qualità della trama o di come il gameplay sia riuscito a rapirci e sia stato talmente ben realizzato che ancora ora – dopo 60/70 ore tra giocato e visto da streamers vari – capita di vedere nuove animazioni o modi di affrontare una sezione. L’intera parte vista all’E3 del 2018, quella che tutti han dato per scriptato, è affrontabile in mille modi diversi e tutti ugualmente efficaci e non abbiamo mai – e ripetiamo mai – affrontato la stessa sezione con i nemici in grado di comportarsi nella stessa maniera. Mai la stessa routine, mai gli stessi movimenti e mai le stesse reazioni alle nostre azioni. Avremmo voluto utilizzare altre 2000 parole per spiegare tutto questo, per mostrare di come The Last of Us Parte II sia il canto del cigno perfetto per dire addio a una generazione che ci ha dato tanto a livello tecnico e – soprattutto – sentimentale. Il titolo del paragrafo finale dovrebbe far capire come questo gioco sia non solo il gioco dell’anno ma – probabilmente – dell’intera generazione e arrivando a voler esagerare anche di sempre. The Last of Us Parte II è uno di quei titoli che merita quel numero, merita tutte le belle parole spese e le dimostrazioni di affetto, nonostante tutto ciò che è successo in passato, la notizia che il gioco abbia venduto più di 4 milioni di copie al lancio è un glorioso dito medio ai leak, a chi si è fermato a metà per giudicarlo o di chi si è fatto influenzare dalle semplice dicerie. Ha ovviamente i suoi difetti – seppur siano veramente pochi – e non è totalmente perfetto, ma nel suo complesso è una di quelle poche esperienze che ogni giocatore dovrebbe fare per capire cosa davvero significa questo mondo – quello videoludico – dove si fa sempre troppo sensazionalismo e poi ci si scorda velocemente di un prodotto per passare a quello successivo.

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Venerdì arriverà The Last of Us Parte II, uno dei giochi più attesi dell’anno che la critica ha già premiato come il titolo della generazione insieme a Red Dead Redemption 2. In attesa della nostra recensione, che arriverà dopo aver spolpato con attenzione l’ultima fatica di Naughty Dog, vogliamo fare qualche passo indietro, esattamente a 7 anni fa. Nel giugno 2013, qualche mese prima dell’arrivo di Playstation 4 e Xbox Oneveniva rilasciato The Last of Us, titolo di Naughty Dog che, dopo Uncharted, cercava di portare i giocatori in un nuovo universo facendo qualcosa di diverso rispetto a quello che s’era visto precedentemente e finendo per rivoluzionare tutto il possibile. La storia di Ellie e Joel, ma anche un po’ la nostra, è una sequenza incredibile e mozzafiato di vita che ha cambiato un po’ dentro chi lo ha giocato, portando a serie riflessioni che un videogioco mai aveva imposto.

Uno strano incontro

The Last of Us ci porta subito dentro la vita di Joel, un uomo che – insieme alla figlia Sarah – vive una vita tranquilla, senza particolari preoccupazioni, perlomeno fino allo scoppio di una pandemia. Sembra la storia dell’umanità nel 2020, forse Naughty Dog ci aveva già visto lungo, ma il Cordyceps inizia a farsi strada negli Stati Uniti e il caos scoppia inesorabilmente. Nella fuga Joel cerca, con l’aiuto del fratello Tommy, a salvaguardare lui e sua figlia ma – purtroppo – l’incontro con un soldato che ha avuto l’ordine di uccidere tutti quanti toglie la vita a quest’ultima. È la tragedia personale di Joel, che a questo punto ha perso tutto: la normalità, la tranquillità e Sarah.

Il gioco ci proietta vent’anni dopo, nel 2033 con Joel che è sopravvissuto, iniziando a fare il mercenario per tirare avanti e continuare a vivere, seppur con il dolore della perdita della figlia ancora dentro di sé. L’ennesimo incarico, però, gli svolta la vita: durante una missione per recuperare delle armi – insieme a Tess – incontra Marlene, una donna appartenente a un gruppo chiamato Luci. Ferita, Marlene affida a Joel e Tess un incarico particolare: portare fuori dalla città in quarantena una ragazzina chiamata EllieQuesto è il primo incontro tra Joel ed Ellie e i due non attaccano immediatamente: per lui è solo l’ennesimo compito per distrarsi dalla situazione che si sta vivendo, mentre per lei è l’occasione di vedere l’esterno che ha sempre sognato e immaginato tramite i racconti di una sua vecchia amica. Ovviamente nulla va per il verso giusto e i tre si ritrovano a viaggiare braccati dai militari e sempre in allerta visto che gli infetti sono ovunque, anche nei posti più disparati e nascosti. Durante il viaggio Joel e Tess scoprono che Ellie, in realtà, è un’infetta che però non riscontra i sintomi del Cordyceps nonostante sia stata morsa ormai settimane prima e – quindi – potrebbe trattarsi del primo caso di essere umano immune dall’infezione. I due capiscono subito l’importanza di questa scoperta e capiscono che le Luci stanno lavorando alla ricerca di una cura con Ellie come parte fondamentale di questo immenso puzzle.

Arrivati al punto di ritrovo, però, trovano i membri delle Luci massacrati; dichiarando fallita la missione, Joel prova a tornare a casa, ma Tess lo ferma e lo costringe ad andare avanti: lei è stata morsa e la sua infezione è peggiorata in poche ore. Ellie potrebbe essere la salvezza di tutta l’umanità se solo riuscisse a consegnarla alle Luci. L’unico modo per farlo è il fratello di Joel, Tommy, che faceva parte del gruppo e che ora se ne è distaccato. Mentre Tess si sacrifica distraendo i militari arrivati in zona, Joel ed Ellie iniziano il loro viaggio in solitaria verso la salvezza dell’umanità.

Durante il percorso, i due incontrano una serie di persone che – nel loro piccolo – cercano di sopravvivere, come l’eremita Bill e i fratelli Sam ed Henry che, dopo averli accompagnati per un breve periodo, finiscono tragicamente la loro storia. Questa è, probabilmente, la parte più cruda di The Last of Us e quella che ai tempi colpì di più: Sam si ritrova infettato dopo l’incontro con un’orda ed Henry decide di ucciderlo, prima di spararsi in testa per aver colpito il proprio fratellino. La resa in video della scena colpisce al cuore (e noi ve la mostriamo quied è forse il primo segno – dopo il sacrificio di Tess – di come Naughty Dog voglia raccontare non solo una storia di speranza, ma anche la disperazione dell’animo umano e come a volte sia necessario fare dei gesti disperati a causa delle proprie azioni.

Superata l’estate si arriva all’autunno e Joel ritrova, finalmente, il fratello Tommy. Joel è arrivato qui con l’obiettivo di lasciare a lui la consegna di Ellie alle Luci e di tornare a casa, stanco di tutto quello che è successo fino a quel momento. Ellie, però, è contraria perché si è affezionata a Joel – prima e vera figura paterna della ragazza – e scappa a cavallo pronta ad andarsene chissà dove per fuggire al dolore della separazione. Joel e Tommy riescono a trovarla e dopo una furiosa litigata finalmente i sentimenti dei due vengono fuori: lei si è sempre sentita un pacco da consegnare nonostante abbia iniziato a considerare l’uomo una figura importante, mentre lui si è tenuto a distanza perché gli ricordava troppo Sarah, la figlia perduta ormai vent’anni prima. Tornando verso il campo, l’uomo però pensa a tutto quello che è successo e decide di accompagnare lui Ellie verso l’Università del Colorado, l’affetto per la ragazza inizia a venire fuori e non vuole lasciarla da sola.

I due compagni arrivano all’Università, dove teoricamente era posizionato un laboratorio delle Luci e iniziano la ricerca nonostante sia ormai chiaro che questo posto sia stato abbandonato diverso tempo dopo. Dopo aver trovato un registratore in grado di fornire indicazioni sulla posizione attuale delle Luci e del loro laboratorio, si scontrano con dei cacciatori e Joel finisce – tragicamente – impalato da un paletto di metallo che gli trafigge lo stomaco. In un momento che raccoglie tutta la disperazione di Ellie, la ragazza riesce – a fatica – a portare Joel al sicuro, ma l’uomo è gravemente ferito e la scena si chiude, con un sapiente taglio di regia, con lei che non sa cosa fare.

La maturità e l’incoscienza

Il cliffanger rimane per tutta la prima parte dell’inverno, in cui giocheremo nei panni della giovane Ellie intenta a cacciare un cervo. Poco dopo l’incontro con David e James ci fa intuire quale sia la sorte di Joel: la ragazza infatti chiede ai due di portarle degli antibiotici in cambio del cervo per sfamare il loro campo. Ellie e David si ritrovano a dover fronteggiare degli infetti riuscendo a cavarsela mentre l’uomo svela alla ragazza che i predoni che hanno attaccato lei e Joel all’Università facevano parte del loro gruppo ma – una volta tornato James – la lascia andare dicendo che non serba rancore e che è libera di fare ciò che vuole.

Finalmente rivediamo Joel, è ferito e molto debole con la ragazza che ha fatto il suo meglio per cercare di curarlo, ma, ovviamente, i guai non tardano a farsi sentire. I membri del gruppo di James e David l’hanno rintracciata riuscendo poi a catturarla, complice la sua fuga per portarli lontani da Joel. Dopo un alterco con David riesce a fuggire, uccidendo nel mentre James, ma non dura molto in quanto l’uomo la rinchiude in un ristorante e gli da fuoco, costringendola a uno scontro mortale. Nel mentre Joel riesce a riprendersi e, notando l’assenza di Ellie, inizia a cercarla massacrando il gruppo di David arrivando poi al ristorante dove trova la ragazza intenta a massacrare con il machete il suo nemico che, pochi secondi prima, ha provato a ucciderla. I due si abbracciano e fuggono dal posto chiudendo l’ennesima stagione e arrivando vicino al loro obiettivo.

28 Aprile 2034, il viaggio è quasi al termine e i due riescono a raggiungere l’ospedale Saint Mary dove le Luci dovrebbero essersi radicate. I due si avventurano per un tunnel dove vengono attaccati da degli infetti riuscendo a sopravvivere con l’idea che presto possono tirare un sospiro di sollievo. Un’incidente, però, rischia di rovinare tutto: Ellie cade in acqua e non sapendo nuotare viene trascinata in uno stato di panico e sviene, Joel riesce a salvarla e viene trovato da un uomo delle Luci che, fraintendendo la situazione, lo stordisce. L’uomo si risveglia all’interno dell’Ospedale ritrovando così Marlene che lo rassicura che Ellie è salva, per ora. La donna spiega a Joel che hanno preparato già tutto per operare Ellie, toglierle l’infezione mutata e creare così un vaccinoL’intero processo, però, significa che la ragazza dovrà morire per poterlo estrarre, in quanto l’infezione si sviluppa per tutta l’estensione del cervello. Joel si ribella e inizia la sua rincorsa alla ragazza, uccidendo tutte le Luci che incontra sul suo cammino, riuscendo trovarla giusto in tempo in quanto il dottore stava per iniziare l’operazione. Joel uccide il medico e gli assistenti, portando poi via Ellie e incontrando Marlene nel parcheggio. La donna prova a far cambiare idea a Joel con un semplice fatto: la vita di Ellie scambiata per il bene di tutto il mondo, così da farlo tornare quello di prima ed evitare ulteriore dolore e garantendo un futuro sereno a tutti quanti. Joel uccide Marlene e salva Ellie, portandola lontana verso quello che scopriremo essere l’accampamento di Tommy. Durante il dialogo tra i due Joel mente alla ragazza dicendole che lei non è la sola immune all’infezione e che le Luci non sono più interessate alla cura.
In una delle scene più significative dell’intero titolo, Ellie guarda Joel e gli chiede se tutto ciò che le ha raccontato corrisponde all’assoluta verità e di giurarlo, l’uomo – chiaramente mentendo – conferma la versione e lei sembra non essere convinta della sua risposta, ma l’accetta.

The Last of Us

La storia raccontata da Naughty Dog è probabilmente semplice ma d’impatto, in quanto la scrittura è incentrata totalmente sul rapporto tra i due protagonisti. Inizialmente Ellie e Joel non sono una coppia affiatata, la prima spera solo di essere utile ed è entusiasta di vedere il mondo esterno, mentre l’uomo la vede solo come un pacco da consegnare. Il trovare dei sopravvissuti come loro – Sam ed Henry – inizia a far capire a Joel come la ragazza, invece, sia semplicemente una persona come lui e che non sa cosa voglia dire una vita normale, senza infetti e senza la paura di morire da un momento all’altro morsa da un infetto o massacrata da un essere umano. L’evoluzione personale di Ellie è un crescendo che raggiunge l’apice nello scontro con David; qui la ragazza si ritrova da sola in una situazione dove le basta una semplice distrazione per morire e render vano l’intero viaggio e l’istinto di sopravvivenza ha la meglio: deve uccidere per evitare di essere uccisa. Il percorso emotivo della giovane ha la sua fine proprio con le ultime battute del gioco, lei non crede minimamente alle parole di Joel e sa che lui ha mentito e capisce anche perché, ma evita di parlarne proprio perché lo capisce e non riesce a dargli torto.

D’altra parte, invece, Joel cambia idea sulla ragazza proprio quando se ne deve separare, capisce come il tempo passato con lei sia stato di grosso impatto su di lui, che la ferita lasciata aperta dalla morte della figlia può essere rimarginata grazie ad Ellie e che le due si assomiglia tanto, forse troppo. Il momento in cui viene messo davanti al fatto che lei sarebbe dovuta morire per dare una speranza al genere umano è quello del dolore più assoluto: perdere anche Ellie sarebbe stato troppo e decide di essere egoista fino in fondo, salvandola e condannando – al contempo – l’umanità a subire gli effetti del Cordyceps ancora per molto tempo.

The Last of Us è una storia semplice, ma al tempo stesso complicata. Una storia composta da mille piccole sottostorie, tutte in grado di straziare il cuore e che non possiamo neanche approfondire perché altrimenti staremmo qui a a parlarne per giorni e giorni, perché tutto è stato studiato nel più perfetto dei dettagli. La storia di Bill, quella di Tommy, dei fratelli Henry e Sam, di David e del suo gruppo e – infine – quella delle Luci sono degli approfondimenti in grado di far capire la situazione in un mondo in cui la speranza non esiste e la disperazione più totale la fa da padrona; l’insieme di tutti questi elementi è The Last of Us, il viaggio di Ellie e Joel e dei giocatori alla scoperta di un mondo in rovina.
Tra pochi giorni potremo scoprire cosa ci aspetta in questo seguito, uno dei giochi più crudi e violenti degli ultimi anni secondo i pareri della stampa che ha già messo mano al titolo, e possiamo già anticiparvi che noi non siamo pronti a quello che ci si parerà davanti dal 19 giugno.

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The Last of Us Parte II era davvero necessario? https://www.tribe.games/the-last-of-us-parte-ii-era-davvero-necessario-speciale/ https://www.tribe.games/the-last-of-us-parte-ii-era-davvero-necessario-speciale/#respond Wed, 27 May 2020 06:00:00 +0000 http://https://tribe.games/senza-categoria/the-last-of-us-parte-ii-era-davvero-necessario-speciale/ Amici della Tribù, non manca tanto tempo all’arrivo di The Last of Us Parte II nei negozi . Il 19 Giugno si […]

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Amici della Tribù, non manca tanto tempo all’arrivo di The Last of Us Parte II nei negozi . Il 19 Giugno si avvicina a grandi cavalcate in questo periodo di quarantena, di libertà parziali e onestamente per noi giocatori non può che essere un bene. Molti dubbi circondano questa seconda avventura di Ellie e Joel e tanti di questi non sappiamo neanche se saranno dissipati con questo gioco. Infatti, quello che tutti si son domandati sin dall’annuncio è stato: ma è davvero necessario un secondo capitolo? La risposta è un po’ più complicata del semplice “Si” o “No”, per questo cercheremo di darla nella maniera più esaustiva possibile nel corso di questo editoriale.

Una storia autoconclusiva

The Last of Us parla di tutti noi: di Joel che dopo la morte di Sarah ha cercato di sopravvivere in un mondo devastato da un’infezione in grado di uccidere i suoi amici, la sua vita e di Ellie che la vita – come noi la conosciamo – non l’ha mai vissuta essendo cresciuta nella paura e nell’ansia. The Last of Us racconta come questi due universi si incontrano, si uniscono e dopo un viaggio durato praticamente un anno si conclude con una bugia. Joel è riuscito a superare la morte di Sarah e considerare Ellie come una sua seconda figlia e non l’ha voluta abbandonare al suo destino infame di cavia sacrificale anche se questo poteva salvare miliardi di vite e sconfiggere l’infezione. Ellie, d’altro canto, ha conosciuto il mondo e ha imparato a viverlo volendo così sacrificarsi per dare a ciò che tanto amava una speranza visto che, non sappiamo perché, la ragazza è immune dagli effetti del Cordycepts e non può trasformarsi. La storia di The Last of Us poteva benissimo dirsi conclusa con quella bugia, con quell’alone di mistero sulla sorte dei due personaggi e sulla sorte del mondo per poi spostarsi su qualche altra storia e avventura di coppie alla ricerca di una cura, di storie potenzialmente ce n’erano un’infinità e non sappiamo neanche la metà di quello che Naughty Dog poteva fare con questo universo narrativo. 

Quella di The Last of Us era una storia unica, da vivere con la consapevolezza che si trattava di un racconto che finiva in una botta sola senza aspettarsi seguiti o approfondimenti sulla stessa. La potenza di quel finale, quelle frasi conclusive rischiano di perdere completamente di senso se dovessimo pensare a un seguito. La potenza della scrittura di Naughty Dog con The Last of Us si basa, appunto, sulla possibilità di avere una storia che inizia e si conclude in una sola battuta, con l’ammissione solo di un DLC che andava a riempire due buchi con lo stesso contenuto: come è stata infettata Ellie e, sopratutto, cosa è successo a Joel tra l’Autunno e l’Inverno? Ovviamente non conosciamo i contenuti di questa Parte II (e già il fatto che si chiami “Parte II” e non si parli di secondo capitolo fa capire già tutto) ma dai trailer si è capito come sia in tutto e per tutto un seguito della storia di Ellie e Joel in cui la ragazza diventa finalmente adulta e inizia a comportarsi come il suo “patrigno” anni prima. 

Come si è evoluto il mondo?

Dall’altro lato, però, The Last of Us ci ha lasciato un po’ l’amaro in bocca. Le battute conclusive lasciavano alludere a un futuro per la coppia composta da Ellie e Joel, un futuro in cui avrebbero fatto di tutto per combattere per riportare la normalità pur evitando di dover sacrificare la vita della giovane per sconfiggere il virus. Quell’ultima bugia di Joel avrebbe meritato un continuo, un vedere come Ellie avrebbe reagito alla più evidente delle bugie su uno dei temi più importanti per la ragazza. E siamo contenti che Naughty Dog ci dia la possibilità di vedere di più dietro alla storia di questa coppia che, per certi versi, sentiamo anche un po’ nostra sopratutto dopo questo periodo di quarantena causato da un virus per certi versi imbattibile anche se meno pericoloso del Cordyceps che ha mietuto milioni di vittime nel gioco. Ovviamente si arriverà a punto nel quale si dovrà chiudere questa avventura e la narrazione non può proseguire all’infinito, però ci pare giusto dare un senso agli ultimi istanti di un titolo che ha fatto delle parole e dei gesti non detti un suo vero e proprio mantra mantenendo per certi versi anche il mistero su alcune delle vicende che hanno accompagnato la coppia durante questo viaggio verso la speranza. Da quel che è possibile vedere nei trailer Ellie è cresciuta e vive ormai la propria maturità cercando di capire come stare in quel mondo che lei ha conosciuto essere come l’unico in cui ha vissuto, ma che in realtà non è mai stato così crudele come in quei tempi di pericolo e l’unica possibilità che conosce la ragazza è la lotte mentre, un invecchiato Joel potrebbe farle capire che in realtà non è quella la soluzione. The Last of Us Parte II è sicuramente interessante sotto questo punto di vista, la possibilità di vedere ciò che è diventato rispetto a ciò che è stato in passato, il tutto a causa dell’infezione che ha devastato il mondo e che al momento è senza cura, è sicuramente interessante perché è lo scontro di due mentalità e sopratutto, perché il passato tra i due rende l’intera narrazione aperta a qualsiasi sorpresa e colpo di scena.

Bene o male?

Ovviamente entrambi i punti di vista vanno bene, ci sta che una persona sia scontenta di questa seconda parte delle avventure di Joel ed Ellie perché The Last of Us è un capolavoro reso speciale appunto dalla sua unicità e dalla potenza di una narrazione che lascia praticamente senza parole alla fine. Il sottoscritto, però, crede che questa seconda parte sia necessaria perché la potenza di quel finale è praticamente nullo senza vedere la reazione di Ellie, senza vedere come reagisce a una chiara – e poco velata – bugia atta semplicemente a difendere lei e non l’umanità come Joel ha sempre dichiarato di fare. The Last of Us Parte II è l’occasione per Naughty Dog di narrare il continuo di una storia già di per sé incredibile ed emozionante combinando però ulteriori dinamiche in grado di evolvere una relazione così travagliata e complessa come quella tra Ellie e Joel. L’errore che va evitato, però, è quello di prolungare inutilmente una storia solo perché il brand funziona e i fan se lo aspettano, per cui non ci sarebbe da meravigliarsi se con questa seconda parte possano andare a tagliare un’eventuale terza avventura e, invece, decidano di continuare a sfruttare l’IP spostando però la narrazione su altri personaggi e altre situazioni pur mantenendo lo stesso setting e ambientazione. Solo dal 19 Giugno potremo vedere cosa realmente ci aspetta e, onestamente, non vediamo l’ora. 

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